MILANO – Nonostante alcuni (timidi) segnali di ripresa per l’economia italiana giunti negli ultimi mesi, gli italiani non sono del tutto convinti della fine della recessione economica, secondo il quadro delineato dallo studio Nielsen sull’indice di fiducia dei consumatori in 63 Paesi nei cinque continenti (infografica sopra).
L’indice di fiducia dei consumatori italiani si attesta a quota 55, con una crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (il valore nel Q2 2015 era 53). E’ tuttavia il terzo risultato peggiore in Europa “superato” in negativo solamente da Grecia e Ucraina.
Se da un lato il dato conferma un consolidamento dell’indice di fiducia rispetto ai periodi più biu della crisi (fino al Q4 2014 l’indice era stabilmente sotto quota 50); il nostro Paese rimane tuttavia uno di quelli con l’indice di fiducia più basso sia a livello Europeo che mondiale.
Il posizionamento in fondo ai livelli delle altre nazioni europee è una costante per l’Italia, si osserva tuttavia il secondo calo consecutivo nell’indice di fiducia, sceso notevolmente rispetto al 59 del primo trimestre 2016 e con uno dei peggiori cali a livello globale.
All’opposto, nonostante le tensioni che ci sono state negli ultimi mesi, l’indice è salito in altri grandi paesi Europei come Francia e la Spagna, mentre è in lieve diminuzione in Germania, dove passa da 97 a 96.
Occorrerà ora vedere come gli eventi susseguitisi nell’ultimo mese (dall’onda lunga della Brexit sancita con il referendum in Gran Bretagna ai ripetuti attacchi terroristici che hanno colpito l’Europa) impatteranno la fiducia dei consumatori nei prossimi mesi.
Il lavoro rimane il primo pensiero per gli italiani (il 19% indica la sicurezza del posto come prima preoccupazione per i prossimi sei mesi), in discesa tuttavia del 5% rispetto allo stesso periodo di un anno fa e allo stesso valore del Q1 2016.
I primi segnali positivi (seppur contrastanti) sul fronte dell’occupazione e la crescita di altre problematiche internazionali fanno diminuire quindi le inquietudini su questo fronte. Crescono invece quelle legate al terrorismo e alla salute, ora al secondo posto, entrambe al 10%.
Stabile rispetto al Q1 e in discesa di tre punti rispetto ad un anno fa la tematica dell’immigrazione, nonostante i continui sbarchi sulle coste italiane, che ultimamente sono stati trascurati mediaticamente per far posto agli altri avvenimenti legati principalmente al terrorismo.
Nonostante un quadro di forte consapevolezza delle difficoltà economiche che attraversano il nostro paese, diminuisce lievemente la percentuale di persone che considerano l’Italia in fase di recessione economica: sono l’85% nel Q2 2016, in diminuzione sia rispetto al Q2 2015, quando erano il 90%, che rispetto al periodo precedente (Q1 2016: 87%).
Tra queste persone però solo il 13% degli intervistati crede che l’Italia uscirà dal periodi di crisi nei prossimi 12 mesi, in diminuzione rispetto al 16% del periodo precedente e dello stesso periodo di un anno fa.
Stabili tuttavia le prospettive sui consumi: il 17% ritiene infatti che sia il momento giusto per effettuare acquisti, stabile rispetto il Q1 e in crescita di un punto percentuale rispetto ad un anno fa.
Invariate le prospettive lavorative per i consumatori italiani, mentre una certa preoccupazione si osserva per la situazione economica personale.
Il 12% degli intervistati infatti ha prospettive di lavoro positive nei prossimi 12 mesi, in calo di un punto rispetto al periodo precedente e stabile rispetto ad un anno fa.
Più negativa invece la prospettiva per le finanze personali, con una forte diminuzione di coloro che prevedono una situazione positiva nei prossimi 12 mesi: meno 5 punti rispetto ad un anno fa (Q2 2016: 19 vs Q1 2016: 24).
Una volta coperte le spese essenziali, gli italiani confermano la spiccata propensione al risparmio: il 36% di essi afferma infatti che accantonerebbero il rimanente, in lieve calo rispetto al 38% di un anno fa ma pur sempre la voce principale.
Si osserva un modesto aumento nella propensione al consumo: vestiti e vacanze seguono infatti tra le voci di spesa indicati dal 29 e 28% degli intervistati, in aumento del 3% e 2% rispettivamente, confrontati ad un anno fa.
Rimane alto il numero di chi afferma di usare tutto ciò che guadagna per le spese essenziali: il 27% degli intervistati (in linea col dato di un anno fa), percentuale molto maggiore rispetto al 15% degli spagnoli e il 20% di tedeschi e britannici.
Per adattarsi alla crisi duratura, gli italiani hanno cambiato le proprie abitudini quando devono comprare qualcosa. Si abbassa drasticamente il numero di coloro che hanno modificato le proprie abitudini di spesa per poter risparmiare, passando dal 74% di un anno fa al 61% attuale: se da un lato può essere sicuramente letto come un dato positivo, questo si spiega in parte col fatto che dopo diversi anni di recessione gli italiani avevano già ridotto per quanto possibile le spese superflue (nel 2012 e 2013 troviamo infatti picchi superiori all’80%).
Tagli su cibi take-away e minori spese per il vestiario sono le voci principali dove gli italiani cercano di risparmiare (56% e 55%), in diminuzione dell’8 e del 6% rispetto al Q2 2015.
Rimangono radicate le nuove abitudini quando si fa la spesa (il 51% dice infatti che è passato all’acquisto di brand meno costosi, solo il 2% in meno rispetto ad un anno fa), mentre cala di oltre il 10% la percentuale di coloro che rinunciano a divertimenti fuori casa, attestandosi al 50%.
Pronti a riprendere con i consumi
Gli italiani sono però pronti a riprendere i consumi, se la ripresa dovesse finalmente arrivare: solo il 20% manterrebbe queste rinunce (21% per cibi take away e vestiti, 20% per uscite fuori casa e brand meno costosi) in caso di migliori condizioni economiche.
Non resta dunque che aspettare un consolidamento dei timidi segnali arrivato fino a questo momento per far aumentare investimenti e consumi.
Alberto Villa
Per approfondimenti, accedi al report completo per Paese disponibile sul Nielsen Store.