MILANO – Il mondo italiano del caffè ha accolto con soddisfazione l’elezione di Cosimo Libardo nel Board della Specialty Coffee Association. A poche ore dall’ufficializzazione della nomina abbiamo voluto raccogliere le impressioni a caldo di Cosimo Libardo e sentire quali sono i suoi propositi, i suoi obiettivi e i suoi programmi per il biennio durante il quale sarà in carica.
Cosimo Libardo, ammministratore delegato della Carimali Holding, e già presidente Scae (Speciality coffee association of Europe) è adesso stato eletto nel Board Sca, senza più la e.
Cosimo Libardo: «La Scae era l’associazione dei caffè speciali d’Europa che aveva come membri sostanzialmente aziende e baristi, che provenivano dal mercato europeo. La Sca è il risultato del merger (fusione) tra l’associazione europea, o Scae, e quella americana la Scaa. Entrambe hanno perso la “a” e la “e” finali, trasformandosi in Sca che ha portata globale.»
Può spiegare a tutti coloro che non la conoscono che cosa è la Sca?
«Oggi Sca conta intorno ai 12 mila membri in tutto il mondo. Consideriamo che sono membri della Sca anche aziende molto grandi com Starbucks, Nespresso e la più piccola Carimali. Poi ci sono i trainer,i consulenti, i piccoli torrefattori e i baristi. Quindi nella membership c’è lo spaccato della filiera del caffè nel mondo. Di solito quella parte che ha nella qualità il driver principale.»
Dopo una presidenza Scae lei è tornato sui suoi passi perché ha deciso di candidarsi?
«In realtà, non torno sui miei passi. Mi spiego: la Sca è un’associazione globale che ha, rispetto a Scae, programmi diversi. Nel campo della sostenibilità, per esempio, che era un obiettivo mai realizzato della Scae. Oltre che su ulteriori attività nell’area di ricerca e nell’analisi sensoriale. Ha superato così quello che erano un po’ i mezzi dell’associazione dei caffè speciali di Europa. Pariamo di un’entità molto più grande, con mezzi e competenze più ampie che provengono anche dall’Europa. Derivanti dalla fusione delle due associazioni, che unendosi, hanno ottenuto un effetto moltiplicatore. Non ritengo però che l’esperienza Scae possa esser equiparata a quella che si crea nel Sca.»
Dopo un lungo lavoro di comunicazione, ora ha conquistato il posto nel Board Sca: com’è stato possibile?
«Devo dire che ci sono varie componenti: ho avuto innanzitutto il sostegno di molte persone che mi hanno aiutato sin dall’inizio in Italia. Parlo di Cristina Caroli, dei Bazzara e di diversi membri Sca Italia. Poi, fortunatamente, in base anche ad esperienze passate in Italia e negli Stati Uniti, e avendo lavorato in molti mercati europei, ho avuto anche un sostegno dalla membership in altri continenti. Questo mi ha permesso di esser eletto.»
Quale sarà l’azione di Cosimo Libardo come membro: ha un programma da seguire?
«Il Board di solito ha un programma condiviso. Chiaramente Sca è organizzata secondo dei capitoli di lavoro che sono degli eventi sull’education, la membership, la parte di finanza. Tutti richiedono competenze specifiche. Sarà il poi Presidente dell’associazione a decidere, dopo aver discusso a livello di Board le strategie. Ma un apporto specifico viene dato una volta che viene assegnato uno di questi contenitori di cui Sca trova nel Board la direzione e che poi cerca di far evolvere al meglio. Il mio programma è quello di contribuire nella parte membership con una serie di idee da sviluppare.»
Pensa che la sua visione sui due mercati, la Cup of Excellence e il C Market di New York, sarà condivisa dagli altri membri del board?
«La Sca è uniformata alla legge della California. Perché oggi la sede centrale è lì. Il problema è che la California ha una legge molto restrittiva per le organizzazioni no profit per quanto riguarda il tema del prezzi, il price fixing. Per cui bisogna fare molta attenzione a parlare di prezzo di per sé. Dobbiamo aggirare l’ostacolo facendo innanzitutto un’analisi del modello dello scambio che c’è dietro il caffè. E mappare quelli che sono i più adottati e la loro efficacia, perché alcuni caffè soffrono dall’applicazione di alcuni di questi.
Il C market funziona per i caffè che sono considerati commerciali, mentre la Cup of Excellence copre la punta della montagna dei caffè considerati tra i migliori al mondo. Tra queste due categorie, ci sono tutti quei caffè che compongono la cupping form, il modulo di assaggio dello Sca che cataloga il caffè tra gli 80 e gli 85 punti nella scala di valutazione. Questi soffrono dall’applicazione di questi due modelli. Perché non sono commerciali, in quanto tanto puliti e ottimi componenti di una miscela, ma non sono neppure abbastanza buoni per essere considerati specialty. Secondo me la Sca dovrà creare dei modelli per far ottenere a questa fascia un giusto prezzo.»
Come creare una connessione emotiva tra i membri della Sca?
«Ritengo che ci sia stato un certo distacco a livello di rapporto fra il Board, che è un elemento più elevato e metafisico rispetto alla realtà viva del mondo del caffè, e gli stessi membri. Questo penso sia legato al fatto che non ci siano così tanti momenti di contatto come c’eran prima. Ritengo anche che Sca in questi anni, sia diventata un’organizzazione che vende certi concept e conoscenze, l’education, il marketing. Diventando quindi un brand molto forte, che si basa su buoni contenuti, ma che ha interrotto un po’ i rapporti emotivi con i propri membri. Bisognerebbe lavorare più sulla creazione di eventi, o di momenti di scambio che possano riproporre l’atmosfera di comunità attorno agli specialty coffee.»
In che modo intende rappresentare l’Italia e l’espresso italiano, ammesso che sia possibile farlo, a livello internazionale?
«Credo che l’espresso italiano sia l’espressione di una cultura e di una storia radicata negli anni. Ho sofferto molto, quando lavoravo per lo sponsor dell’epoca dei campionati mondiali baristi, nel momento in cui è stato eliminato lo standard del cappuccino dal sistema di valutazione del punteggio della gara. Perché è diventato un drink a base di latte, cambiando totalmente il modo di intendere il cappuccino.
Da un certo punto di vista, ciò che è stato espresso al di fuori dell’Italia, ha arricchito il panorama delle possibilità e dei momenti di consumo del caffè. In quanto sta diventando un ingrediente. È chiaro che, nel momento in cui si perde la cultura dell’espresso italiano a scapito di queste formule, c’è un danno. Credo che l’espresso in sé sia un format validissimo: caffè e cappuccino sono le mie bevande preferite. Ma va riproposto sotto un aspetto più qualitativo, cioè di come si può ottenere un drink che quasi andrebbe protetto, così come si sta spingendo per il riconoscimento dell’Unesco.
Non credo che l’espresso associato a bassa qualità e a basso prezzo, sia tutelabile.»
Sembra che anche la Sca si sia inserita nel momento magico delle donne al comando: Christina Meinl da vice presidente è diventata Presidente. Cosa ci dice?
«Christina Meinl è una persona che ho conosciuto quando ero ancora membro del Board Scae. Una donna che, pur gestendo un’azienda importante del caffè, trova il tempo per essere estremamente piacevole, intelligente. Secondo me è la giusta leader di un’associazione che ha bisogno di un bilanciamento tra la presenza femminile e maschile. Penso che anzi, in tutte le aziende in cui ho lavorato, la vera leadership e la profonda analisi viene fuori quando ci sono delle donne forti al comando. Credo che nel futuro sarà sempre più così e ben venga. Per esperienza so che la profondità di analisi che una donna porta in un discorso, assieme alla capacità di trovare soluzioni è maggiore rispetto che per un uomo. Quindi avere delle donne leader, nonché avere una forte presenza femminile nel Board per me è una fonte di ricchezza auspicabile. Sono molto contento di entrare in un Board sotto la sua presidenza.»