MILANO – La Coffee Culture Director per illycaffè è la donna che chiude la serie degli appuntamenti al femminile in occasione della pausa estiva. Serie che poi riprenderà da lunedì 5 settembre prossimo. Questa volta la parola va a Daria Illy, che descrive anche il suo ruolo nell’azienda triestina di famiglia.
Daria Illy, potrebbe descrivere il suo mestiere?
“Mi occupo di divulgare il messaggio della “cultura del caffè” a livello nazionale ed
internazionale, gestisco l’orientamento strategico dell’Università del Caffè, il centro
d’eccellenza e formazione creato da illy a Trieste, e delle sue sedi nel mondo. Per questi
temi sono ambassador e spokersperson dell’azienda.
Essendo professore associato mi impegno anche direttamente in attività di docenza oltre a seguire alcuni progetti speciali, dal punto di vista scientifico e divulgativo. Posso dire di essere molto impegnata, ma anche di divertirmi molto.”
Quando ha deciso che il caffè, la cultura del caffè avrebbe potuto essere la sua strada professionale
“La mia formazione, con una laurea in scienza della nutrizione, mi ha da subito sensibilizzata alla parte scientifica del mondo del caffè, infatti nel mio primo incarico in
azienda, dieci anni fa, mi occupavo di scientific lectures. Poi sono cresciuta e ho assunto altri incarichi, sia nel dipartimento commerciale che nell’amministrazione generale.
Devo molto alla figura di mio nonno Ernesto Illy e al suo sogno di creare l’Università del Caffè. Quando sono entrata in azienda, relativamente tardi, l’ho fatto proprio per il desiderio di approfondire il principio della cultura del caffè. E capire l’importanza della sua diffusione. Questa prima posizione è stata poi il perfetto trait d’union con la mia precedente vita professionale come professionista nel settore del wellness.”
E’ stata solo una scelta lavorativa oppure di vita?
Risponde Daria Illy: ” Entrare in azienda è stata all’inizio una scelta di vita. Perché in primis ha segnato il mio rientro a Trieste. Il caso vuole che, quando sono tornata per scrivere la tesi di laurea dedicata al lavoro di mio nonno, ho incontrato un mio ex compagno di scuola diventato poi mio marito.
Quindi vita e lavoro si sono intrecciati, difficile dare il primato della scelta. Sicuramente il nonno è stato una presenza determinante, anche se purtroppo è mancato poco dopo il mio ritorno.”
C’è stato un episodio particolare in cui ha pensato di non farcela e perché?
“Onestamente ci penso ogni giorno. Ho due bambini piccoli, un lavoro che mi impegna
circa dieci ore al giorno. E, come tutti, sono alla ricerca costante di un equilibrio tra lavoro e vita familiare. Questa per me è la sfida quotidiana da risolvere, trovando tutte le energie per farcela.”
Che cosa direbbe Daria Illy a quella se stessa del passato, in difficoltà?
“Di non trascurare mai di coinvolgere le persone care che abbiamo intorno; di includerle nel nostro mondo professionale spiegando perché stiamo facendo un certo lavoro, una certa scelta. Sono loro il nostro sostegno e non dobbiamo tenerle separate da quello che inevitabilmente ci impegna tutti i giorni. Hanno il ruolo più importante nel darci la positività per superare ogni difficoltà.”
E invece, alle giovani donne che vogliono essere protagoniste nel settore del caffè?
“Ci sono alcune cose che per me sono fondamentali: l’importanza del lavoro di squadra – come si dice: “da soli si va veloce ma insieme si va più lontano”- il sostegno che deriva da una progettualità condivisa è fondamentale. Direi di cercare di chiudere sempre il cerchio di quello che facciamo, adottare una sorta di perfezionismo, ma nel senso positivo del termine.
È una forma mentale che deve aiutare a fare ordine, a distinguere le cose davvero importanti soprattutto per chi ha più equilibri da gestire nella vita. Infine avere il coraggio di fare cose nuove. Mio nonno diceva spesso che “l’innovazione è una disobbedienza andata a buon fine”, trovare questo slancio è necessario se si vuole
lasciare il segno.”
Descriverebbe la sua giornata tipo?
“Per propensione preferisco lavorare fino a tardi, mentre la mattina faccio un po’ più fatica a “partire”. Di solito mi sveglio per preparare la colazione per tutta la famiglia, porto i figli a scuola e poi inizio i preparativi per la giornata. Mi coordino con la mia assistente, la seconda persona che sento ogni giorno, è la mia “Trilly”. La fatina che mi segue e aiuta sempre, insieme vediamo l’agenda, prepariamo le riunioni, la logistica ed eventuali trasferte.
Passo poi un po’ di tempo ad informarmi. Di regola leggo almeno un articolo al
giorno specificatamente dedicato alla mia professione e un po’ dei tre libri che di solito
porto avanti in contemporanea. Vado in ufficio, raramente pranzo e se lo faccio è più
spesso davanti al computer.
Per una che ha studiato scienze della nutrizione non è un’abitudine che fa piacere confessare! Cerco comunque di andare a prendere i figli a scuola per poi proseguire la mia giornata lavorativa. Quando rientro a casa inizia poi il mio secondo lavoro. Ovvero la fase di gestione della casa e dei miei figli. Cerco di non trascurare lo sport, almeno due volte a settimana mi alleno con un trainer. Per me è essenziale, perché per avere un cervello di ferro ci vogliono muscoli d’acciaio.”
Pensa che, all’interno del suo ambito professionale, sia stato più difficile come donna, affermarsi?
“In generale posso dire di essere stata cresciuta come una persona, senza che si tenesse conto del mio essere donna o uomo. Ho poi frequentato una scuola internazionale dove si educava al rispetto per la diversità e all’inclusione. Sono valori in cui credo fermamente e, dopo dieci anni di lavoro in azienda, posso dire di averli sempre ritrovati.
Ho esercitato le mie competenze in ambiti dove potevo davvero distinguermi solo per vere qualità, senza pregiudizi; valorizzando il supporto del singolo all’interno di una squadra. Mi rendo conto che la mia, pensando ad altre situazioni e ad altri paesi, è purtroppo un’esperienza fortunata.
C’è molto da fare per sensibilizzare su questo tema ed è un compito in cui mi impegno particolarmente nel mio ruolo di ambasciatrice della cultura del caffè. In questo
mondo il ruolo della donna è determinante e sto cercando, anche attraverso i progetti
sostenuti dalla Fondazione Ernesto Illy, di educare al riconoscimento dei suoi meriti,
specie nei paesi produttori. Trasferire i principi di rispetto ed uguaglianza con cui sono
stata cresciuta umanamente e professionalmente è un impegno che mi sta davvero a
cuore.”
Come Daria illy ha visto evolversi il settore del caffè nel suo ambito specifico professionale?
“Quando sono entrata in azienda si parlava soprattutto di preparazione espresso, mentre nell’arco di questi dieci anni abbiamo iniziato a parlare sempre più di taste e di blend. Siamo passati da un unico tipo di preparazione, la massima espressione del caffè, a considerarne diverse per svariate occasioni di consumo. Intercettando gli stimoli di mercato. Questo orizzonte allargato ci ha portato a raccontare approfonditamente aspetti come l’intensità, gli aromi, e a studiare anche preparazioni più lente, rituali più “slow”.
Per la ricerca questa esigenza di diversità è uno stimolo continuo a nuove scoperte e una cultura che diventa sempre più variegata.”
Come intende la giornata internazionale del caffè?
“Cerco di ricordare a me stessa e a chi mi circonda, l’importanza del lavoro di tutte le
persone coinvolte in questo settore. L’ ottobre scorso il tema proposto da Icoera il ruolo
delle donne nella filiera del caffè e di come non vedano sempre riconosciuto il loro valore
dal punto di vista sociale e imprenditoriale.
Noi di illy abbiamo celebrato la giornata con il progetto Half a Cup: in quel giorno ai clienti dei nostri punti vendita, veniva servita a sorpresa una tazzina di caffè letteralmente tagliata a metà. Un gesto semplice ma d’effetto, che comunicava immediatamente l’importanza di quella rete di donne che dà vita a circa il 50% della produzione mondiale; senza il cui prezioso contributo non avremmo metà del caffè che ogni giorno beviamo. Penso che sia stato un messaggio forte sia per i consumatori che per i produttori.”
Qual è il tocco femminile che aggiunge qualcosa in più al suo lavoro?
“Una mia caratteristica, prescindendo dal fatto che possa essere un’esclusiva femminile, è la sensibilità, l’empatia che favorisce quella capacità di ascoltare che tutti dovremmo avere. Sul lavoro sicuramente ma anche nella vita di tutti i giorni. E’ un aspetto a cui tengo molto.”
di Simonetta Spissu