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COREA DEL SUD – Piccole catene crescono e sfidano i colossi

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MILANO – Una notizia dalla Corea del Sud. La voglia di caffè dei sudcoreani non accenna a diminuire, ma i gusti del consumatore medio si stanno affinando. Costringendo i big del mercato a mutare le proprie strategie. E aprendo spazi per nuovi competitor emergenti. Così il quotidiano Korea Times in un’analisi recentemente pubblicata, in cui fa il punto sul mercato del caffè nel dinamico paese asiatico.

Corea del Sud: educata dagli anni ’90 alla cultura del caffè

Il boom delle catene di caffetterie ha inizio in Corea del sud nel 1999, con l’arrivo di Starbucks. Da allora la scena si è arricchita di vari di concorrenti stranieri. Come l’italiana Caffè Pascucci o i californiani di The Coffee Bean & Tea Leaf . Ha visto, nel contempo, all’affermarsi di nomi nuovi made in Korea, come Caffè Bene o Angel-in-us Coffee.

Paul Bassett
Paul Bassett, il campione del mondo Baristi Wbc 2003

Nelle nuove catene rivivono i dabang tradizionali

“Negli anni ottanta, i distributori automatici e i prodotti solubili avevano soppiantato i dabang. – dichiara la quotidiano la portavoce di Starbucks Joyce Park. – Starbucks ha il merito di avere fatto rivivere in Corea del sud la tradizione di questi storici locali”.

Nati, in senso moderno, nei primi decenni del novecento, e sopravissuti sino agli anni settanta, i dabang furono i primi caffè/bar ante litteram della Corea. Qui era possibile incontrare gli amici sorseggiando un tè o caffè.

Oggi non c’è palazzo del centro di Seul nel quale non ci sia almeno un coffee shop pieno zeppo di gente intenta a chiacchierare, studiare; vendere polizze assicurative o addirittura schiacciare un pisolino, scrive il Korea Times.

Per anni, le grandi catene hanno attirato i clienti creando ambienti conviviali e proponendo bevande dal gusto standardizzato.

Il presente dei consumi in Corea del sud

Ma ora le cose stanno cambiando. Sempre più coreani vogliono un caffè di alta qualità e personalizzato, ottenuto a partire da chicchi freschi di tostatura.

Un trend che favorisce l’emergere di insegne nuove, ispirate a una filosofia diversa da quella dei grandi marchi.

È il caso di Paul Bassett, una piccola catena di caffetterie. (attualmente conta una ventina di locali: in alto a sinistra la foto di una di queste caffetterie). Nata nel 2009 . Un peso piuma, al cospetto di pesi massimi come Caffè bene (850 locali) o Starbucks (520 caffetterie). Ha dalla sua però la capacità di interpretare al meglio questa tendenza nuova.

La catena è stata creata in sud Corea dal colosso caseario Maeil Dairies. A partire da un concept elaborato dal campione Wbc 2003: l’australiano Paul Bassett, per l’appunto.

Bassett tiene anche corsi e laboratori per addetti ai lavori e appassionati, in cui insegna ad apprezzare l’espresso migliore.

La strategia sta pagando, a giudicare dalle code che si formano all’esterno dei locali.

La parola ai clienti

“Non c’è confronto rispetto alle altre caffetterie– ha dichiarato un cliente intervistato dal quotidiano.– Non voglio spendere più un centesimo per il tipo di caffè che viene servito in quasi tutti gli altri locali”.

Secondo gli analisti, il mercato è entrato in una fase nuova, nella quale le aspettative dei consumatori cresceranno notevolmente.

“Con il miglioramento degli standard di vita cresce la domanda di prodotti premium e il caffè non fa eccezione. – osserva Lee Kyoung-ju di Korea Investment & Securities – Che si parli di esercizi indipendenti o di grandi catene, la qualità sarà sempre più la chiave per il successo”.

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