domenica 22 Dicembre 2024
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Crosta serve pizza e filter coffee specialty: “Focus sulle estrazioni alternative a 5 €”

I titolari: “Vengono da noi anche a fare colazione. Le discussioni sono avvenute più che altro all’inizio: da noi mediamente con Gardelli siamo arrivati a 32/35 euro al chilo, mentre con Cafezal siamo a 23 euro al chilo, e quindi lo abbiamo proposto in espresso già nel 2018 con un costo provocatorio di 1 e 20 e ancora siamo attorno a questo prezzo. Comprendiamo non sia adeguato alla qualità della materia prima e lo alzeremo probabilmente presto per dare maggiore valore alla tazzina. Ma quello su cui puntiamo da sempre è il filtro che vendiamo a 5 euro per una tazza da circa 200 ml."

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MILANO – Nel cuore di Porta Venezia a Milano, nel 2018 apre le porte Crosta: il locale ideato dalle due menti di Simone Lombardi e Giovanni Mineo, che hanno unito le forze e anche due prodotti apparentemente distanti, pizza e caffè, ritrovando il loro legame nella ricerca e nel servizio di qualità. Qui lo specialty, il filtered coffee, dalla colazione alla sera, accompagnano i pasti.

Crosta: come nasce quest’avventura milanese?

Simone Lombardi: “Ci siamo conosciuti in un momento della nostra vita in cui avevamo in comune la volontà di aprire qualcosa di nostro. Così è nato Crosta, in un pomeriggio passato di fronte a una tovaglietta ad un tavolo. Il 70% di quello che si vede oggi è partito in questo modo. Collaboravamo insieme come docenti presso un Istituto di alta formazione e abbiamo deciso di unire le forze per completare le nostre reciproche competenze.

Già durante la fase iniziale, il caffè aveva attirato la nostra attenzione e per questo abbiamo visitato qualche azienda con l’obiettivo di realizzare il menù di Crosta, dov’è inserito ancora oggi con una cura particolare.”

Ma come mai pizza e caffè? È un abbinamento particolare, una scommessa per un locale.

Giovanni Mineo: “Ci sono due binari principali su cui ci siamo mossi. Il primo deriva dal fatto che tutto ciò che facciamo è curato nel dettaglio, approfondendo sia le tecniche sia la materia prima. Questa è una filosofia concreta, non soltanto delle parole. Per anni personalmente, ho girato esplorando diversi artigiani in Italia ed è sempre stato per me un punto fondamentale. Per entrambi rappresenta uno dei pilastri di Crosta.

Il secondo aspetto è più legato ad una questione personale: ho sofferto spesso di gastrite e per questo ho sempre evitato il caffè. Nel 2017 avevo sentito parlare già di specialty e mi stavo informando: è stato allora che ho conosciuto Massimo Bonini di Lady Caffè. Sono andato nella loro sede prima ancora che inserissero il concetto di bed and breakfast. Ho sperimentato una verticale di 15 espressi: mi sono fidato e devo dire
che, nonostante soffrissi molto di gastrite, mi sono goduto l’esperienza senza troppi problemi.

Ho avvertito sentori differenti e per la prima volta ho vissuto un approccio alla bevanda diverso: nessun retrogusto di bruciato, tanto per cominciare. La seconda volta ho coinvolto anche Simone e abbiamo provato dei caffè filtro abbinati con materie grasse come il salame. In quel momento abbiamo scoperto un mondo che lega il caffè e il cibo: per entrambi è stato amore. Per quanto Simone sia sempre più legato all’espresso per gusto, io sono stato colpito da una sorta di epifania e ho smesso quasi di bere qualsiasi cosa sia diverso dal filtro.

Il focus da Crosta è stato questo metodo di estrazione. Abbiamo iniziato quindi servendo le proposte di Lady Caffè, che è stato un precursore dello specialty.

In seguito abbiamo iniziato a sperimentare con altre torrefazioni e non soltanto italiane. Finché un giorno, organizzando da Crosta un evento per baristi che hanno portato ciascuno il proprio caffè, abbiamo estratto un prodotto di Colonna Coffee, un Kenya che descriveva nella dicitura tra gli aromi, quello di bergamotto: lì ho capito di amare profondamente i lavati rispetto ai fermentati, e gli africani in generale.

Ho pensato: voglio bere tutta la vita un caffè così. Ho seguito gli studi condotti dal proprietario di Colonna Coffee anche sull’acqua e abbiamo iniziato a testare altri torrefattori italiani con l’obiettivo di aiutarli a farli emergere. C’era bisogno innanzitutto di confrontarsi sull’assaggio tra me e Simone, che predilige molto gli anaerobici più cioccolatosi: in questo processo di ricerca, tra tutti quelli che abbiamo provato, abbiamo riscontrato un problema comune relativo alla stabilità tra un caffè e un altro.

Spesso infatti capita che tracciando una curva, tra un lotto e l’altro si abbiano risultati diversi pur trattando lo stesso verde in partenza: mancava quindi omogeneità. E questo per noi era un punto critico: tutto quello che serviamo deve piacere innanzitutto a noi e poi agli altri, ma portare una costante qualità in tazza era difficile. Abbiamo riscontrato questa carenza finché, tra tutte le torrefazioni italiane che abbiamo assaggiato, non abbiamo trovato quella più stabile: quella di Rubens Gardelli, che si è dimostrato all’altezza della sua reputazione. Bevo il suo caffè tutti i giorni. “

Ora cosa servite da Crosta?

Il caffè misurato da Crosta (foto concessa)

“Sia il caffè di Rubens per il filtro, prima un kenyano Gatugi e un El Eucalipto peruviano. Ovviamente cambiamo di continuo, trattandosi di specialty, ma di solito prendiamo soltanto lavati. L’ultimo ordine che abbiamo acquistato è un anaerobico. Abbiamo comunque scelto di servire soltanto monorigine e non miscele. Il motivo è abbastanza chiaro: nel momento in cui decidiamo di percorrere una strada, non ha senso fare solo pochi passi. Se vuoi veramente avvertire quel sapore e lavorare sull’estrazione, la monorigine è la soluzione migliore.

Serviamo un espresso, un filtro con Moka master e il dripper, oppure l’Aeropress – uno dei metodi che mi piace di più in questo periodo -. “

Le reazioni dei clienti come sono stati?

“Vengono da noi anche a fare colazione. Le discussioni sono avvenute più che altro all’inizio: da noi mediamente con Gardelli siamo arrivati a 32/35 euro al chilo, mentre con Cafezal siamo a 23 euro al chilo, e quindi lo abbiamo proposto in espresso già nel 2018 con un costo provocatorio di 1 e 20 e ancora siamo attorno a questo prezzo. Comprendiamo non sia adeguato alla qualità della materia prima e lo alzeremo probabilmente presto per dare maggiore valore alla tazzina. Ma quello su cui puntiamo da sempre è il filtro che vendiamo a 5 euro per una tazza da circa 200 ml.

Cerchiamo di fare attenzione su questa bevanda anche dal punto di vista del prezzo: è comprensibile da parte dei clienti, pagare di più qualcosa che percepisce come diverso dall’espresso, una novità. Non essendo soltanto un bar, per noi diventa complesso e anche dispersivo riuscire a veicolare un determinato messaggio sulla riscoperta dell’espresso.”

Avete pensato a degli abbinamenti da Crosta con il caffè?

Simone interviene: “Giovanni è stato colui che mi ha fatto assaggiare lo specialty e mi ha fatto accedere a questo mondo. Quello che ho percepito diverse volte, sono delle sensazioni che mi hanno intrigato: il salame abbinato a un caffè estratto a filtro, mi ha fatto scoprire una realtà che non conoscevo. Accostare materie grasse con una bevanda così estratta, mi ha fatto pensare a nuove strade. Ho provato allora a realizzare un pairing con un toast fatto di pane in cassetta con farina integrale, materie prime di livello e prodotti di filiera curati.

Messi assieme, la grassezza della panna cotta del burro e dello stracchino stagionato
con gli specialty, ci ha entusiasmato. Questa è stata la prima idea. Dopo abbiamo continuato, consigliando una pizza a pala con gli specialty e il pastrami ai clienti, senza
metterlo in carta. Abbiamo rivisitato con la cipolla caramellata e una maionese alla senape, l’accostamento a questo salume, sposandolo con un caffè più acido e dalle note fruttate.

Siamo riusciti a far uscire il caffè dalla semplice colazione, portandolo a pranzo e a merenda. È un lavoro complesso che bisogna spingere dalla mattina alla sera. Il nostro locale è aperto dalle otto del mattino alle undici di sera. Dopo 4 anni abbiamo capito dove puntare, per valorizzare quello che funziona maggiormente, orientando in maniera più efficiente le nostre energie.”

Il filtro da Crosta (foto concessa)

Quindi se ci si siede a cena e si ordina una pizza da Crosta, è possibile anche bere un filtro?
“Perché no? Certamente.”

Ma la formazione per valorizzare lo specialty, come lo avete gestita?

“Da questo punto di vista per l’espresso siamo supportati da Carlos Bitencourt che si occupa circa ogni tre mesi di formare il personale. Sui filtri mi occupo di formazione io stesso, ma abbiamo assestato questo aspetto semplificando il modo di estrarre lavorando con la Moka master.

Per l’espresso abbiamo cambiato una Faema a leva manuale che richiedeva però una mano esperta, con una professionale Eagle One Victoria Arduino: macchina straordinaria che una volta impostata è semplice da gestire. Questo ci permette di avere, nonostante un personale non perfettamente professionista del caffè, delle estrazioni all’altezza dei profili aromatici che vogliamo ottenere.

Per i macinini: per il filtro un Comandante. Estraiamo circa 60 grammi in una giornata. I clienti in effetti ordinano di più l’espresso, per ovvie ragioni. Bisognerebbe ancora fare comunicazione ed educazione per far conoscere il mondo complesso dietro la bevanda.”

Avete pensato di usare il caffè come ingrediente di una ricetta?

“Con la pizza è difficile da abbinare, perché il caffè macinato ha una masticazione che non è piacevolissima. Abbiamo quindi sempre avuto dei problemi ad utilizzarlo, per la sua astringenza. Lo abbiamo utilizzato come ingrediente puro soltanto in un gelato, che una volta abbiamo sperimentato: lo abbiamo tostato in forno per liberare gli oli essenziali con cui abbiamo aromatizzato il latte. Il risultato è stato il caffè bianco, lasciato in infusione una notte. Ci ha lasciato un buon ricordo, ma ha dei costi insostenibili: la quantità di caffè necessario per ottenere il gusto finale era eccessiva, ma un esperimento lo abbiamo fatto.

Sicuramente potremmo riutilizzarlo: è una sfida che ci lanciamo, magari trovando un modo di usare il caffè come ingrediente nella pizza. Magari utilizzandolo con una base grassa come i latticini.”

Quindi siete convinti della scelta fatta per Crosta e che cosa ci aspettiamo nel prossimo futuro?

Simone conclude: “E’ stata sicuramente una scelta corretta: era il momento in cui secondo noi si doveva essere anche precursori rispetto al caffè. Per quanto riguarda il futuro, sicuramente dovremo ridisegnare alcuni aspetti, ma certo sarà sempre presente il caffè, magari valorizzandolo ancora di più. Dovremmo spingere sulla formazione, anche iniziando noi per primi a seguire i corsi di Sca.”

Giovanni chiude: “Sicuramente siamo soddisfatti. Nel caffè intravediamo un grande futuro, in quanto è uno di quegli elementi che non si è ancora potuto esprimere e che ha tanto potenziale. C’è molto da fare. Da un altro punto di vista posso dire: al di fuori dello specialty, per me non esiste alcun caffè, quindi va affrontato così questo argomento. Una volta che si assaggia questo prodotto, non si torna indietro. Quando ci sarà una maggiore sensibilità, lo specialty sarà la normalità.”

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