MILANO – Durante l’apertura del primo showroom italiano dedicato all’acqua, della BWT, è stato possibile confrontarsi con il campione italiano baristi 2018, Davide Cavaglieri. Questo professionista del caffè, prima della sua esibizione di fronte ai numerosi addetti ai lavori presenti, ha raccontato la sua esperienza dei mondiali.
Durante i quali ha utilizzato uno strumento particolare, originariamente utilizzato nell’ortodonzia, applicato da Cavaglieri nell’arte della preparazione espresso.
Da dove è nata l’idea?
“Sono partito dalla distribuzione del macinato prima dell’estrazione. Questo perché, è possibile ottenere una variabile costante di temperatura della macchina; così come per il flusso e la qualità dell’acqua; e anche una costanza nella dose e nella macinatura.
Tuttavia, il modo in cui le particelle entrano nel portafiltro, non è controllabile. Infatti, non è possibile capire come si dispongono queste particelle dentro il basket del porta filtro, dopo la macinatura.
Questo perché purtroppo, o per fortuna, nel momento in cui maciniamo non si ottiene un’uniformità granulometrica delle particelle. Se ne avranno di più fini o di più grosse.
Secondo me, un’estrazione corretta, necessita questa commistione. Il problema nasce dalla posizione che queste particelle assumono. Un’informazione difficilmente rintracciabile.”
La questione dell’uniformità
“Ho voluto cercare qualcosa che consentisse ad un barista di ottenere una maggiore costanza nel flusso di estrazione. Quando si partecipa ai mondiali, si inizia a ragionare con una mentalità più da ricercatore.
L’acqua, quando incontra le particelle, dà risultati diversi a seconda di quelle che colpisce. Se le più grosse o le più fini. Di conseguenza, di fronte allo stesso caffè e allo stesso tempo, con una granulometria differente si otterrà comunque un gusto diverso.
In gara, la cosa più difficile è avere la certezza dei flavour che poi si sottopongono alla giuria. Il giudice infatti, valuta soprattutto se ciò che stai raccontando corrisponde a quello che lui sente al palato.
Per cui, poter contare su un’ulteriore variabile costante, in questo caso la posizione delle particelle nel portafiltro, secondo me, può esser utile per mantenere la costanza del flavour.”
Questo è il problema. Qual è la soluzione?
“Come fare allora per distribuire il macinato? Ho pensato innanzitutto di setacciarlo e dividerlo. Oppure di recuperare dei sistemi già esistenti. Tenendo sempre conto delle tempistiche da gara.
Ho trovato un giusto compromesso tra risultato e tempistiche, nella piastra vibrante che ho utilizzato ai mondiali. Attraverso la vibrazione tra i 50 e i 60 Hertz, cioè 50 oscillazioni al secondo, il cake – la parte di polvere, la torta di caffè – inizia a muoversi in senso rotatorio.
Ad un certo punto, quando si stabilizza, si sposta verso il centro. Abbiamo svolto delle analisi presso l’Hub organizzato dalla Nuova Simonelli all’Università di Camerino, con una macchina che misura la dimensione delle particelle, la granulometria.
Abbiamo notato che le particelle più fini erano soggette alla forza centrifuga. Mentre, le più grandi, a quella centripeta. Così l’acqua, si dispone tendenzialmente in maniera più omogenea verso il centro.
Seconda soluzione
“Questo sistema limita anche il fenomeno del channeling. Quando cioè l’acqua crea un canale preferenziale, data la pressione dei 9 bar, quando incontra una superficie cedevole. E provoca così una bolla d’aria.
Per cui l’acqua si concentra su quel punto, bruciando quella porzione, ed estrae meno il resto.
Quando invece si utilizza la vibrazione sul portafiltro, il cake cade direttamente verso il basso. Perciò vengono eliminate tutte le bolle d’aria.
In effetti, all’origine, questa piastra vibrante viene utilizzata quando si vuole fare un calco dei denti e produrre una dentiera. Proprio per evitare di creare una riproduzione piena di bolle d’aria.”
La gara oltre la vibrazione
“Ho voluto comunque impostare la mia performance su altri elementi. Come la ricerca per offrire un caffè diverso nelle tre bevande proposte; così come la scelta di utilizzare un doppio latte, con un gioco di temperature diverse; infine, l’ultimo drink composto da due bevande con all’interno dei diamanti di frutta congelata. Che, in base al loro discioglimento e alla densità, a contatto col caffè e al calore della mano durante il mescolamento, permetteva di degustare due profili diversi.
Originariamente avevamo pensato a tre sorsi, con un’esperienza gustativa ancora più particolare. Ma non si poteva per questioni di tempistiche. ”
Programmi per le future competizioni
“Sicuramente penso ancora di gareggiare, ma non adesso. Sono convinto che di poter dare ancora qualcosa in questo campo. Penso soltanto che non ho avuto accesso alle semifinali mondiali per mezzo punto. Per cui, di sicuro c’è margine per migliorare.
Tuttavia, ho bisogno di più tempo per partecipare alle gare con altri progetti. Vorrei mettere in piedi qualcosa di più grande. Non presentarmi più come persona sola, ma come un team.
Quest’anno ho collaborato sia con colleghi, amici e aziende. E di sicuro ho raccolto un’esperienza che mi ha arricchito. Ognuno ha portato le sue competenze al risultato finale.
Se dovessi mai avere l’onore di partecipare di nuovo al campionato mondiale, vorrei partecipare con una squadra alle spalle. Ho notato che i competitor con cui mi sono confrontato, hanno dietro delle farm e delle aziende che li hanno aiutati, sostenuti, a prepararsi per circa un anno.”
C’è bisogno di sperimentare e conoscere in maniera approfondita, il prodotto finale
“Il giudice vuole capire bene le origini del flavour. Nel dettaglio. Non si tratta più di fare una gara basata su un caffè che piace. Ma su un’idea di caffè, che deve esser ben chiara nel dettaglio ancor prima della gara.
Per fare ciò c’è bisogno della collaborazione di un trainer, di un farmer, di un roaster. Questo è quello che di sicuro voglio fare per il futuro.”
La chiave di volta è la farm
“Il farmer può decisamente aprirti le porte. Bisogna partire però con largo anticipo rispetto alla competizione mondiale. Per poter creare un lotto di caffè proprio in funzione della gara.
Così da poter presentare un progetto in Italia alle aziende che ruotano attorno al mondo gare e specialty.
E’ normale però che anche le farm prendono un po’ di tempo ad avviare una collaborazione. Questo perché, le più sconosciute, devono crederci ed investire in un progetto più grande. Mentre, quelle più importanti, hanno già una lista di richieste piuttosto nutrita.
Per questo i tempi per creare un progetto valido, sono lunghi.”
Al momento cosa fa Davide Cavaglieri?
“Collaboro principalmente con due realtà. Innanzitutto Caffè Diemme, di Padova. Per loro svolgo sia l’attività di formazione sia supporto di consulenza all’interno dei locali di proprietà e non.
Soprattutto, sono coinvolto nell’operazione di apertura dei nuovi punti di una catena già aperta a Padova, Italianattitude. Ora aprirà anche a Udine. Io faccio parte del team che segue le nuove aperture e gli operatori.
E’ una delle prime catene italiane di questo tipo. Ovvero di alto livello, dotata di tutti i metodi di estrazione. Da Italianattitude il consumatore viene attirato in quanto è una novità. Si tratta di una clientela in parte di nicchia, in parte turistica. Questo perché i clienti stranieri si riconoscono.
Infine collaboro a stretto contatto con Andrea Antonelli, sia dal punto di vista della formazione; sia a livello di consulenza. Poi ho aperte diverse collaborazione all’estero, per la partecipazione ad eventi, oppure per dei corsi. Mi mancava lavorare in questo senso, più come barista. Che poi è stato il mio punto di partenza, prima di cominciare il mio percorso con Trismoka.”