TORINO – Caffè San Carlo e Scatto sono due realtà legate all’eccellenza, nate all’interno del progetto Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, ciascuna con la propria cifra distintiva, entrambe guidate dei Costardi Bros, protagonisti di questa imponente rinascita culturale ed enogastronomica di piazza San Carlo a Torino.
Nello spazio museale della banca, hanno l’ambizione di diventare un punto di riferimento per gli abitanti della città, per i visitatori del museo e per i turisti della capitale sabauda.
Costardi Bros: prima il Caffè san Carlo a chiusura del 2022 e poi a fine gennaio 2023 l’adiacente Scatto
L’idea di mantenere paralleli caffetteria e ristorante, che cosa racconta della vostra visione?
“Oltre ad essere una grande visione è una vera fortuna poter contare su di una forbice oraria così ampia e così su diversi target a cui proporre la nostra idea a partire dalla coffee experience e dei lievitati, per arrivare all’offerta di una ristorazione di alto livello con Scatto. Per noi la caffetteria è una bella scommessa, perché io e Manuel nasciamo nell’universo dell’hotellerie e della ristorazione ed è la realtà che conosciamo meglio.
Quando abbiamo avviato il progetto ci ha stimolato quindi proprio curare l’aspetto della caffetteria: era un’esperienza nuova e rappresentava un’occasione su cui trasferire la nostra expertise sviluppata in cucina.
Il risultato è una caffetteria con una visione di ristorazione.
Il premio pensiero che abbiamo avuto è stato rivolto al rifacimento del bancone in modo tale che porti il Caffè San Carlo nel presente e nel futuro. Anche per questo abbiamo optato per gli specialty coffee così che in questo locale storico con dei numeri elevati, si potesse vivere un’esperienza di grande livello. Per questo abbiamo deciso di portare l’Hypnotic Fruit.
Infine è arrivata la parte dei lievitati: la nostra pasticceria produce tutto direttamente all’interno del caffè. Per sconfinare poi nell’offerta dedicata al pranzo che racconta il territorio e che accoglie il pubblico con una determinata gastronomia.”
Per i Costardi Bros lo specialty è stata una scoperta?
“Io e Manuel siamo le due anime complementari della cucina, io dolce e lui salato, lui pragmatico e attento ai dettagli, io che vivo più istintivamente e trainato dall’emozione. Sono un amante del caffè, Manuel invece lo beve solo freddo e quindi cold brew. Abbiamo scoperto il mondo dello specialty ancor prima di questo progetto, avendo già sperimentato il grande lavoro fatto da Lavazza sin dagli albori con Kafa precedente all’apertura della Factory 1895.
Conoscevamo già questo universo e quindi è stato un passaggio naturale sceglierli per il Caffè San Carlo e Scatto. Hypnotic Fruit ci ha colpito perché ci piaceva l’idea di servire un blend specialty, quindi già complesso in tazza, che però fosse un entry level adatto ad un primo approccio allo specialty per poi poter avere al monorigine Beati (Etiopia, 100% Arabica con un’acidità fruttata). L’Hypnotic è diverso dal solito blend, ma senza avere un’acidità troppo marcata che può allontanare il cliente abituato alla tradizione. Fa porre una domanda, stimola la curiosità.”
Raccontare e preparare lo specialty però richiede preparazione
“Certo e noi siamo stati seguiti nella formazione sia sullo storytelling che sulla conoscenza delle differenze tra i prodotti scelti e poi sull’approccio tecnico alla macchina per espresso e per i metodi di estrazione alternativa in filtro (chemex, moka, cold brew). Abbiamo per il Caffè San Carlo una Faema designed 1895, un macinino All Ground per il filtro, e per
l’espresso Hypntic un Fiorenzato F83E. Mentre dentro Scatto abbiamo scelto una Faemina.”
Ma avete dovuto differenziare l’offerta tra caffetteria e ristorante?
“Per Scatto abbiamo puntato ancora più in alto. Se si parte come base con l’Hypnotic Fruit e la monorigine Behati, nel ristorante abbiamo voluto mantenere la stessa coerenza. Abbiamo scelto quindi Avanguardia III, un peruviano con estrazioni diverse (chemex e moka) e in espresso con Faemina. Lo step successivo che stiamo sviluppando insieme a Lavazza sarà quello di avere a disposizione una preparazione con Flair 58 professional e lavorare sul double shot per offrire un’esperienza della tazzina che sia anche visiva e
riprenda il rito direttamente al tavolo.
Anche il risultato è interessante: una crema spessa, una stratificazione al palato. La cosa bella sarà giocare su diverse acque da usare per agire sulla dolcezza. Il primo punto da cui siamo partiti per ora è cercare una squadra giovane, che abbia la possibilità di imparare e di crescere attraverso nuovi stimoli. Basta con il lavoro di routine: si va avanti con nuove sfide da affrontare.”
A proposito del personale, avete avuto difficoltà nel trovarne?
“Sicuramente trovare il personale non è semplice. È un lavoro impegnativo. Ma se si ha alle spalle un progetto come il nostro, una capacità e la possibilità di avere tra le mani qualcosa di unico per fare innamorare non il dipendente, ma la persona che lavora con te, diventa più semplice.
Ovvio che è importante coinvolgere i giovani: dobbiamo prendere atto di non poter aver a disposizione personale già formato. Dobbiamo creare noi un nuovo corso per il futuro della ristorazione e del settore turistico. Noi imprenditori per primi dobbiamo dare fiducia ai giovani e farli crescere. Abbiamo scelto per questo di investire su ragazzi da formare, a cui offrire un sogno, una prospettiva e un team coeso in cui inserirsi.
Abbiamo la fortuna di avere due anime diverse tra caffetteria e ristorante.
Il problema più grosso nella ristorazione è la sala: per farla crescere bisogna investire in primis sullo spazio della caffetteria. Il servizio del bar spesso è trascurato: invece noi siamo partiti proprio puntando su questo per avviare poi un circolo virtuoso per cui alla fine tutti conoscono entrambe le anime del progetto. È impegnativo, ci vuole ricerca, ma dà soddisfazione.
Attualmente siamo circa in 40 e questo perché, per fare 7 giorni su 7 al Caffè San Carlo – perché per me la caffetteria non può mai chiudere un po’ come la farmacia, soprattutto in Piazza San Carlo – e 6 su 7 al ristorante, è giusto tutelare il benessere del dipendente e quindi far e in mondo che le persone abbiamo giorni di riposo e vivano il lavoro come piacere.
Insomma, abbiamo voluto garantire un giusto equilibrio tra vita professionale e personale. Dopo il Covid, la presa di coscienza del proprio tempo, ha fatto sì che le aziende capissero che il valore più grande che si può dare al personale è il tempo, al di là del compenso economico.
Io più di Manuel sono una persona che non vive lavorando, perché in realtà la mia vita è il mio lavoro. Per ora quello che faccio non è lavoro, ma è la mia vita: mi piace talmente tanto che non lo cambierei per niente al mondo. Ovvio ora dall’essere solo chef sono un imprenditore, ma è un salto che ho voluto fare e che fa parte del mio percorso di crescita.”
Ma lei come lo beve il caffè?
“Io bevo tutto: mi piace moltissimo tutto ciò che è il mondo del filtro, ma è un rito che necessita il suo tempo. Io non ne ho tanto, quindi l’espresso è quello che riesco a bere di più in assoluto, anche se mi piacciono tutte le preparazioni a base di caffè: ho addirittura la formula della caffeina come tatuaggio.
E per dimostrare la stessa passione, qualche anno fa ho creato un piatto che rappresenta la nostra professione, “gin al limone e caffè”: il caffè (il Kafa di Lavazza macinato grossissimo, messo insieme al riso sottovuoto, che una volta cotto in un brodo di limone viene unito al caffè, mantecato con il burro montato con caffè limone e gin) accompagna la vita dello chef per farlo stare attivo, mentre il gin fa parte del rito finale del lavoro (il gin tonic è stato assunto a bevanda defaticante per i cuochi).“
Dal vostro estro di chef, i Costardi Bros hanno pensato degli abbinamenti tra food e specialty?
“Sia salati che dolci: proponiamo a colazione non il classico croissant e cappuccino, ma anche quello salato con salmone e robiola, o roastbeef e senape con chemex di Beati, o una moka con il nostro signature croissant, farcito con una crema di caffè con Hypnotic Fruit. “
E il prezzo, è un problema?
“Abbiamo fatto una scelta precisa di prezzo su Hypnotic Fruit: vendiamo ad un euro e 50 per l’espresso sia al banco che al tavolo. Abbiamo voluto farlo per non imporre il sovrapprezzo sull’entry level. Tre euro e 50 invece sull’espresso con il monorigine perché è un caffè che devi scegliere. Il fatto che una tazzina di caffè non possa più costare un euro è ormai consolidato: ce ne sono che costano troppo poco ma tostati male.
Nel ristorante invece, un espresso con Avanguardia III costa 5 euro, mentre con chemex e moka il prezzo per gruppo va dai 20 euro ai 15.”
E ora che cosa vi aspettate, quale direzione prenderà questo organismo complesso che ha appena preso vita?
“Il ristorante è aperto da poco ed è uno spazio molto bello, un posto in cui si entra e si perde la connessione con il mondo esterno. Lo vediamo da come le persone rimangono da noi anche a mezzanotte. Questo è un chiosco che prima era invalicabile e che ora è un luogo unico.
A lungo termine c’è l’idea di diventare un punto di riferimento come caffetteria e lo siamo già diventando. I numeri sono alti sul consumo di caffè: in settimana registriamo tra i 400/600 espresso al giorno e nel week end dai 900 ai 1200. Volevamo lavorare in un locale storico in una città di locali storici, ma conferendogli un aspetto di modernità e con degli specialty come scelta identitaria. A breve apriremo anche il dehors con circa 100 coperti in più a disposizione. Implementeremo ulteriormente la parte di pasticceria e di delivery e poi crescere sull’e-commerce. Questa è la rampa di lancio per tanti altri progetti che sono in fase di progettazione.
Scatto è un po’ il succo di tutto: nasce legato al mondo della fotografia, contiene le lettere di San Carlo e di Torino, è uno scatto verso il futuro, verso la rinascita dopo la pandemia. Da qui è nato anche il menù, con una scatola che si fa scorrere in un cassetto che contiene una fotografia abbinata al menù partendo dal disegno con l’offerta del territorio e racconta la nostra visione della cucina, attraverso i nostri viaggi e dei ragazzi che lavorano con noi che sono coinvolti nel progetto. Possono dare la loro creatività in cucina, sono stati formati tutti sulla parte della caffetteria.”