domenica 22 Dicembre 2024
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Daniele Ricci da Zurigo: “L’espresso a 4 euro e 50”

Alcuni la prendono come punto di riferimento per i giovani che vogliono fare questa professione Daniele Ricci è stupito da sapere di avere questo ruolo e risponde: “È importante mettersi sempre in gioco, nelle competizioni come nella vita: partire, confrontarsi con realtà differenti dall’Italia, è il modo più difficile e più bello per migliorare la propria carriera"

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MILANO – Daniele Ricci è un nome che abbiamo imparato bene, avendolo letto spesso negli ultimi anni di campionati, tra quelli nazionali e poi quelli mondiali di Host 2021: la sua giovane età non deve trarre in inganno, perché questo ragazzo ha già ben chiari i suoi obiettivi professionali e li persegue anche quando lo portano fuori dai confini nazionali. Attualmente si trova in Svizzera, ma è solo una delle tappe all’estero che ha segnato sulla sua mappa di una carriera che promette di svilupparsi solidamente nei prossimi anni.

Ricci, campione italiano barista, ha partecipato anche agli ultimi mondiali di Host di Milano e ora, dov’è e cosa sta facendo?

“Sono in Svizzera da un anno e tre mesi, da fine dicembre 2020. Primo stavo ad Amsterdam e da lì ho deciso di restare all’estero, grazie alla compagnia Mame specialty coffee, roastery svizzera con sede a Zurigo. A novembre 2020 mi hanno contattato: i titolari sono Mathieu Theis e Emi Fukahori rinomati nel giro delle competizioni. Qui mi sono confrontato con altri campioni come Tom Balerin, Matt Winton vincitore di brewing mondiale, abbiamo costruito una rete di competitors molto unita e ci siamo dati una grande mano anche per Host. Al momento del mio arrivo, Mat Witton che stava andando via da Mame e per questo motivo era alla ricerca di un head barista che lo sostituisse nei locali. Ho iniziato così, con il quality control e attualmente mi occupo anche della formazione degli altri operatori. “

Ma come si diventa Daniele Ricci?

Sorride Daniele Ricci: “Ho iniziato a scuola ad appassionarmi al caffè con la Trismoka Challenge. A loro sarò sempre grato. Ho studiato all’Istituto Mantegna di Brescia, e ho deciso di puntare alla sala. A sedici anni mi sono avvicinato al caffè, a 18 ho vinto la Trimoska Challenge. Ho lavorato poi da Bugan, e con loro mi sono allenato per i campionati. Dopo due anni sono andato ad Amsterdam da Bocca Coffee roasters.

Nonostante mi fossi trovato benissimo con Maurizio e Sonia, ho deciso di andar via perché volevo capire come fosse il mondo dello specialty all’estero. Sono sempre stato affascinato dal nord Europa e così ho pensato di raggiungere la mia ragazza ad Amsterdam.”

Com’è la scena per i baristi in Svizzera? Quali sono le maggiori differenze? E per lo specialty?

“Arrivando da Amsterdam, la Svizzera così come i paesi bassi mi è subito sembrata una scena più piccola. Lo stato svizzero è un decimo di quello italiano, è meno densamente popolata. Qui si trovano circa due coffee shop specialty per città. A Zurigo c’è un po’ più di movimento, anche grazie alle vittorie ai campionati mondiali, soprattutto per il green buying. Molti crudisti si appoggiano alla Svizzera.

Per quanto riguarda la cultura sulla bevanda, è molto più vicina all’Italia che a quella sviluppata nei Paesi bassi che invece sono simili al Nord Europa, con la richiesta di tanti cappuccini e di ricette con il latte. Qui c’è ancora qualcuno che si lega all’espresso: diciamo che la Svizzera è una via di mezzo tra Amsterdam e l’Italia. “

Il barista è una figura percepita come in Italia: bisogna trovare un compromesso tra qualità e costo, che in Svizzera è decisamente più alto.”

E le capsule nei bar?
“Premetto che la Svizzera è uno stato cantonale e ogni nazione ha le proprie regole, qua a Zurigo non vedo tante capsule nei bar. Vedo tanto caffè anche commerciale, ma in mescita con le macchine espresso normali. “

E da Mame che attrezzature avete?

“Ogni anno adottiamo la macchina dei campionati, prima era una Black Eagle, quest’anno, se dovesse andare bene, prenderemo la Storm. Mentre per i macinini usiamo l’Ek43 Mahlkönig.”

Mentre il caffè?
“In Svizzera il caffè il prezzo è alto ovunque. L’espresso a 4 euro e 50 il singolo base. Poi noi abbiamo un range che parte da 4 e 50 e va a salire: dopo i mondiali abbiamo venduto i caffè da competizione a prezzi ancora più alti. Il discorso è sempre quello di valorizzare ciò che si estrae. Tostiamo noi, quindi serviamo il nostro caffè: abbiamo dalle 15 alle 20 proposte da tutto il mondo, direct trade. Viaggiamo in piantagione stagionalmente: se tutto procede come deve, andremo ad aprile in Colombia. Proponiamo solo monorigini, tostature per espresso e filtro, con l’Ek43.

Per quanto riguarda l’acqua, in Svizzera è già buona e quindi non abbiamo bisogno dell’osmosi: usiamo la cartuccia negli shop e 4 tipologie di acqua diverse in roastery per rientrare nei parametri delle gare.”

Ricci, lei ha intenzione di restare o di spostarsi ancora?

“Onestamente al momento mi trovo bene qua. È uno stato particolare che resta vicino geograficamente all’Italia e questo mi permette di vedere più facilmente la mia famiglia. Se mi si chiedesse di restarci tutta la vita, probabilmente direi di no: i costi sono esorbitanti e non so quanto voglia stabilirmici a lungo termine. Mi piacerebbe però spostarmi ancora all’estero: a questo punto valuterò in base alle opportunità che mi si presenteranno prima di ricominciare da capo. “

A proposito di opportunità: è cambiato qualcosa con la vittoria del campionato?

“In realtà ho avuto poche occasioni immediate per mettermi in luce dopo la vittoria: un mese dopo il campionato, il mondo si è fermato per il Covid. Ho avuto molti riscontri positivi però dopo il mondiale, un’esperienza che mi ha molto aiutato a crescere e che mi ha fatto conoscere persone incredibili. Vorrei tornare a gareggiare in Australia.”

Prossime sfide? Al Sigep Ricci gareggerà ancora: come si è preparato e cosa dobbiamo aspettarci? Un’altra vittoria?

“La categoria che sento più mia e che mi sembra la più completa resta quella del barista e quindi ho deciso di ritentare. Quest’anno ho deciso di iscrivermi anche alla cup tasting per mettermi in gioco e capire come mi posso comportare e crescere dal punto di vista gustativo. Sto condividendo la mia routine con due persone italiane che si trovano qui in Svizzera e che gareggeranno: Jessica Giacetti che lavora da Algrano come qc manager, Alfonso Pepe, roaster di Mirò a Zurigo.

Per il cup tasting preparo molte tazze e mi alleno nell’assaggio, divertendomi. Ma faccio pratica molto di più nella categoria baristi, perché è quella che richiede maggiore attenzione e concentrazione. Sto preparando una routine piuttosto semplice, che volevo già portare al mondiale: qualcosa che si può replicare tutti i giorni a casa e che però voglio mostrare in gara, prendendo anche tutti i rischi di un’operazione del genere. Per tutti i dettagli…aspettiamo a Sigep. “

Ma il suo sogno nel cassetto qual è? Aprire una sua caffetteria specialty?

“Sì, chiaramente è qualcosa a cui penso. Ma in tal caso sarebbe nello stile di Bugan Coffee Lab, senza compromessi: no zucchero, no soia, solo caffè. Ma è molto difficile per l’Italia. Potrebbe esser un sogno da realizzare nel momento in cui potrò permettermelo”.

Alcuni la prendono come punto di riferimento per i giovani che vogliono fare questa professione…

Daniele Ricci è stupito da sapere di avere questo ruolo e risponde: “È importante mettersi sempre in gioco, nelle competizioni come nella vita: partire, confrontarsi con realtà differenti dall’Italia, è il modo più difficile e più bello per migliorare la propria carriera. Non sempre va bene, all’inizio è dura, ma è molto utile. Ho 23 anni, ma gareggio da 6 anni e non sempre ho avuto successo: eppure mi sono sempre rialzato.”

Vorrebbe tornare in Italia e spingere lo specialty insieme a chi è rimasto?

“Prima o poi penso che questa sarà la mia strada: tornare in Italia quando ci sarà l’occasione, mettere a frutto tutta l’esperienza che ho accumulato all’estero. Ci sono tanti stereotipi sull’Italia, sulla dark roast e la Robusta, ma alla fine sono situazioni che esistono in tutto il mondo. Negli ultimi tempi ci stiamo facendo riconoscere nelle gare, da Rubens Gardelli a Manuela Fensore, non abbiamo certo nulla da invidiare. Dobbiamo continuare a crescere così e io contribuirò alla causa quando ci sarà il modo di farlo, senza però dover finire in rosso.”

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