MILANO – Il dibattito attorno al prezzo della tazzina procede tra operatori, consumatori e organizzazioni. La questione è stata più volte commentata sia all’Istituto espresso italiano che da Codacons e Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi). Ma per capire meglio la faccenda, non c’è nessuno meglio di chi lavora da anni dietro al bancone: com’è il caso di Cristina Caroli, caffetteria Aroma di Bologna, ben conosciuta da tutta la community dei coffeelover. Ecco una sua riflessione che è più un’analisi, ancora una volta sul prezzo dell’espresso.
Cristina Caroli: qualcuno dice di sapere quale deve essere il prezzo di una tazzina
Ma il prezzo più alto sembra doverlo pagare il barista.
Lo so, può sembrare difficile per una categoria come quella dei baristi, subire passivamente l’attacco qualunquista da parte di Codacons. Senza parlare di risposte irricevibili inviate ai vertici di Iei, che aveva fatto sentire la sua voce, condite anche da minacce legali.
Difficile dicevo, ma non impossibile, visto il vuoto pneumatico delle argomentazioni della Associazione e del suo Presidente, che, sbandierando non meglio identificati aumenti sconsiderati, e soprattutto, usando l’odiosa parola abusi, taccia la nostra categoria di avere letteralmente taglieggiato i consumatori.
Come? Osando riformulare alcuni prezzi, peraltro completamente liberi in libero mercato, a fronte di spese reali, impreviste e per cause di forza maggiore. Il tutto, per un prodotto che non è bene primario, come abbiamo appreso durante il lockdown.
Se questo è il crimine, il Codacons dorma tranquillo, in quanto non ci sarebbe assolutamente modo di farci sentire in colpa
Infatti, non solo i baristi ma ogni commerciante, artigiano, azienda, o multinazionale è libero di applicare i prezzi che ritiene più opportuni su generi e servizi.
Raccontare ai consumatori che vi è una associazione che vigila su ipotetici listini prezzi della tazzina, non è fare informazione corretta. Significa instillare nella mente dei consumatori che i commercianti non osservano delle regole o dei limiti prescritti e che Codacons si occuperebbe di indicare le difformità.
Se così fosse, sarebbe interessante una pronuncia Codacons sul giusto prezzo di un calice di vino nelle enoteche, o di un litro di olio; di un miele o di un formaggio nelle gourmetterie. Sarebbe una generalizzazione assurda.
Ecco emergere quindi una realtà sconvolgente per il Codacons
Non esiste il prezzo giusto nemmeno per una tazzina di caffè, così come non esiste il prezzo minimo e neppure il prezzo massimo. Ci sono valori e pregi diversi prima di tutto, e molti altri fattori economici che influenzano il prezzo di questi prodotti… servizi e costi diversi: variabili insomma.
In ogni attività commerciale prezzo di vendita finale è influenzato dai costi fissi e variabili per l’esercizio della propria professione, ed ogni commerciante, di ogni tipologia di bene, applica un minimo o un massimo di questi fattori a suo insindacabile giudizio, sulla base della qualità oggettiva e sulla base di un calcolo costi/benefici.
Perché mi preme rammentare che esiste la libera concorrenza, un fattore pesante di riflessione per ogni operatore del commercio. Un qualcosa che ha frenato per anni e anni i legittimi ritocchi della tazzina, anche da parte di operatori estremamente professionali e competenti, schiacciati dalla concorrenza aggressiva, da una visione riduttiva del valore della tazzina e dall’essere tacciati, come oggi, di essere profittatori.
In questa ampia e libera forbice di mercato si collocano i prezzi della tazzina di caffe
Come quelli di altre decine di migliaia di generi e articoli che, ogni giorno, in tutto il mondo, vengono acquistati su base di libera scelta dai consumatori.
Non vi è alcun obbligo.
Quando Codacons sarà in grado di portare la testimonianza di un cliente, al quale sia stato torto un braccio dietro la schiena da un barista, per costringerlo ad acquistare un caffè ad un prezzo che non ha intenzione di pagare, allora potremo parlare di abusi.
Fino a quel momento i clienti restano nella condizione di poter scegliere liberamente in una vasta gamma di locali, servizi e prezzi.
Peraltro sarebbe interessante anche capire come mai solo il prezzo della tazzina di caffè al bar getta nella più assoluta prostrazione e disperazione il Codacons…
Perché non fare una crociata anche sul prezzo al pubblico dei succhi di frutta, degli amari, di caramelle e lecca lecca…?
Se questo ultimo rigo non sembra serio è proprio perché ho ritenuto di adeguarlo alla non serietà delle motivazioni del Codacons.
Bene ha fatto Iei a schierarsi, e bene faranno tutte le Associazioni che scenderanno al suo fianco supportandola e che sapranno essere, con essa, e nei modi opportuni, la controparte di Codacons.
Cristina Caroli, ai colleghi baristi: Non raccogliete le provocazioni, non usate parole forti, non scendete al livello di chi provoca
Comunicate correttamente le vostre motivazioni e scelte al pubblico, offrite qualità, lavorate con professionalità, siate accoglienti. Concentriamoci sul nostro lavoro, proponiamo il rinnovato piacere di un caffè di qualità al bar, facciamo rinascere il suo rito, offrendo la nostra competenza professionale e locali sicuri.
In questo modo eviteremo di accendere riflettori sui chi usa la provocazione per mettersi in luce su temi populisti, tralasciando di continuare ben altre battaglie per i consumatori.
Perchè non è bello fare demagogia e in una fase drammatica di ripresa, a colpi di comunicati stampa sensazionalistici e denigratori.
Altro impegno e dispendio lo richiedono battaglie come queste elencate, che richiederebbero ben altro che qualche comunicato stampa o istanza, e per le quali Codacons non ha offerto soluzione o ottenuto alcunchè.
Temi che incidono in maniera pesante e anche vessatoria sulle tasche degli italiani e in cui la controparte è lo Stato, non una categoria di lavoratori
1) Il canone televisivo per una tv di Stato commerciale in cui imperversano spot a pagamento per milioni di euro di incassi, obbligatorio per tutti, spettatori e non, includendolo nella bolletta dell’energia elettrica. Perchè? Perchè si presume che i titolari di un’utenza di fornitura elettrica detengano anche un apparecchio televisivo nell’abitazione di residenza. Questo obbliga al pagamento, non importa quali siano i programmi seguiti, e si subisce un prelievo di 90 € l’anno. Ovviamente non pagare il canone significa non pagare la bolletta e avere il distacco della corrente…
2) I prezzi dei trasporti ferroviari, ad esempio, ma non solo, basati su domanda e offerta delle prenotazioni, e non sui reali costi e tratte del servizio?
Trenitalia S.p.A. è un’azienda partecipata al 100% da Ferrovie dello Stato Italiane, cioè è lo Stato. Mi chiedo se la procedura di calcolo del costo dei biglietti sia corretta ed equa per tutti i cittadini, o se la popolarità di alcune tratte e orari non provochi “per caso” una illecita speculazione sui bisogni dei trasportati. Perchè i posti, che sono sempre in numero uguale, possono costare anche fino al 200% – 300% in più e oltre solo perché molto richiesti? E soprattutto nel dopo COVID in un momento di ricongiungimenti familiari?
3) A quando risultati a favore dei consumatori sul prezzo della benzina ai privati il cui prezzo al litro è composto da € 0,384 di valore netto e il resto sono accise e IVA, quindi doppia tassazione. (Fonte Ministero dello Sviluppo Economico)
4) Brutte notizie per il carburante per uso industriale impiegato anche per la generazione di energia elettrica. Nella settimana del 20 maggio ha subito un aumento del 27,95% (fonte Ministero dello Sviluppo Economico) Avete udito un grido di allarme?
Eppure la cosa toccherà moltissimo tutti, in quanto produrre energia elettrica costerà molto di più in un momento in cui il barile ha raggiunto invece costi in negativo…. quindi consumatori e i comparti produttivi potrebbero avere un aumento unilaterale e vessatorio delle bollette e dei propri costi.
Forse è su queste e molte altre giuste cause che le Associazioni per la tutela dei consumatori dovrebbero spendersi. Mi pare che il materiale su cui impegnarsi proficuamente non manchi.
Cristina Caroli