PALERMO. Negli anni ’80 le insegne dei bar storici erano paragonabili a quelle delle grande griffe di oggi. Una simbologia che racchiudeva capacità imprenditoriale e qualità dei prodotti. Attorno a loro uno spaccato sociale che si dava appuntamento davanti a una tazzina di caffè.
Ma il bar era soprattutto la raffinatezza della pasticceria, i luogo del dopo teatro, dove cultura e società si guardavano negli occhi. Cosa è rimasto di tutto questo? Quasi nulla.
Uno dopo l’altro, i bar storici sono scomparsi, e i pochi che resistono lo fanno con il coltello tra i denti. Dall’Extrabar di piazza Politeama al Caflisch di G.B., da Roney a Mazzara, al Ciro’s, e pochi giorni fa anche il bar Alba, come anticipato dal Giornale di Sicilia, a un passo dalla chiusura come Oliver, il wine bar tra via Libertà e via Di Blasi, che si è arresto per i costi di gestione troppi alti.
Per non parlare delle alterne vicende che hanno visto coinvolti il Bristol di via Emerico Amari e il bar Recupero. Uno stillicidio penoso, che va avanti da molti anni, e che ha prodotto un vuoto culturale oltre alla drammatica perdita di posti di lavoro.
L’eleganza del bar era commisurata al tipo di clientela, e si connotava per alcune peculiarità, come l’alta pasticceria. Non solo. C’erano locali a Palermo che erano tappe obbligate anche per usanze e abitudini che solo chi è nato ai piedi di monte Pellegrino può capire.
Salvo Ricco