MILANO – In Corea del sud è ancora boom delle caffetterie, ma non per tutti. I report provenienti dal paese dell’estremo oriente rivelano infatti una realtà – sotto certi versi – contraddittoria, con le grandi insegne in ulteriore ascesa e gli esercizi indipendenti spesso alla canna del gas. Le cronache delle ultime settimane ci dicono, ad esempio, che la Corea del sud è diventata il terzo mercato mondiale di Starbucks, dietro soltanto a Usa e Cina e davanti al Giappone.
Starbucks conta attualmente 40.576 locali in tutto il mondo, di cui 17.049 negli Usa e 7.685 in Cina.
Secondo i dati diffusi dalla catena di Seattle, il numero di locali Starbuck in Corea del sud erano, al 31 dicembre scorso, 2.009: 18 in più rispetto ai 1.991 del paese del sol levante, che ha però una popolazione più che doppia.
Il sorpasso è ancora più significativo se pensiamo che il Giappone è stato il primo paese estero in cui Starbucks ha cominciato la sua espansione al di fuori del nord America.
Il primo locale nipponico aprì i battenti addirittura nel 1996, nel modaiolo distretto della Ginza.
Lo sbarco in Corea del sud è avvenuto tre anni più tardi, nel 1999
La prima caffetteria sorse in prossimità dell’università femminile di Ewha. Starbucks Korea – una joint-venture posseduta per i due terzi dal colosso locale della Gdo Emart (Shinsegae) – ha attuato un’aggressiva politica di espansione, che l’ha portata ad aprire 500 locali negli ultimi 4 anni.
Contenuto riservato agli abbonati.
Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.