MILANO – Si fa sempre più strada tra gli italiani il trend salutista che spinge al consumo di infusi e tisane: un mercato in continua espansione ed evoluzione, dove i player rispondono con referenze mirate e innovative alle richieste di consumatori informati e attenti, alla ricerca di prodotti capaci di portare un beneficio funzionale specifico. Una particolare chiave di lettura di questo nuovo fenomeno viene offerta dal sito Osservatorio VeganOK, in un’analisi che vi proponiamo di seguito.
Il mercato di infusi e tisane, in continua espansione con il lancio di nuove referenze, che da qualche tempo hanno surclassato i classici tè in bustina, forti di “benefici” per la salute. Solitamente senza caffeina e teina, eses vantano proprietà benefiche per la salute associate a miscele di frutta, erbe e fiori, che risultano particolarmente gradevoli e ricercate.
Il che rende il consumo di questi prodotti un vero e proprio “rituale” irrinunciabile per una fetta sempre più ampia di consumatori.
E i dati – aggiornati allo scorso anno – parlano chiaro: secondo Iri, il totale complessivo della vendita di infusi e tisane si avvicina al valore di 55 milioni di euro. Perde terreno invece il mercato del tè, anche a causa della mancanza di novità importanti; i grandi marchi del settore, infatti, concentrano energie e investimenti nel settore delle infusioni.
Infusi, tè e tisane in bustina: cosa c’è di (non) vegan?
Parlando di questa tipologia di prodotto è forse difficile pensare agli ingredienti di origine animale che ne possono fare parte: in fondo si parla di fiori, erbe e frutta tra le componenti principali, all’interno di sacchettini monodose.
Eppure, non tutte le referenze sul mercato sono 100% vegetali, sia negli ingredienti che nel pack. Innanzi tutto parliamo di tè: quello verde, quello nero e quello bianco provengono tutti dalla stessa tipologia di pianta, lavorata in maniera differente; se parliamo delle miscele sfuse, siamo di fronte quasi sempre a prodotti 100% vegetali.
Non è raro, però, che alcune miscele di tè in bustina contengano piccole quantità di miele, impiegato come dolcificante.
Ma non è tutto: alcune aziende utilizzano all’interno delle miscele di tè, infusi e tisane il caseinato di sodio – derivato solubile della caseina, quindi di origine animale. Esso è impiegato come stabilizzante ed emulsionante. Attenzione anche alle miscele che contengono “aromi naturali”. Spesso risultano di origine animale (se non diversamente specificato dall’azienda).
Un discorso a parte va fatto per le bustine: non tutte sono uguali per forma e dimensioni, ma anche per i materiali che le compongono
In passato erano realizzate in seta, molto costosa anche se piuttosto resistente. Oggi sono molto poche le aziende che impiegano la fibra di seta per la realizzazione dei filtri di tè e tisane; sostituita da materiali di origine vegetale come il cotone e la canapa.
Diversa è la questione riguardo alla sostenibilità: non mancano i filtri realizzati interamente in plastica (e quindi non biodegradabili né compostabili). Ma anche alcune componenti degli stessi, come le colle e le graffette in metallo impiegate per sigillarli, ne rendono difficile lo smaltimento.
In più, di recente i ricercatori della McGill University di Montreal (Canada) hanno lanciato un allarme. Secondo uno studio effettuato su 4 diversi tipi di tè in bustina, queste ultime – se realizzate in nylon e polietilene tereftalato o Pet – oltre a non essere compostabili, a contatto con l’acqua bollente rilasciano in media 11,6 miliardi di micro e nano-particelle. Non è ancora chiaro se e quanto questo influisca sulla salute dei consumatori, anche perché molto dipende dalle quantità e dalla frequenza di impiego di questa tipologia di prodotti.