domenica 22 Dicembre 2024
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Nathaniel, ceo 12Oz: “Con l’on the go, siamo stati già post-pandemici pre Covid “

Il ceo: "Il consumo italiano dell’espresso italiano al bancone, non è nient’altro che un on the go: si entra, si beve e si va via, senza sosta. Abbiamo unito questo rito con le bevande internazionali. 12oz quindi è un ibrido del servizio veloce di un bar all’italiana con una proposta più aperta all’estero. Tra i giovani questo è molto apprezzato: l’82% della nostra clientela è under 25 anni.”

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MILANO – David Nathaniel, imprenditore milanese e fondatore di NDD (Natex Dispenser Division), società in prima linea per quanto riguarda il servizio di prime colazioni, tra gli altri anche macchinari che erogano caffè americano, negli hotel di lusso di tutta Italia, è comparso più volte su queste pagine legato alla catena 12oz, che ha anticipato l’arrivo di Starbucks nella proposta del caffè americano on the go: una scelta che dimostra la natura e apertura internazionale di questo brand, che si è allineato ai gusti delle nuove generazioni sempre più globalizzati e affascinati dal modo di consumare e intendere la bevanda.

12oz, partiamo proprio dal nome: la misura delle bevande on the go all'americana contro la tazzina al banco. Ci spiega lei l’origine strategica dietro questo format nato nel 2015?

“La storia di 12oz parte prima di tutto da NDD (Natex Dispenser Division), un’azienda B2B che fornisce sistemi per la prima colazione nel settore alberghiero. La NDD da circa 25 anni ha stretto una collaborazione con JDE (Jacobs Douwe Egberts) rifornendo 1000 alberghi in Italia grazie all’ausilio di un sistema brevettato, in grado di erogare caffè e bevande per la prima colazione in tempi molto rapidi, garantendo prodotti di alta qualità anche con lo “stress” delle alte rotazioni. Da una vita quindi mettiamo a disposizione le attrezzature per la preparazione del caffè americano per la prima colazione negli hotel.

Ovviamente in Italia, per questi 20 anni ci siamo concentrati sull’hotellerie, proprio perché noi italiani siamo abituati alla tazzina di espresso al contrario dei turisti in vacanza o di passaggio. Nel 2015, quando i giovani hanno cominciato a viaggiare e a guardare le serie tv, a usare quotidianamente i social network, abbiamo assistito a un cambiamento: sempre più la fissazione per l’espresso al banco ha lasciato spazio anche ad altre opzioni. Penso anche solo ai miei figli, che quando andavano all’estero si fotografavano immancabilmente con il bicchierone di bevande lunghe a base di caffè di iconici brand internazionali. Da lì l’idea: scopriamo la nuova generazione Z, che ama moltissimo le bevande fredde e
calde a base caffè o latte, e pensiamo di portare la stessa tecnologia usata negli hotel anche al consumatore finale. Da qui nasce 12oz.

La filosofia dietro 12Oz (foto concessa)

È chiaro che non siamo improvvisati in questo settore. Abbiamo costruito un concept che non è solo instagrammabile: conosciamo da una vita il mondo del caffè.”

Avete ricevuto una maggiore spinta con l’arrivo di Starbucks, o si può dire che avete contribuito a scaldare la platea per l’ingresso della catena di Seattle?

12Oz a Milano Porta Ticinese Interno (foto concessa)

Sicuramente in Italia siamo stati i primi. Sarò sincero: nel giorno in cui è arrivata la concorrenza, in ufficio ci siamo interrogati molto su cosa questo potesse significare per noi. Poi, come accade spesso in queste situazioni, abbiamo pensato che sicuramente ci potesse esser d’aiuto. Oggi, non la viviamo come una difficoltà per lo sviluppo di 12oz. Siamo stati dei precursori nella proposta di una modalità di utilizzo differente, non solo nell’offerta delle bevande: quello che noi abbiamo portato è la caffetteria americana 2.0, con piccoli locali, veloci, snelli, dove la gente esce e va via tranquillamente, anticipando persino i concept che altri brand stanno adottando ultimamente.

Siamo stati post-pandemici prima della pandemia: il nostro timore era dover competere con il concetto di una pausa caffè che dovesse durare delle ore. A noi invece piaceva proprio l’idea dell’on the go. Il consumo italiano dell’espresso italiano al bancone, non è nient’altro che un on the go: si entra, si beve e si va via, senza sosta. Abbiamo unito questo rito con le bevande internazionali. 12oz quindi è un ibrido del servizio veloce di un bar all’italiana con una proposta più aperta all’estero. Tra i giovani questo è molto apprezzato: l’82% della nostra clientela è under 25 anni.”

L’on the go comporta anche un problema in termini ambientali: ci parlate nel dettaglio dei bicchieri monouso ingegnerizzati che avete creato per il vostro 12Oz?

“La sostenibilità per noi e per la nostra clientela di giovani è essenziale. Allo stesso tempo, è logico che il consumo on the go non può ancora trovare una soluzione completa rispetto al problema del monouso, che comunque incontra ancora qualche riluttanza negli stessi consumatori: ad esempio, quando un anno fa abbiamo lanciato il nostro tumbler riutilizzabile per limitare la produzione di rifiuti usa e getta, è stato adottato da pochissimi, nonostante questa opzione preveda l’applicazione di uno sconto.

La soluzioen green on the go (foto concessa)

Sicuramente da parte nostra c’è la massima attenzione: il nostro bicchiere è 100% riciclabile e sostenibile, fatto di carta certificata PEFC, che si adatta al rispetto per l’ambiente. Inoltre nei nostri locali applichiamo la raccolta differenziata, guidando anche i clienti al suo uso corretto. Siamo attenti agli sprechi: abbiamo cambiato anche le cannucce, che non sono più di plastica ma di PLA o cartoncino”.

Il sistema brevettato Cafitesse sta dietro il successo sia di NDD (Natex Dispenser Division) che di 12Oz: che differenze ci sono nell’organizzazione tra il servizio della colazione nell’horellerie di lusso e l’horeca?

“Il nostro sistema è stato creato per gestire picchi di servizio: grosse quantità in poco tempo, temperature costanti per tempistiche veloci. Questo è l’elemento in comune tra una catena di caffetteria e una di hotellerie. Abbiamo dei macchinari molto semplici che non sprecano, che garantiscono una certa costanza della qualità in tutti i locali anche cambiando l’operatore dietro al bancone. Avevamo bisogno di standardizzazione. L’hotellerie vive di picchi altissimi durante la colazione. Cafitesse è una macchina interessante quindi anche per l’horeca.”

Questa innovazione tecnologica riesce a sostenere ritmi velocissimi (meno di 30 secondi per l’erogazione): com’è stato possibile?

“Ci siamo appoggiati all’expertise del nostro socio, Jacobs Douwe Egberts, secondo torrefattore al mondo. Il macchinario però non è la vera innovazione: la svolta è quella del bag-in-box del caffè concentrato, surgelato, liquido, processo in grado di mantenere intatti tutti gli aromi della bevanda. Si ottiene un’essenza di prodotto che permette di preparare grosse quantità di caffè conservando una qualità altissima. È un sistema efficace per erogare una tazza standard, velocemente. Anche le ricette fredde, prodotte con l’aggiunta di ghiaccio con circa 10 differenti tipi tra aromi e topping, sono state studiate per esser semplici e riproducibili.”

Quali altre attrezzature avete scelto per la preparazione delle vostre bevande?

“Conoscendo il mondo dell’hotellerie abbiamo messo una certa cura anche nella scelta delle altre attrezzature: ad esempio abbiamo messo una macchina per l’espresso tradizionale che fosse all’altezza, anche in questo caso non manuale, ma completamente automatizzata per facilitare la riproducibilità. “

Il team del 12Oz vicino alla Mole, a Torino (foto concessa)

Servite anche l’espresso? Quanto costa?

“Ora un euro e 20. Che per Milano è la normalità. E di fronte ai rincari pazzeschi di quest’anno, a partire proprio dalla materia prima, abbiamo alzato da un euro e 10 a un euro e 20. Forniamo anche un bicchiere monouso che a livello igienico si adatta di più alle nuove esigenze di consumo. Siamo allineati al prezzo di mercato cosmopolita.”

Con 12Oz voi avete puntato su una proposta più internazionale ad un consumatore tradizionalmente legato all’espresso: come sta andando fin qui?

Le nuove generazioni sono aperte a un’offerta più internazionale (foto concessa)

“Fin qua la nostra proposta funziona bene. Ovviamente la clientela di riferimento è la generazione Z, anche se ultimamente notiamo sempre più un allargamento verso altre fasce di età, come i millennials. La gente ora è sempre più in movimento, capisce la necessità di qualità, velocità e la possibilità di consumare dove si desidera e quando si preferisce.

La personalizzazione oramai è sempre più importante, insieme alla possibilità di bere fredde o calde le ricette. La nostra bevanda fredda per esempio è il nostro diamante: può facilmente sostituire l’acqua oserei dire. È bevuto più volte durante il giorno, idrata, disseta, sia di inverno che d’estate. È la dimostrazione che i giovani non hanno preconcetti su questo genere di offerta. “

Come riuscirete a raggiungere i 700 punti vendita entro il 2027? Quanti ne prevedete in Italia e dove e in quali altri mercati volete espandere 12Oz?

“Naturalmente con numeri del genere parliamo di una grossa quantità soprattutto all’estero: questo è grazie anche al partner Jacobs Douwe Egberts, che può contare su connessioni in giro per l’Europa e nel mondo strategici sul retail. Mentre per l’Italia vogliamo raggiungere nei prossimi anni, 100 punti vendita: ora siamo a 20, ma in Italia possiamo espanderci ulteriormente, andando anche al Sud. Cominciamo già con delle partnership negli aeroporti, come quella avviata con Areas-MyChef.

Detto questo, a livello globale, 700 sono anche troppo pochi. Il trucco per riuscire a gestire tutto resta uno solo: amare quello che si fa per lavoro. Per me 12oz è il mio terzo figlio”.

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