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venerdì 22 Novembre 2024
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CSC – Così la sfida al porzionato, capsule e cialde

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Ogni nuova ricerca di mercato conferma i risultati dei primi studi effettuati alcuni anni fa da CSC – Caffè Speciali Certificati sul mondo del caffè e i suoi consumatori: chi beve un espresso ricerca in tazza un piacere. Un piacere che è rito, aroma, gusto.

Alle sue spalle, accanto alla qualità, è subentrato un nuovo elemento: la praticità, che ha la meglio tra le mura di casa. E che il consumatore è disposto a pagare, e salata, anche quando ad essa si accompagnano nomi di fantasia che esaltano la “forza” o la dolcezza del risultato in tazza senza spiegare cosa si trova in quegli involucri di alluminio o di materiale plastico (l’ambiente non ringrazia!); al più si sa che è un caffè del Brasile o proveniente dall’Africa. Come dire: “le offro un buon vino italiano”. Senza dubbio a questa offerta seguirebbero numerose domande: quale? da dove viene? quali i vitigni? Lo stesso deve avvenire con il caffè.

Qui può giocare un ruolo importante il barista. Se a casa (soprattutto alle signore) al cliente piace “giocare” con i gusti del caffè, il barista può insegnare ad andare oltre, offrendo più miscele o singole origini; oppure variando le modalità di servizio della sua miscela: se di qualità e ben tostata, dà diverse sensazioni gustative e olfattive a seconda che si tratti di un espresso, di un’estrazione a filtro o con il French press (pressofiltro o infusiera). Ma soprattutto deve guidare il consumatore a comprendere le caratteristiche dei diversi prodotti, le loro origini, conferendo anche alla tazzina il piacere e la conoscenza che si accompagnano a un buon bicchiere di vino.

“La grande carta in più che CSC offre è la certezza della qualità e dell’origine dei prodotti che si trovano nelle confezioni che riportano il suo bollino – afferma Enrico Meschini, presidente di Caffè Speciali Certificati -. Ai nostri caffè si unisce una tracciabilità totale (recentemente certificata Iso 22005), dalla pianta (nel senso che andiamo in loco, conosciamo chi produce, dove produce e come lo fa) alla tazzina; tutti hanno caratteristiche ben precise. Chi propone genericamente “un Brasile” non dice alcunché: il territorio di questo Paese è vastissimo come pure le tipologie di caffè che vi si trovano. Ma se offro un Brasile selezionato da Caffè Speciali Certificati, proveniente dallo stato di Minas Gerais, regione del Campo dos Vertentes, Fazenda Samambaia, guidata da Henrique Cambraia che da quindici anni conduce l’azienda di famiglia, ecco che fornisco coordinate ben precise non solo da un punto di vista geografico, ma anche di lavorazione e di gusto: i suoi caffè arabica subiscono una lavorazione naturale (l’essiccazione è al sole sul patio) e in tazza  offrono un espresso di gran corpo e dolcezza, molto aromatico e non acido, con persistente aroma e gusto di cioccolato e un’inusuale nota di frutta secca. Sono caratteristiche che, se vengono trasmesse al cliente, danno un vero valore aggiunto al prodotto. Dopo una simile esperienza, trovarsi di fronte alla semplice indicazione di un Paese d’origine o a un nome di fantasia, risuona vuoto, soprattutto quando si ha a che fare con caffè come quelli in capsula che possono costare anche più di cinquanta euro al chilo”.

Se i momenti di punta non permettono di dare spiegazioni, un caffè si può “raccontare” attraverso il menu, tavolette, locandine poste nei pressi del bancone o biglietti da accompagnare alla tazza, che il cliente può “rubare” e portare con sé a casa o al lavoro, per raccontare un’esperienza di gusto che piace e soddisfa, spingendo altri a visitare il locale.

“Finalmente noto che anche in Italia si sta formando un humus favorevole a scelte basate sull’eccellenza. I locali che propongono caffè di piantagione, come quelli contraddistinti dal marchio CSC (da mettere bene in vista) e sanno offrirla con criterio, sono premiati da clienti fedeli, che un bravo barista trasforma da semplici consumatori a cultori di un prodotto di pregio. Una vera soddisfazione per chi propone e per chi degusta”.

Il marchio CSC, certezza di qualità

Le torrefazioni che aderiscono a Caffè Speciali Certificati sono Arcaffè Estero – Livorno, Barbera 1870 – Messina, Blaser Café – Berna (CH), Caffè Agust – Brescia, Mondicaffè C.T.&M. – Roma, DiniCaffè – Firenze, Goppion Caffè – Preganziol (TV), Le Piantagioni del Caffè – Livorno, Torrefazione Musetti – Pontenure (PC).

Dalla sua nascita nel 1996 lo scopo dell’Associazione è promuovere la qualità e la cultura del caffè di pregio, facendo fronte comune nella realizzazione di un prodotto di qualità superiore certificata. È un passo molto impegnativo, reso possibile dalla collaborazione tra le aziende, che hanno unito le proprie forze al fine di assicurarsi la fornitura costante di materia prima di pregio, a fronte di un mercato globale condizionato da grandi player, che da anni assiste a un lento ma progressivo peggioramento degli standard qualitativi del caffè verde.

I torrefattori che vogliono avere la certezza di approvvigionarsi di un prodotto di qualità superiore, possono associarsi a CSC, che non acquista direttamente, ma organizza ed effettua i controlli necessari per garantire i migliori caffè, mettendoli a disposizione degli associati. Quando ne viene acquistata una partita, i suoi assaggiatori la confrontano con il campione testato in precedenza: se le sue caratteristiche sono in linea con il prodotto di riferimento, può ricevere la certificazione di caffè speciale certificato, dunque il bollino. È la garanzia che in quelle confezioni ci sono prodotti con una storia: un importante strumento di vendita per il barista e un piacere in più per il cliente.

www.caffespeciali.it

In appendice

Caffè in capsula?

L’ambiente non ringrazia

Attorno alle capsule negli ultimi tempi è un fiorire di campagne “ecologiste”. Si moltiplicano i punti di raccolta dei “rottami” di plastica o alluminio da inviare ad aziende specializzate per il riciclo. Iniziative lodevoli, certo, ma si tratta di lavorazioni che comportano un notevole dispendio di energia, dunque rilasciano nell’atmosfera consistenti dosi di CO2. Senza contare, a monte, l’inquinamento legato alla produzione e al largo uso di materia prima per la realizzazione dei materiali di imballaggio.

Il tutto per un contenuto che per il più blasonato dei produttori corrisponde a soli 5 grammi di macinato, mentre la classica dose del bar è di 7 grammi, ai quali si accompagnano un consumo di energia e di materiali per la realizzazione e lo smaltimento del pack veramente irrisori.

Anche questo dovrebbe fare riflettere, sempre che non si guardi con desiderio alle “Previsioni del tempo dal futuro” (anno 2050) realizzate in alcuni Paesi sulla base del monito recentemente lanciato dall’Organizzazione meteorologica mondiale sulle conseguenze del riscaldamento mondiale.

www.infobae.com/2014/12/04/1612979-las-catastroficas-predicciones-climaticas-el-ano-2050

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