MILANO – Prodotti da forno, integratori, margarine, pasta sfoglia pronta. Poi caramelle, drink da bar, additivi. È ancora troppo lungo l’elenco degli alimenti e delle bevande che contengono grassi idrogenati. Una forma di grassi altamente nociva per il sistema cardiovascolare umano. E non soltanto per quello: sentite il vostro medico la prima volta che lo incontrate.
Grassi idrogenati, diffusissimi negli Usa
Tanto che l’Fda (la severissima Food and drug administration, ente governativo Usa) ha ordinato ai produttori di eliminarli dalle ricette entro i prossimi 3 anni.
Invece e per fortuna, in Italia sono ingredienti meno comuni di un tempo. Quindi, il rischio di consumarne quantità eccessive è ridotto, se si segue la dieta mediterranea.
Molto più esposte sono le popolazioni del Nord Europa e degli Stati Uniti
In questi paesi, la Fda, l’agenzia per la sicurezza alimentare statunitense, ha appena annunciato il graduale divieto di impiegarli, che sarà a regime fra tre anni.
Le cattive abitudini alimentari sono tuttavia penetrate anche tra gli italiani
Dunque, la probabilità di consumare grassi idrogenati non è remota. Per scartarli non sempre basta leggere l’etichetta. In alcuni casi, infatti, lo sgradito ingrediente ci viene somministrato attraverso formule che impediscono di identificarlo.
Un veicolo subdolo di grassi idrogenati sono tutte le bevande servite al bicchiere nei bar
Prodotti quindi come la crema di caffè, il caffè al ginseng, al guaranà e via dicendo. Bevande delle quali, spesso neanche il barista conosce la composizione.
Mono e digliceridi degli acidi grassi: occhio alla sigla
Altra via di accesso sono i mono e digliceridi degli acidi grassi. Un ingrediente “tecnologico” molto diffuso nei prodotti da forno. Questi additivi, in sigla E471, sono emulsionanti di grande utilità.
Perfezionano l’aveolatura del prodotto. Ovvero, rendono perfetti i buchini del pane in cassetta, per intenderci. E stabilizzano le bolle d’aria dell’impasto, mantengono ben diffusa la materia grassa; aumentano il volume della pasta e la rendono di più facile lavorazione.
Se di origine animale sono ottenuti da scarti di produzione. Invece, se di origine vegetale possono riportare a tavola i grassi idrogenati.
Questo a causa dell’uso di acidi grassi ottenuti dalla raffinazione di grassi idrogenati e/o da contaminazioni di processo.
Rischiosi per la salute
I grassi vegetali idrogenati sono oli sottoposti a un trattamento chimico che li trasforma da liquidi a solidi. Il problema è che nella trasformazione i grassi insaturi diventano saturi.
In più, possono sviluppare gli acidi grassi trans. Nocivi perché abbassano il colesterolo buono (Hdl) e aumentano quello cattivo (Ldl).
Inoltre, inibiscono alcune reazioni enzimatiche utili all’organismo. Poi alterano la permeabilità delle cellule e possono incrementare i radicali liberi. Una somma di effetti che aumenta il rischio di patologie cardiovascolari.
Da 10 anni (quasi) scomparsi da merende e dolciumi
In Italia, la grande spallata a questo nemico della salute risale a quasi 10 anni fa. Quando una serrata battaglia condotta dai consumatori italiani ha costretto l’industria alimentare a eliminare “volontariamente” i grassi idrogenati.
A quei tempi infatti, erano onnipresenti nei prodotti da forno. Si parla delle merendine, del pane a cassetta delle torte. L’industria, dopo una cieca resistenza, ha ceduto. Infine, ha trasformato la “sconfitta” in un plus da evidenziare in etichetta con i claim “senza grassi idrogenati”.
Nocivi ma legali
Al gesto “distensivo” dell’industria non è seguito tuttavia un provvedimento normativo dell’Unione europea che bandisse l’impiego di grassi idrogenati.
Al contrario, il regolamento Ue 1169/2011 vieta di indicare nella tabella nutrizionale la quantità di acidi grassi trans (la “porzione” nociva dei grassi idrogenati).
La Commissione avrebbe dovuto preparare un rapporto a tale riguardo, entro un termine peraltro già scaduto.