MILANO – Il grande salone internazionale dell’ospitalità si è appena concluso con numeri da record. Per interpretare questo evento, niente di meglio delle parole di chi lo ha vissuto in prima persona. Riportiamo il commento di Dario Ciarlantini, trainer Sca e consulente.
di Dario Ciarlantini
Al rientro da HostMilano ho avuto la conferma di quanto girava nell’aria da diverso tempo: la robusta sta tornando di moda.
Senza tediare chi conosce il caffè come le proprie tasche ma dando una breve spiegazione a chi è meno esperto, possiamo definire arabica e robusta come due specie della stessa pianta, il caffè. Paragonabili alla mela e pera, all’uva bianca e rossa, solo che, a differenza degli altri frutti, la robusta è stata un po’ più sfortunata. In quanto, geneticamente, ha meno potenzialità aromatiche rispetto alla più ricca arabica.
Finalmente! Sì finalmente dal mio punto di vista perché, sin dal 2014
Prima da Coordinatore dei Soci e poi da Coordinatore Nazionale della Scae/Sca Italia, quando mi si offriva un caffè chiedevo provocatoriamente “ma c’è della robusta?” “avresti qualcosa con la robusta?”, e le reazioni erano tra l’incredulo e il divertito
‘tu quoque, Brute, fili mi!’.
Era il periodo degli arabica lavati dall’acidità spiccata, citrica, e il corpo questo sconosciuto… solo nominare i caffè naturali era quasi degradante in certi ambienti. Forse perché i lavati erano più costosi e quindi per forza di cose dovevano essere buoni. Eccezionali sì ma in filtro più che in espresso, mio personalissimo punto di vista.
Sembra passata un’eternità ed invece, solo 5 anni dopo, ci ritroviamo a Berlino, durante il World of Coffee
Dove veniva proposta la maglietta della foto: il Cqi – Coffee Quality Institute, tra i più, se non il più, blasonati enti di formazione internazionale, quello che certifica i QGrader (selezionatori dei caffè specialty) tanto per intenderci, vendeva la maglietta con la scritta “Ho assaggiato la robusta e mi è piaciuta!”. Ed oggi certifica anche i selezionatori di Robusta, non solo quelli di Arabica.
Alla recente HostMilano, diverse torrefazioni proponevano miscele con varie percentuali di robusta, dal 20% fino ad arrivare al fatidico 100%. E lo facevano senza vergognarsi! Oramai non è raro vedere molte piccole torrefazioni nate con e per gli specialty proporre miscele con diverse percentuali di robusta.
Dario Ciarlantini: sarebbe autocelebrativo dire “io lo avevo detto”
Ma era anche abbastanza facile capirlo, girando per il mondo, ascoltando quello che dicevano i consumatori, e quello che inevitabilmente la natura e il clima ci porteranno a coltivare. Una parte della coffee community probabilmente era troppo concentrata a ricercare l’eccellenza, a raggiungere nuovi orizzonti sensoriali.
Perdendo così il contatto con la realtà, non ascoltando il mondo che la circondava, dimenticandosi quello che è la vera missione: migliorare il caffè e tutta la sua filiera, compresa la robusta.
Per fare ciò bisogna inevitabilmente avvicinarsi al consumatore, capire quello che chiede e quindi prenderlo per mano ed aiutarlo a fare uno scalino alla volta. Così come vanno affiancate le aziende, quelle italiane, quelle storiche, quelle che stranamente più sei antica e grande e più sei cattiva: ma perché??
Innanzitutto vanno ringraziate per quello che hanno fatto e che stanno facendo. Sono da esempio per molte torrefazioni italiane e straniere, hanno inventato loro la miscela.
Ma vanno coinvolte, con umiltà, umiltà da entrambe le parti: si parla, ci si confronta, si collabora… si aggrega.
Dario Ciarlantini: Oggi più che mai c’è bisogno di camminare insieme
Alzando il livello qualitativo delle miscele, questo deve passare inevitabilmente attraverso un cambio di mentalità, un’idea comune di qualità. Coinvolgendo il consumatore, probabilmente una scheda sensoriale per valutare il caffè verde per espresso che sia comune a tutti aiuterebbe.
Io non sono un grande sostenitore di certificazioni, di paletti o imposizioni varie, ma ogni progetto fatto in buona fede mi trova favorevole; io sono più per le idee, per le iniziative, per la condivisione gratuita perché penso che quando una cosa viene fatta non per proprio tornaconto viene recepita meglio da tutti.
Ascoltando i consumatori oggi possiamo dire che la nuova frontiera è lo zucchero. Diciamo che in 1-2 anni vedremo delle magliette “Sugar? Why not!”. Però stavolta aiutiamoli a diminuire sempre di più le dosi di zucchero che non è riconosciuto come un elemento salutare, facciamo dei caffè più dolci e di qualità.
Dario Ciarlantini