PERAROLO (Belluno) – A dimostrazione del fatto che i bar non dei semplici spazi in cui agire da consumatori con il portafogli in mano e lo stomaco aperto, la storia di una piccola località veneta che ha trovato nel Covo dei Zatter un punto di riferimento per la comunità di pochi cittadini. Per questo, la sua rinascita nonostante il Covid, è un simbolo della ripartenza per tutta Italia. Leggiamo questo bel racconto dall’articolo di Lorenzo Fabiano su corrieredelveneto.corriere.it.
Covo dei Zatter, una vera e propria storia di rinascita e resilienza
Prima ancora che il piano della Ue prenda corpo e dia nuovi impulsi. Succede a Perarolo, poco più di trecento anime in Cadore laddove il Boite confluisce nel Piave. Da qui partivano le zattere per il trasporto fluviale del legname diretto alla Repubblica di Venezia, ma Perarolo ha costituito per lungo tempo anche la via di accesso alle Dolomiti lungo la Cavalera, la strada che da Longarone saliva a Cortina d’Ampezzo, tanto che approfittando della sosta per il cambio cavalli vi si rifocillava la Regina Margherita in viaggio verso l’Austria.
La ripartenza
I tempi sono cambiati, soprattutto dagli anni Ottanta quando il paese è stato letteralmente tagliato fuori dal traffico automobilistico dalla costruzione del viadotto Ponte Cadore che ha finito per piegare un’economia legata al turismo. E poi quella frana, la Busa del Cristo, fatta saltare poche settimane fa e messa in sicurezza. Sebbene transitino motociclisti e cicloamatori e l’incrocio delle acque del Boite col Piave attiri gli appassionati di pesca sportiva un po’ da tutto il mondo, qui si combatte contro l’oblio.
Non era rimasto praticamente più nulla a Perarolo dopo che il lockdown dello scorso anno aveva indotto la storica titolare, la signora Vittorina Ferro Pattai, a chiudere per raggiunti i limiti di età dopo oltre cinquant’anni il Covo dei Zatter, l’unico bar del paese collocato nel palazzo del Municipio. In cerca di nuovi gestori, il Comune ha allora lanciato un bando che tre mesi fa si è aggiudicato un baldanzoso oste della vicina Calalzo, Marco Mascolo: «Ho realizzato il sogno della mia vita. Negli ultimi dieci anni mi sono dedicato alla ristorazione; ho frequentato corsi di cucina e facendo tre anni in uno ho preso il diploma di Trasformatore Agroalimentare. Ho sempre sognato di aver un giorno un bar tutto mio, e quando ho saputo del bando ho subito pensato fosse un’opportunità da non farsi scappare» racconta.
Il Covo dei Zatter
Ce l’ha fatta Marco, “with a little help from my friends” canterebbero quattro ragazzotti di Liverpool: «Il locale era completamente vuoto. Non c’era nulla, abbiamo fatto tutto noi da soli con le nostre mani: io, la mia compagna Claudia, insegnante di matematica e scienze alle scuole medie di Lorenzago, e i miei amici, un falegname, un idraulico e un marmista. Questo è un esempio di cosa sia il cuore puro dei Cadorini».
Marco ha inaugurato il suo locale di pomeriggio: alle otto del mattino ancora sistemava le ultime cose
«È venuta un sacco di gente, credo 200/250 persone. C’era in pratica tutto il paese». Il Covo dei Zatter è più che una semplice osteria, ma un vero e proprio nido di aggregazione: «Qui non passa nemmeno la corriera. Una signora anziana è costretta prendere il taxi per andare a fare la spesa a Pieve. Se posso dare una mano, lo faccio volentieri io che vivo a Colalzo. Il pane lo prendo fresco tutte le mattine, speck e formaggi sono della zona». Niente televisione all’interno del locale: «Tv e telefonini uccidono la socialità. E poi, qui i cellulari non prendono nemmeno…».