COSTA RICA – La sostenibilità della filiera deve cominciare a partire proprio dai luoghi d’origine del chicco. Un esempio di economia circolare risale a tempo fa, quando in Costa Rica si è cercato di riutilizzare i residui delle arance per nutrire la terra esausta. Ora l’esperimento continua, con l’applicazione degli scarti prodotti dalla lavorazione alimentare del caffè per fertilizzare il terreno: leggiamo dei risultati importanti di questo approccio innovativo, dall’articolo di Agnese Codignola su ilfattoalimentare.it.
Costa Rica: l’esperimento dell’Eth di Zurigo e dell’Università delle Hawaii
Il progetto di espandere quell’esperienza ad almeno cento ettari era poi stato fermato da cause legali e da interessi contrastanti di diverse aziende di arance. Ma ora un nuovo test, realizzato sempre in Costa Rica dai ricercatori dell’Eth di Zurigo e dell’Università delle Hawaii con il patrocinio della British Ecological Society, fornisce nuove prove della validità di quell’approccio.
Questa volta il materiale di partenza è la polpa del caffè, che costituisce più del 50% in peso del raccolto e di solito è utilizzata solo in minima quantità per prodotti farmaceutici o per mangimi per animali, nonostante sia molto ricca di lignina, proteine e zuccheri. Nell’esperimento, 30 camion hanno riversato il loro contenuto di polpa di caffè su un’area di 35×40 metri, andando così a formare uno strato profondo 40-50 cm di concime naturale. Accanto a essa è stato delimitato un perimetro di pari estensione, che funzionasse da controllo.
Nei due anni successivi sono stati prelevati campioni a cadenza regolare, per verificare i mutamenti del terreno. Sono state anche effettuate misurazioni in superficie e anche dall’aria, grazie all’impiego di alcuni droni, e alla fine il risultato è stato più che positivo.
I risultati dell’esperimento in Costa Rica
Come riferito su Ecological Solutions and Evidence, il terreno concimato con la polpa di caffè ha mostrato molto presto segni di recupero, e le piante della foresta adiacente hanno velocemente rimpiazzato quelle invasive derivanti dai pascoli precedenti, che di solito costituiscono un ostacolo al ripristino delle zone boschive e che sono state eliminate dallo spesso strato di concime naturale.
Dopo due anni, gli alberi che si erano insediati sul caffè avevano già occupato l’80% del terreno, contro il 20% di quelli dell’area di controllo. Inoltre, l’altezza dei primi era quadrupla rispetto a quella dei secondi. Anche l’analisi dettagliata delle componenti dei diversi strati di terreno ha dato un esito simile: carbonio, azoto e fosforo sono risultati essere molto più concentrati nell’area trattata con il caffè, così come i semi più numerosi, e di più varietà.
Tutto ciò dimostra che questo tipo di approccio potrebbe essere molto valido per ripristinare le foreste e avvicinarsi agli obbiettivi degli Accordi di Parigi
Nel caso specifico, la zona è stata ampiamente deforestata fin dagli anni Cinquanta, per far posto proprio alle piantagioni di caffè e per i pascoli per gli animali (nel 2014 le zone boschive si erano ridotte fino al 25% della copertura forestale originaria). In seguito quasi tutte quelle terre sono state abbandonate, perché esauste e non più in grado di assicurare né raccolti né pascoli. Da qui il tentativo, riuscito almeno come dimostrazione, di far tornare la foresta, grazie al concime derivante dagli scarti della lavorazione di colture della stessa zona.
Due anni non sono molti – hanno sottolineato gli autori – e bisognerà far passare più tempo prima di esprimersi in modo netto, anche perché bisognerà verificare la presenza di eventuali effetti negativi e calcolare anche i costi di operazioni di questo tipo. Ma tutto fa pensare che la via sia percorribile e anzi, consigliabile, perché la polpa di caffè accelera tutti i fenomeni naturali che si verificano quando un terreno esausto è abbandonato e si trova in vicinanza di una zona ricca di semi. Riutilizzare la polpa nelle stesse zone dove sono coltivate le piante permetterebbe di abbattere i costi e le emissioni del trasporto e di recuperare aree vitali per gli ecosistemi. Si stima che per ogni milione di sacchi da 60 kg di caffè ci siano 218.400 tonnellate di polpa e mucillagini: in gran parte da riutilizzare per accelerare il ripristino delle foreste nei 60 paesi che coltivano caffè.