MILANO – Viaggiamo ancora una volta oltre la Manica, dove si è appena concluso il London Coffee Festival, per parlare con Deborah Cesanelli – per tutti Debbyblu – head barista da Hagen Espresso Bar Londra. Emigrata a Londra dalla provincia marchigiana, dopo aver maturato un’esperienza di anni dietro al bancone, coltivando la passione contagiosa per gli specialty, il suo sorriso e il suo inconfondibile ciuffo blu sono il quid in più del coffeeshop in cui lavora, frequentata anche da vip e star del cinema che lei ha saputo conquistare a colpi di cappuccini.
Deborah Cesanelli, una vita per il caffè di qualità
“Ho iniziato a lavorare nel settore una volta uscita dall’Istituto alberghiero, facendo una prima esperienza da cameriera. Dopo qualche anno ho accettato un lavoro da barista, e da lì ho iniziato ad appassionarmi al caffè di cui non sapevo praticamente nulla. Trascorsi 4/5 anni, mi sono spostata in un altro locale per cui ho lavorato ben 18 anni a Macerata. In questo contesto ho avuto l’opportunità di seguire corsi di caffetteria, latte art, tutti gratuiti e offerte dalle torrefazioni. Ho scoperto Sigep, ho visto le gare e quando ho assistito alle competizioni di persona a Rimini mi si è aperto un altro mondo. Mi sono appassionata e ho voluto seguire i moduli della Sca. “
Perché e quando è partita per Londra?
“Perché ho avuto la fortuna di conoscere Francesco Sanapo, che era proprio uno dei baristi che ho visto esibirsi a Sigep: è stato lui a selezionarmi attraverso una giuria nel 2015 nel talent Barista & Farmers tra 10 baristi in Honduras. Da lì, è scattata dentro di me la molla per partire fuori dall’Italia: dopo quella esperienza ho pensato di aver raggiunto il massimo dell’esperienza possibile in Italia ed era arrivato il momento di andare a Londra. Non avevo mai avuto il coraggio di lasciar tutto e partire: dopo un anno in seguito a i 18 giorni in piantagione, mi svegliavo la mattina senza la voglia di andare al lavoro. C’era bisogno di un cambiamento e così me ne sono andata, lasciando un posto fisso a tempo indeterminato, casa mia, il mio fidanzato e i miei amici.
Non ho nessun rimpianto. Anzi, se tornassi indietro, forse sarei partita ancora prima. A Londra ho trovato lavoro già cercando offerte in Italia: sapevo già di voler lavorare in uno specialty coffee shop. Quando sono arrivata ho iniziato da Coffee, Cake & Kisses, avevo dalla mia parte solo un inglese scolastico. In seguito mi sono spostata da Muni Coffee Company e infine sono passata al mio lavoro attuale Hagen Espresso Bar, che conta 5 locali in tutto dei quali io gestisco quello a Piccadilly. Insomma, volevo vivere e lavorare al centro di Londra e ce l’ho fatta.
Lavoro con gli specialty, con V60, pour over, a contatto con tantissimi appassionati di caffè che chiedono della provenienza, delle informazioni sulla bevanda. Un ambiente molto diverso dall’Italia.”
Com’è la scena specialty a Londra?
Deborah Cesanelli la descrive entusiasta: “È impressionante. Anche lo spazzino che pulisce per strada può tranquillamente chiederti un Etiopia naturale e lavato in V60. È una cosa completamente normale. Ci sono coffee shop praticamente ovunque e ne aprono ancora tantissimi. Basta prendere come esempio il mio titolare, che in tre anni ha aperto 4 locali da solo. Senza perdere però la sua anima più intima e artigianale.
Io sono la capo barista e gestisco il locale e anche il personale. Ogni locale ha un suo head barista. È stato un salto importante per me: sento il coffee shop come se fosse mio. I clienti scelgono di venire in questo posto appositamente per me e non per la caffetteria in sé. Sinceramente è una soddisfazione personale. In Italia, la clientela che veniva da me arrivava da Macerata. Qui invece arrivano da tutto il mondo.”
Deborah Cesanelli, ci dicono che i vip del cinema vengono a bere il suo cappuccino…
“Vengono da me per fare quattro chiacchiere con me e per il mio caffè e io spesso neppure li riconosco. È una cosa bizzarra. L’esempio più eclatante è stato con l’attore di Harry Potter: per tre mesi ho parlato con lui e siamo diventati amici senza che però avessi capito chi fosse realmente. Invece, così come mi hanno fatto notare i miei colleghi, era proprio lui. Il giorno dopo averlo realizzato, quando è tornato a fare colazione, ero emozionatissima, mentre lui si comportava tranquillamente. A me invece tremavano le mani. Gli ho chiesto se fosse davvero lui: abbiamo riso insieme.
Il primo vip in assoluto invece è stato Hugh Grant. Non sono riuscita neppure a prendere l’ordine. E ora lui sa chi sono. L’ho convertito con il cappuccino: lui ordinava sempre il tè e il succo d’arancia mentre la sua compagna il latte. Un giorno, quando era seduto fuori, ho visto che assaggiava il cappuccino della sua ragazza. Ero terrorizzata: il cappuccino gli era piaciuto e ne ha ordinato uno anche per lui. Non ha mai più preso il tè.”
Capitolo personale: come se la passa l’Uk?
“Prima del Covid c’era tantissimo personale qualificato, di alto livello. Durante la pandemia poi tantissimi sono tornati in Australia, Nuova Zelanda e Italia. Anche qui ora c’è carenza di personale e facciamo fatica a trovarlo. Stiamo facendo noi formazione ai dipendenti. Inoltre è complicato per alcuni rientrare, perché c’è bisogno di una Visa pagata dal titolare per tornare. Chi aveva la documentazione necessaria, che si chiama pre Seattle status e Seattle, può restare per 5 anni e poi a tempo indeterminato. Tutti gli altri non risultano più in regola.
Ci sono però offerte di lavoro che fioccano ovunque. Hanno aumentato persino la paga base per trovare qualcuno. Ma resta un po’ complicato. Per come la vedo io, la maggior parte dei baristi e dei consumatori sono più consapevoli e formati sulla bevanda rispetto che in Italia. Ormai non mi stupisce più, ma il primo anno qua, ricevere delle domande da parte dei clienti mi lasciava allibita. Tanti italiani che vanno per lavorare da italiani, lo scelgono sempre come piano b. Gli inglesi invece cercano lo specialty coffee perché vogliono lavorare con quella bevanda e quelle estrazioni. Altrimenti si va nelle catene.”
Deborah Cesanelli, com’è percepito l’espresso?
“E’ oro. Un buon espresso è oro. Alcuni mi chiedono addirittura il vero espresso italiano. Lo amano, anche dopo pranzo. Qui va tantissimo nei locali specialty il double shot, un piccolo rito in stile italiano. Sennò sono molto richiesti anche il flat white e il cappuccino. È sinonimo di qualità, richiama le modalità italiane, il modo di vivere: tutti amano l’Italia da nord a sud. Sembra che parlino di un piccolo diamante. Da noi l’espresso si vende a due pound e 60 la single origin normale, se invece è espresso un guest (abbiamo avuto Gardelli per quasi un anno) due pound 85. Nessuno si è mai lamentato. Le macchine che utilizziamo sono un macinino Victoria Arduino, e una speciale macchina olandese Slim Jim Spirit. ”
Deborah Cesanelli, quali sono i suoi progetti futuri?
“Avevo intenzione di aprire il mio locale quando ancora ero in Italia, ma era sempre complicato procedere per la burocrazia e per farlo senza aiuti. Ora che sto qua ho già il mio marchio di caffè, D.b coffee. Devo anche aggiornarmi sui social. Prendo il caffè dal Guatemala, lo tosto a Londra e poi lo vendo. Il motivo della scelta del Guatemala ancora una volta si trova legato alla mia esperienza in Honduras, dove ho conosciuto una ragazza del luogo che ora vive in America. L’ho ricontattata di recente perché lei appartiene a una famiglia di farmers con cui ora collaboro. Mi sono buttata in questa avventura, sperimentando anche la torrefazione.
Ho organizzato un viaggio in Guatemala con lei per 18 giorni ed è stato uno spettacolo: abbiamo visitato 52 coffee farms. Quando abbiamo fatto il cupping ne ho scelto 3 che ho gradito di più ed erano dello stesso farmer. Era destino. Fino a poco tempo fa avevo trovato dei ragazzi che mi aiutavano a tostare e poi sono stata seguita da Paolo Scimone nella formazione. Sono affiancata attualmente da lui che mi aiuta a imparare con We Roast. A breve seguirò anche il corso.
Manca insomma soltanto il coffee shop: al momento mi piace molto il lavoro che ho. Non è un problema di costi, che per altro sono scesi con la Brexit e con il Covid. Quando mi deciderò, potrei chiamarlo o Debby’s coffee o Debby’s blue coffee. Tornare in Italia? No. Dopo questa esperienza non riuscirei a lavorare alle stesse condizioni di prima. Qui valorizzano la persona e la professionalità, sia da parte del datore di lavoro che dei clienti.”
Un messaggio ai giovani in chiusura lanciato da Deborah Cesanelli: “Consiglio di fare questo mestiere a chi ha la passione per questo lavoro. Se porti problemi con te dietro al bancone, non è il posto giusto per te. I clienti vengono a rilassarsi, a staccare dalle loro questioni personali e noi dobbiamo rispettare la loro oasi. Fondamentale è anche la formazione, e la voglia di aggiornarsi continuamente per coltivare i propri sogni. È possibile realizzarli. Abbiate insomma il coraggio di partire, vincendo i timori dell’uscire dalla propria comfort zone. Ho avuto anch’io paura, ma si deve provare per sapere che cosa ti può attendere fuori. La casa in cui tornare ci sarò sempre.”