MILANO — Il riutilizzo degli scarti del cacao diventa un’attività economica , un progetto ecologico, ma soprattutto un’occasione di emancipazione per le donne. Succede in Costa d’Avorio, massimo produttore mondiale di questo prodotto.
Ad avere l’idea è stata di Solange N’Guessan, un’imprenditrice ha creato un’industria per la trasformazione dei residui di cacao in saponette offrendo un futuro migliore e un’opportunità di riscatto alle donne della sua terra.
La storia è raccontata in questo articolo pubblicato tempo fa sul sito di iO Donna a firma di Emanuela Zuccalà, che vi proponiamo di seguito.
di Emanuela Zuccalà*
Durante le notti insonni nel silenzio umido della foresta, Solange tentava di affrancare dalla nebbia del sogno un pensiero fisso: capovolgere il destino delle donne, le mogli dei coltivatori di cacao.
Ripassava, uno per uno, i volti refrattari al sorriso, invecchiati dall’affanno e dall’invisibilità
Le guardava all’alba spazzare i cortili delle case in terra cruda, prendere il cammino del pozzo, portare il pranzo ai mariti nella piantagione sotto il sole allo zenit, fermandosi con loro a raccogliere le cabosse giallo-viola, i frutti del cacao, fino alle avvisaglie del tramonto.
Le sorprendeva ancora operose la domenica, le teste decorate di treccine e ciocche rosso fuoco, dedite a un’arte tutta femminile: bruciare i gusci di scarto del cacao, miscelare cenere e olio di palma e ricavarne saponette brune.
«Quel sapone era la loro dignità – dice Solange – la pulizia, la femminilità. Il loro no, simbolico ma deciso, alla miseria e al degrado. L’idea giusta era sempre stata lì, sotto i miei occhi. Dovevo solo realizzarla».
Solange N’Guessan avrebbe potuto comodamente vivere altrove, lontano dai villaggi nel sudovest della Costa d’Avorio dove la città più vicina, San Pedro con il grande porto, nella stagione delle piogge diventa un miraggio.
Il ritorno nel paese di origine
Invece, dopo aver studiato management agricolo in varie parti del mondo grazie alla Fondazione Rockefeller che presagiva in lei una futura leader, questa quarantenne creativa e gioviale è tornata nella sua terra che pure – confida – «mi ha indurito il carattere, costringendomi sempre a dimostrare che, come donna, non valgo meno di un uomo».
Oggi dirige l’Unione Cooperative Agricole di San Pedro, 18 gruppi di coltivatori del prezioso oro bruno per cui la Costa d’Avorio primeggia, con il 40% della produzione mondiale.
Un’economia che ingrossa il Pil di quasi l’8% annuo. Ma non migliora la quotidianità dei contadini: il Paese resta 171esimo, su 187, nell’indice di sviluppo umano dell’Onu; con povertà al 59%, aspettativa di vita inferiore a 60 anni, analfabetismo al 47% per gli uomini e al 68% per le donne.
E strascichi di un decennio di guerra civile chiusosi nel 2011 con la vittoria dell’attuale presidente Alassane Ouattara, favorito anche alle prossime elezioni autunnali.
A nominarle la politica, Solange ride: «I coltivatori di cacao sono dimenticati dallo Stato, e le loro donne rappresentano l’ultimo anello della catena sociale. Lavorano con i mariti senza retribuzione, poiché per un uomo conta più la famiglia d’origine che non moglie e figli».
Tutto comincia nel 2011
Così lei, nel 2011, convoca le artigiane del sapone e le persuade a investire il loro talento in un’impresa collettiva che sfoci in autentico commercio. «Un modo perché avessero finalmente un reddito, oltre a un progetto ecologico di riuso degli scarti del cacao». Il business funziona. I mariti guardano le mogli neo-imprenditrici con occhi nuovi, ammirati. E per la prima volta le interpellano nelle faccende della comunità.
Solange non s’accontenta, insegue il salto di qualità: la meccanizzazione del processo, per arrivare a tutte le 5mila donne nelle sue cooperative e allargare il mercato, potenzialmente, all’intera Costa d’Avorio.
«Partecipavo a tanti meeting internazionali sul cacao» racconta. «Quando raccontavo del progetto agli industriali stranieri, loro esclamavano “Bellissimo!” e scomparivano. Il cioccolato piace a tutti, ma pochi approfondiscono la sofferenza che sta dietro a una tavoletta».
L’incontro con Luigi Zaini
Finché due anni fa, in Svizzera, s’imbatte in un imprenditore italiano al quale contagia il suo entusiasmo tenace. E lui decide d’aiutarla. «Stiamo consegnando i primi macchinari» racconta oggi Luigi Zaini, che con la sorella Antonella guida la storica azienda milanese del cioccolato, fondata nel 1913. Sono appena tornati da una visita alle donne di San Pedro. Le supporteranno per 5 anni, fornendo una pressa per fabbricare olio di palma. E un mixer che risparmierà la fatica di rimestare a mano gli ingredienti.
«Così più donne saranno coinvolte – spiega Antonella Zaini – e si passerà da 4mila saponette annue a oltre 300mila; con un guadagno di mille euro l’anno per ogni lavoratrice». Una cifra interessante per i villaggi rurali, considerando che il reddito medio ivoriano non supera i 2.500 euro l’anno.
Nasce il sapone Olgazette, in omaggio a Olga Zaini
Il sapone si chiamerà Olgazette, come omaggio a Olga Zaini che fu a capo dell’azienda a cavallo della Seconda guerra mondiale. E la ricostruì a tempo di record dopo i bombardamenti. Un modello d’imprenditoria femminile che, per Solange, può ispirare anche le sue donne.
«Vorrei che il progetto fosse un paradigma per tutto il mio Paese» riflette. «Non è carità: è un’alleanza tra la gente del cacao e un produttore di cioccolato sensibile alle loro condizioni di vita. Ogni industria straniera che fa affari qui dovrebbe sentire questo dovere».
E quando, tra 5 anni, il suo Olgazette conquisterà il 20% del mercato ivoriano del sapone – Solange ne è convinta -, il successo sarà dedicato a sua madre: «Eravamo una famiglia contadina, lei subì troppe ingiustizie perché donna. Lavorava il doppio per farmi studiare, diceva che ero la sua rivincita, e che da grande avrei difeso le donne più vulnerabili pensando a lei».
I capi villaggio chiedono già di destinare parte dei guadagni futuri a nuovi pozzi d’acqua: per Solange, la gratitudine dell’intera comunità alle sue donne metterà una pietra tombale sull’era in cui il femminile, qua, valeva meno di niente.