PARIGI — Un’altra grande capitale europea scopre lo specialty e la third wave. Stiamo parlando di Parigi, dove la cultura del caffè di qualità è sempre esistita, ma spesso stentava a prendere piede nella ristorazione, nelle brasseries e nei bistrots, come spiega un articolo apparso nel notiziario Host, che vi proponiamo di seguito.
Un aroma di caffè è sceso nelle strade di Parigi. Si sprigiona dalle brûleries, le micro torrefazioni che aprono ovunque nella capitale e che riforniscono centinaia di caffetterie specializzate.
Eppure fino a pochi anni fa nessuno sapeva cos’era un caffè specialty, distingueva arabica da robusta, si chiedeva da dove provenisse il chicco dal quale si ricavava quel liquido un po’ brodoso che servivano serialmente brasseries, bar e ristoranti.
Oggi questi piccoli templi del caffè sono frequentati a tutte le ore del giorno da appassionati che scelgono su eleganti menù il cru più congeniale ai gusti o all’umore e l’estrazione più adatta, chiacchierando con il barista e chiedendo lumi su provenienze e aroma.
Poi, trovata la giusta alchimia, lo acquistano sul posto, quasi sempre in grani come vuole la liturgia del coffee gourmet perché il caffè va consumato fresco, e se ne vanno via contenti, dopo avere sostato un tempo variabile dai minuti alle ore in comodi divanetti o accoglienti banconi, magari con un computer per lavorare o un libro da leggere.
Ma come è nata questa nuova tendenza?
Lo abbiamo chiesto ai diretti interessati. “Da cinque anni aprono caffetterie specialty in tutta la città, molte persone hanno lasciato il lavoro in ufficio per riconvertirsi nel mondo del caffè. Fanno un corso intensivo di una decina di giorni e poi aprono” ci spiega Luca Mocci, maestro barista da 17 anni a Parigi che tiene corsi alla Caféothèque, la prima caffetteria specialty di Parigi nata quasi vent’anni fa.
“Il lavoro del torrefattore è esaltare ciò che rende quel caffè particolare, il profilo, l’origine” aggiunge Antoine Nétien, fondatore insieme a Tom Clark di Coutume, torrefazione con caffetterie a Parigi, Tokyo e Ginevra che rifornisce bar, ristoranti e alberghi della capitale.
“All’inizio non è stato semplice, mi portavano indietro i caffè dicendo che erano troppo caldi o forti. Devi parlare, capire quali chicchi proporre a seconda del gusto personale, spiegare le differenze. Dopo un mese hanno iniziato a ringraziarmi. Per mostrare alla gente un caffè migliore abbiamo fatto corsi, chiamato chef, oggi lavoriamo molto con i ristoranti”.
Un momento magico
Antoine assicura che questo è un momento magico a Parigi per il caffè. “Quando abbiamo iniziato sei anni fa eravamo in quattro, oggi ci sono 170 caffetterie specializzate, e si stanno diffondendo in tutta la Francia.
Il caffè specialty sta esplodendo ovunque, dai negozi di abbigliamento a ristoranti, librerie e retail in genere, specialmente nel lusso. Noi vendiamo praticamente a tutti”.
Qual è il prossimo passo?
“La sostenibilità, il bio e il fair trade: è necessario essere trasparente su ciò che si propone”.
Insomma, a Parigi tutti gli occhi sono puntati sul caffè. E non sembra essere una moda passeggera: il gusto sta evolvendo. Perché – come ci ha detto Nétien – dopo che hai assaggiato un caffè ottimo, non puoi più tornare indietro. E pare che piano piano tutto il mondo se ne stia accorgendo.