MILANO – In principio era il Kopi Luwak, l’ormai celebre caffè ottenuto con la qualificata collaborazione dallo zibetto delle palme comune o Musang (nome scientifico Paradoxurus hermaphroditus), una sorta di gatto-scoiattolo che vive nelle foreste asiatiche. Il simpatico animaletto ha una dieta onnivora, che comprende anche le bacche del caffè di cui è ghiotto e che sceglie con cura selezionando soltanto quelle migliori e più mature.
La parte interna della bacca di caffè non viene digerita, ma gli enzimi digestivi dello zibetto intaccano la parte esterna, eliminando le proteine che conferiscono il sapore amaro.
Il chicco che viene restituito dalle feci presenta così un profilo organolettico unico, con un aroma molto diverso da quello del caffè ottenuto direttamente dai frutti raccolti sulla pianta.
Il marketing ha fatto il resto trasformando questo prodotto stravagante in un squisitezza per gourmet e rendendolo il caffè più caro del mondo.
Tanto che dalla raccolta spontanea si è passati alla produzione intensiva, con relative polemiche sulla sfruttamento degli animali.
Con il tempo i tentativi di imitazione o emulazione (anche chimica attraverso biofermentazione in laboratorioì) si sono moltiplicati coinvolgendo anche altre specie di animali.
Nessuno poteva però immaginare che dall’agile zibetto si potesse arrivare all’imponente elefante asiatico.
L’idea è venuta a Blake Dinkin un uomo d’affari canadese, che ha investito nel progetto 300 mila dollari e arruolato alla causa una ventina di elefanti nella regione del triangolo d’oro della Birmania.
Come nel caso del Kopi Luwak, anche per il Black Ivory Coffee – questo il nome della nuova delizia – si procede alla raccolta manuale e al lavaggio dei chicchi evacuati con le feci.
La lentezza del processo digestivo (tra le 15 e le 30 ore) e la combinazione con gli altri alimenti della dieta vegetariana dell’elefante (canna da zucchero, banane, ecc) conferiscono ai chicchi una personalità organolettica ancora più spiccata e peculiare.
Ma qual è per l’appunto, il gusto del Black Ivory Coffee?
I pochi fortunati che hanno avuto modo di assaggiarlo descrivono una tazza con le seguenti caratteristiche: “cioccolato al latte, noce fresca, terroso con note di speziato e lampone”.
Per il momento la prelibatezza è in vendita nei soli alberghi della catena Anantara Hotels. Del nord della Tailandia, delle Maldive e di Abu Dhabi. Al prezzo – non propriamente promozionale – di 1.100 dollari al chilogrammo.
A giustificarlo, gli alti costi di produzione e l’estrema dispendiosità del procedimento. Ci vogliono sino a 33 kg di ciliegie per ottenere un kg di prodotto finito.
Dinkin è convito di poter fare del suo Black Ivory Coffee una nuova icona della gastronomia mondiale.
Tiene inoltre a sottolineare che il prodotto viene ottenuto nel pieno rispetto degli animali. E degli standard ecosostenibili.
Una percentuale delle vendite va a favore della Golden Triangle Asian Elephant Foundation. E i redditi generati dalla nuova attività stanno producendo ricadute positive sul territorio.
E i volumi di produzione?
Un primo quantitativo di prova di una settantina di chilogrammi piazzato con successo. Dunkin punta a moltiplicare per 6 la produzione del suo avorio nero negli anni a venire.
Il Kopi Luwak fa scuola anche in Perù, dove alcuni produttori utilizzano il coati, una specie di procione.
“Questo animale mangia tantissimi tipi di frutti, per cui si possono apprezzare nel caffè note di papaya e bacche dell’Amazzonia” ha spiegato in un’intervista José Jorge Durand, titolare di Chanchamayo Highland Coffee.
La cooperativa Cecovasa, nel sud del paese, ha avviato una produzione analoga da alcuni anni.
“Mi piace sempre scherzare per tenere alto il morale. E una volta ho fatto una battuta dicendo che gli indonesiani vendono gli escrementi di animale come il caffè più costoso del mondo. Lo ha spiegato il responsabile marketing della cooperativa Miguel Paz. E uno degli associati mi ha preso alla lettera dicendo: posso riuscirci anch’io”.
Lo scorso anno Cecovasa ha commercializzato un centinaio di chilogrammi del caffè di coati. Principalmente verso il Giappone e il Regno Unito, a una media di 30 dollari al chilogrammo.
Ma il prezzo finale di vendita è 4 volte superiore e su alcuni siti di e-commerce supera addirittura i 500 dollari.