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Così l’Academy milanese di Barry Callebaut forma i sommelier del cacao

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MILANO – L’Academy milanese di Barry Callebaut svolge da oltre due anni un’importante opera di formazione e divulgazione nel campo del cacao e del cioccolato. Gli italiani sanno poco del cibo degli dei, nonostante il cioccolato sia popolare nel nostro paese: i consumi pro capite sono infatti elevati (2 kg all’anno), seppur lontani da quelli di paesi come la Svizzera, l’Austria o la Germania.

Ecco cosa ha scritto dell’Academy il Corriere della Sera, in un articolo di Matteo Muzio, che vi proponiamo di seguito.

La filiera del La filiera del cioccolato non può essere corta. Bisogna andare nei luoghi di produzione, in Africa e in Sudamerica, raccogliere le fave di cacao. E lavorarle fino a produrre il cioccolato vero e proprio. Che può essere fondente o al latte. Se è solo burro di cacao, otteniamo il cioccolato bianco, senza la parte amara. E da un paio di anni è arrivato anche il quarto gusto, realizzato senza bisogno di aromi, il cioccolato Ruby.

Un segreto di Barry Callebaut

La sua produzione è un segreto di Barry Callebaut, colosso franco-belga attivo dal 1996, risultato della fusione di due aziende, entrambe rilevate dalla famiglia elvetica Jacobs, che tuttora possiede il 51% delle azioni. “Barry Callebaut è un business familiare e cerca di agire come tale” spiega Massimo Garavaglia, direttore dell’area Europa, Africa e Medio Oriente dell’azienda “per quello curiamo la produzione fin dalla coltivazione del cacao”. Pur non gestendola direttamente, si rapporta direttamente con i produttori locali, che si trovano nella fascia equatoriale africana al 75%: “quattro delle nostre fabbriche si trovano proprio lì per trasformare direttamente il prodotto grezzo. Ma anche per implementare programmi di welfare”.

Da lì viene portato in Europa per essere trasformato

E da lì viene poi venduto il prodotto finito. L’azienda produce il 25% del cioccolato che viene distribuito a più livelli, dai piccoli artigiani ai ristoratori fino ai biscotti da supermercato. Proprio perché il cioccolato non è tutto uguale, Barry Callebaut ha aperto 22 Academy in giro per il mondo, l’ultima di queste nel 2017 a Milano. Lo scopo è imparare a distinguere i vari tipi di cioccolato, la provenienza delle fave e imparare a distinguerne la consistenza. Si può cominciare dal rumore che fa il cioccolato spezzandosi.

Più lo “snap” si sente in modo secco, più è fondente e vicino al sapore delle fave di cacao

“Sul cioccolato si sa sempre pochissimo, anche se è uno dei cibi che consumiamo di più, in Italia se ne mangiano 2 kg all’anno in media”, spiega Marta Giorgetti, junior chef dell’Academy milanese. Per quello la struttura svolge corsi dedicati ai professionisti come pasticceri, chef e gelatai, a cui è dedicato un corso specifico.Il gelato al cioccolato, come racconta Garavaglia: “è uno dei gusti più venduti, ma raramente viene fatto a partire dalle fave di cacao, preferendo gli aromi. Noi vogliamo che invece si faccia proprio con vero cioccolato”.

Di sicuro è autentico al 100% anche il cioccolato Ruby di Barry Callebaut

Al gusto e alla vista, sembra aromatizzato con un frutto di bosco acidulo come può essere un lampone. Ma invece è solo cacao derivante dalla lavorazione delle fave brasiliane di varietà Lavados, con un colore naturalmente roseo. E il sapore è una via di mezzo tra il cioccolato al latte e quello fondente, ma è qualcosa di nuovo. Senza aromi, e che può rappresentare una novità nel panorama dolciario anche dal punto di vista decorativo. Ma l’Italia c’entra non solo per l’Academy e per il fatto di essere uno degli ultimi paesi ad aver gustato il nuovo cioccolato. Ma anche per tre centri produttivi, l’ultimo dei quali ad essere stato rilevato nel luglio 2017. è lo stabilimento D’Orsogna a San Vito Chietino, in Abruzzo.

Matteo Muzio

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