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Così Nespresso sviluppa una filiera sostenibile per le proprie capsule

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MILANO — Dai campi in cui viene coltivato in Sud America fino alle modalità con cui le capsule sono riciclate una volta utilizzate. Sono diverse le azioni messe in campo da Nespresso per rendere sostenibile il proprio caffè. Un impegno che rientra in un programma globale chiamato The Positive Cup.

Nato nel 2014 sull’onda lunga di iniziative intraprese già dal 2009, The Positive Cup prevede un investimento di 500 milioni di franchi svizzeri entro il 2020. Denaro investito con l’obiettivo di affiancare alla qualità del prodotto anche la sua sostenibilità.

A coordinare il tutto è Nsab, il Sustainability advisory board della multinazionale svizzera. Un organismo del quale fanno parte, oltre alla dirigenza, anche realtà come Rainforest Alliance, Fairtrade International, TechnoServe, Iucn e Pur Projet. Oltre allo storico testimonial del brand George Clooney.

Tutto inizia nei paesi di origine

Il lavoro inizia nei Paesi di origine del caffè, grazie a un programma lanciato nel 2003 e chiamato Aaa Sustainable Quality. Iniziativa che oggi coinvolge oltre 70mila coltivatori in 12 nazioni. E che grazie all’impegno di 300 agronomi Nespresso consente di gestire in modo sostenibile oltre 300mila ettari di coltivazioni. Non solo: il 73% dei coltivatori coinvolti sono piccoli proprietari.

Tutto questo è reso possibile grazie ad un investimento annuo di 35 milioni di franchi svizzeri. Denaro che viene impiegato innanzitutto per garantire assistenza tecnica ai produttori. Ma anche per riconoscere loro un prezzo più alto per il caffè.

E aumentare i loro ricavi, così che possano essere investiti nell’azienda per migliorarne la produttività. Nel 2016 l’82% del caffè acquistato da Nespresso arrivava dalla filiera che fa capo al programma Aaa Sustainable Quality.

Materiali sostenibili

L’impegno sul fronte della sostenibilità passa anche dalla scelta dei materiali. L’alluminio con il quale sono realizzate la capsule, oltre a garantire la qualità e l’aroma del caffè, è infatti totalmente riciclabile.

Oltretutto attraverso un processo che consuma il 95% in meno dell’energia necessaria per produrlo a partire dalla bauxite. Solo nel 2016, Nespresso ha speso a livello globale 24,6 milioni di franchi svizzeri nella raccolta e nel riciclo delle capsule. In questo modo si raggiunge una capacità di raccolta globale delle capsule esauste pari all’86%. L’obiettivo è quello di arrivare al 100% nel 2016.

Economia circolare

Un procedimento che rientra a pieno nella definizione di economia circolare, ma che in Italia si è scontrato con la burocrazia. La legge italiana considera infatti le capsule un rifiuto urbano indifferenziato, proprio per la presenza del caffè al loro interno. E questo fa sì che possano essere trasportate solo dalle aziende che gestiscono la raccolta dei rifiuti nei quasi 8mila comuni italiani. Con ciascuna delle quali Nespresso avrebbe dovuto quindi avviare una contrattazione per la gestione delle capsule esauste.

Ora, nel 2015 sono state riciclate in Italia oltre 46mila tonnellate di alluminio proveniente da imballaggi, pari al 69,9% di quello immesso sul mercato nello stesso anno. Nello stesso anno, sono state recuperate complessivamente 895mila tonnellate di rottami. Uno sforzo fondamentale per il nostro Paese, dato che la totalità dell’alluminio prodotto in Italia viene dal riciclo di quello usato. Si capisce quindi l’importanza del recupero anche di quello impiegato per produrre le capsule Nespresso.

Dal caffè concime per le risaie pavesi

Per risolvere l’impasse posto dalla burocrazia, Nespresso ha ideato e implementato un progetto di economia circolare che consente di riciclare tanto l’alluminio, quanto il caffè contenuto nelle capsule. Rimettendo nella filiera produttiva il primo e trasformando il secondo in concime per le risaie del pavese. Nelle quali viene coltivato riso che la multinazionale Svizzera acquista e dona al Banco alimentare della Lombardia.

Avviato nel 2011 il progetto, che sarà raccontato sabato 26 maggio al Wired Next Fest, coinvolge Cial (Consorzio imballaggi alluminio), Federambiente e il Consorzio italiano compostatori (Cic). In 61 città italiane sono stati installati 105 punti di raccolta delle capsule. Di questi, 54 si trovano all’interno delle Boutique Nespresso, mentre gli altri 46 sono nelle piattaforme ecologiche, pari a una capacità di riciclo del 70%. In questo modo, dall’avvio dell’iniziativa sono state recuperate 2.487 tonnellate di capsule usate.

Un processo industriale consente di separare l’alluminio, che viene destinato alle fonderie, dal caffè. Quest’ultimo, una volta compostato e trasformato in concime, viene impiegato in una risaia della provincia di Pavia. Dove, dal 2011 ad oggi, sono stati prodotti 1.802 quintali di riso. Cereale che Nespresso ha acquistato per donarlo al Banco alimentare della Lombardia.

Macchine al 95% riciclabili

Non è finita. Gli stabilimenti di produzione in Svizzera usano tecnologie per il risparmio e il recupero dell’energia. Il 95% del peso delle macchine Nespresso è riciclabile. Perfino i ripiani dei tavoli delle Boutique di nuova concezione sono realizzati utilizzando fondi di caffè. Mentre le parti in legno viene ricavato da programmi di riforestazione.

Il risultato di tutte queste iniziative intraprese da Nespresso a livello globale è che nel 2016 la carbon footprint di una tazzina di caffè si è ridotta del 19,4%. Le stime sono realizzate dalla stessa multinazionale in collaborazione con la società di consulenza ambientale Quantis. L’obiettivo è quello di arrivare a -28% entro il 2020, così da rendere il caffé di Nespresso ancora più sostenibile

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