MILANO – Ormai è online il video di “Doce Doce”, nuovo singolo dell’artista Dada’. Il brano è frutto del suo lavoro a partire dalla produzione sino alla rielaborazione nel ritornello, dello storico jingle di Caffè Kimbo.
Doce Doce è stato presentato in anteprima in occasione di un esclusivo showcase che si è tenuto giovedì 18 gennaio al Museo Madre di Napoli. E ora ne parliamo direttamente con la sua creatrice, per conoscere qualcosa in più della canzone.
Dada’, lei con il singolo Doce Doce ha reso pop art il caffè napoletano: come è riuscita a far convivere tradizione e innovazione?
“Ma il caffè è già un elemento pop art di per sé, almeno quanto il pomodoro. Sicuramente
scardinare la chiave estetica, visiva e fashion di una bevanda e di un brand conosciuto è stato molto divertente.
Questo però è un mio difetto di fabbrica, vedo l’arte ovunque. Tradizione e innovazione sono le due dimensioni che poi fanno il presente: come si fa ad esistere senza considerare i ricordi e i sogni? Impossibile.”
Come mai ha scelto di riprendere lo storico jingle aziendale di Kimbo?
“In un incontro molto simpatico con il presidente della Kimbo mi è stato chiesto di rielaborare questo iconico motivetto e la mia ispirazione mi ha portato a creare Doce Doce, un brano retro- surrealista in cui viene riscoperto il piacere della noia e di quel sorso di semplice raffinatezza, che potrebbe essere anche lo stesso sapore del caffè. Il caffè è popolare e borghese, pure
l’arte.”
Musica e caffè, non è la prima volta che lavorano insieme: lei da cosa si è lasciata ispirare?
“Ops, ho già risposto nella domanda precedente! Però posso aggiungere che sicuramente la lingua napoletana è al momento il mio modo per assaporare in bocca meglio le mie emozioni.”
Cos’è il caffè per lei e come preferisce berlo, in moka, espresso o con la cuccuma?
“Io non bevo caffè, è un prodotto che amo usare in altre maniere non convenzionali: nei dolci, nelle creme, annusarlo. Mia madre invece è una seriale bevitrice di caffè: ultima moka alle 23:00. Io del caffè adoro prima di tutto il profumo e poi il sapore della macina insieme ad altri ingredienti in ricette storiche napoletane. Che poesia.”
Il ritmo tribale di Doce Doce, in armonia con scelte più elettroniche, vuole riflettere lo spirito partenopeo e anche un po’ un ritorno alle origini del caffè?
“Non è intenzionale. Ogni mia creazione è un errore, un abbandono della regola e della
convenienza. Soltanto dopo capisco il significato delle mie opere, in questo modo di fare c’è
molta più verità e naturalezza di quanta se ne possa creare intenzionalmente.
Non conosco bene il mondo del caffè, come un animale ne riconosco l’odore, il colore, la consistenza: mi ha suggerito questo il concetto di piacere, di pausa, eludendo da qualsiasi narrazione storica o geografica legata ad esso. È pur sempre il protagonista!”
Il caffè solitamente è un momento di pausa, ma con Doce Doce è un po’ difficile stare fermi: lei pensa al caffè come ad una carica caffeinica?
“No, perché sono ansiosa e la caffeina in grandi quantità proprio non mi occorre! È il
riconoscimento della noia come spazio di libertà e possibilità per creare. Dalla stasi nasce per forza il movimento. Il caffè è un’ottima scusa per godersi le cose, pure un primo
appuntamento…non si dice mai “Ti va un gelato?” È sempre il caffè l’occasione perfetta e
veloce per incontrarsi.”