RIMINI – Il campionato cezve ibrik, Jean Francois Cristaudo. Per due volte secondo al campionato italiano ibrik. E’ vero che il secondo è il primo degli ultimi, ma il suo è un posizionamento particolare. Quest’anno ha portato in gara un caffè ancor più strepitoso del Geisha dell’anno scorso, la Liberica. Che senso ha usare un caffè che forse ha spiazzato i giudici?
Cristaudo: la parola subito dopo la competizione
“Non credo che i giudici siano rimasti spiazzati, ma più che altro spero siano stati sorpresi. La Sca, i baristi, i Roaster, insieme a tutti coloro che fanno parte della catena del caffè devono portare innovazione. La Liberica è la specie un po’ dimenticata. Arabica e Robusta sono i più conosciuti, mentre la Liberica rappresenta solo l’1,22% del mercato. E forse neppure.
La volontà era proprio quello di sorprendere. Come team e come trainer, come Andrea Antonelli, avevamo l’obiettivo di esser i primi. E’ stata la prima volta con Liberica in gara, così come la prima volta a un campionato ibrik con un filtraggio al contrario, con una moka.”
Perchè questa idea di portare una novità come la specie Liberica, che molti non conoscono
Risponde Cristaudo: “Appunto perché questa specie è conosciuta da pochi specialisti, volevo condividere questa scoperta. Soprattutto comunicarla ai baristi, che dovrebbero concentrare dentro di sé tutti gli anelli della catena del settore, per donare al cliente una massima esperienza possibile.”
Perché Cristaudo ha voluto insistere sull’Ibrik, data la sua preparazione e la sua azione in generale sulla cultura del caffè. Qui l’offerta dei campionati è vasta, perché non sperimentare altre categorie?
“Perché secondo me l’Ibrik è la gara più aperta, al contrario di quello per baristi in cui non si può portare l’alcol. Con l’Ibrik si può sperimentare con un metodo più antico. Ha una cultura soprattutto nell’area balcanica, sarebbe la moka di quelle aree, Turchia e Grecia. Poi io prediligo questa tazza che ha mille sfumature, già con un caffè “normale”. Con la Liberica è stata un’outstanding, perché è dotato di uno spettro di flavour che non si riscontra in altre varietà.”
Quanti conoscono in Italia l’Ibrik?
“E’ importante appunto per questo, che i nostri clienti che si interfacciano con noi, conoscano i metodi, le tazze, i caffè.”
Ci sono bar che lo usano come estrazioni?
“Ce ne sono, seppur pochi, esistono.”
Perché l’Ibrik soddisfa Cristaudo più di altri metodi di estrazione?
“Per il fatto che si ha una tazza con la posa. Ovvero il caffè macinato che rimane sul fondo della tazzina. A cui io sono molto affezionato, proprio per la sua complessità. Dona qualcosa in più anche come sensazione tattile nella cavità orale che è esplosiva.”
Continuerà anche nei prossimi anni con l’Ibrik?
“Sì. Finché avrò delle idee da proporre, innovazioni, continuerò a partecipare. Quando avrò bisogno di fare una pausa e studiare, mi fermerò e poi ricomincerò. L’importante però è portare avanti lo spirito di innovazione delle competizioni Sca. C’è scritto anche nel regolamento: il barista dev’esser un modello per chi lo segue.”
Dopo il Geisha e la Liberica, l’anno prossimo?
“E’ una sorpresa. Ma, tecnicamente, sarebbe la gara che avrei proposto per il mondiale, se avessi vinto. Quest’anno non l’ho fatto perché io e il mio trainer abbiamo studiato due gare diverse, uno per la nazionale e uno per il mondiale. Io ero già proiettato per quella sfida. Purtroppo in gara ho riscontrato un problema tecnico, in cui non ho esplicitato i flavour del drink, per cui ho ottenuto 0 come punteggio. E’ stata una mia dimenticanza: ero troppo rilassato nella seconda parte di gara e purtroppo è accaduto. Mi iscriverò a novembre dell’anno prossimo, puntuale come sempre.”