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Coop 2016: a tutta Silver Economy, ma con 15 milioni di smartphone

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MILANO – L’Italia di oggi? Una società “liquida” dove comportamenti e consumi sono in continua evoluzione, dove impera la “silver economy”, il potere di acquisto è in mano alle “pantere grigie”, mentre i Millennials sono ormai la “generazione disagio”.

Eppure il nostro è anche un paese più smart, più sano, più green e più pulito. Questa la fotografia che Coop scatta nel suo rapporto 2016, l’indagine annuale con cui il grande gruppo cooperativo racconta i comportamenti e i consumi degli italiani del nostro tempo, documentato con numeri, stime, statistiche, presentati oggi a Milano.

Ritmi da elefante per la ripresa

Quella dell’Italia 2016, non è difficile immaginarlo, è ancora l’immagine di un paese impantanato in una ripresa con ritmi da elefante e che fa fatica a ricominciare.

Il Pil è in crescita appena dello 0,6% (stimato a un +0,9% nel 2017), i consumi si attestano timidamente su un +1,1%, i prezzi sono fermi da tre anni. E difatti la spesa delle famiglie non cresce. Cala quella per alimenti e bevande, per le comunicazioni, per mobili, elettrodomestici, abbigliamento e calzature, crescono solo le spese per alberghi e ristoranti e abitazioni e utenze. Il tasso di risparmio delle famiglie si è ridotto di 3 punti percentuale ed è ancora la casa, un bene essenziale, ad assorbire più di un terzo della spesa delle famiglie.

L’era della Silver Economy

Migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, in questo paese, è privilegio per pochi. L’ascensore sociale è fermo, e il 97% degli italiani ha visto il suo reddito bloccarsi o stabilizzarsi tra il 2004 e il 2014.

Il risultato è un divario tra generazioni sempre maggiore, tanto che l’Italia vive ormai la fase della Silver economy: il potere di acquisto è sempre più nelle mani degli over 65, titolari di diritti che le nuove generazioni perderanno del tutto, “pantere grigie” che godono del privilegio della pensione e di un’abitazione di proprietà, e sono ormai corteggiati dal marketing. La loro ricchezza finanziaria si aggira intorno ai 154.000 euro pro capite contro i poco più di 18.000 degli under 35.

Millennials in crisi

Sono invece loro, i nati tra il 1980 e il 1995 a subire gli effetti peggiori di otto anni di crisi. Il tasso di disoccupazione in questa fascia di età è pari al 37,6%, e 4 su 5 ammettono di sentirsi ai margini della società. I Millennials sono tra i più infelici e scoraggiati di Europa: l’Indice di felicità è al 78% contro l’89% della media europea, e l’81%, pari otto ragazzi su 10, si sente ignorato dai partiti politici.

Un tasso che fa impallidire se si pensa che in Norvegia nutre lo stesso sentimento solo il 32% dei coetanei. Ma lo scetticismo e il disincanto nei confronti della politica e delle istituzioni sono tratti comuni a tutte le generazioni tricolore. Se 40 anni fa gli italiani erano in cima alla classifica degli euro entusiasti gli accadimenti degli ultimi anni– culminati con la Brexit e il fallimento delle politiche sull’immigrazione – li hanno fatti precipitare in fondo alla classifica.

Consapevoli, attenti e green

C’è però anche l’altro lato della medaglia. Il lungo periodo di stagnazione economica ha portato a rivedere i vecchi stili di vita “insostenibili”, e reso gli italiani più consapevoli e responsabili. I cittadini si sono disinnamorati della politica e hanno scoperti altri valori e altre priorità.

Le espressioni che giudicano oggi più importanti sono “ambiente energie rinnovabili”, “internet”, “combattere la disoccupazione”, “sicurezza alimentare”. 
Sempre più attenti alla sostenibilità dei loro comportamenti, più degli altri cittadini europei leggono con attenzione le etichette quando acquistano, sono i primi per raccolta differenziata (è pratica comune per il 56,7% dei residenti al Nord e per il 31% di quelli al Sud) e l’80% considera immorale vestirsi con pelli, pellicce e piume.

Acquistano prodotti ecosostenibili

Comprano prodotti ecosostenibli o biologici, soprattutto per la cura del corpo (64,9% ne ha acquistato uno nell’ultimo anno), o per la casa (40,3%), preferiscono sempre più acquistare di seconda mano, per ragioni economiche, ma anche etiche, (tra gli under 45 lo ha fatto nell’ultimo anno uno su due), e sono tra i cittadini europei che producono meno sprechi alimentari: 164 Kg a testa di rifiuti, di più solo di inglesi e danesi. Anche la mobilità lungo lo Stivale si sta tingendo di verde: le auto ibride hanno visto nel primo semestre del 2016 un’impennata di vendite del 48%, le biciclette elettriche nel 2015 sono state 57.000, e al Nord è boom di bike e car sharing.

Un carrello salutistico…

Prima ancora degli altri oggetti quotidiani è il carrello della spesa a subire gli effetti più evidenti di questo nuovo atteggiamento. Gli italiani mangiano meno, (e difatti sono i più magri d’Europa). Crescono anche i cibi light e si afferma lo stile alimentare “clean”. Un concittadino su tre sceglie, infatti, l’alimento cercando di seguire uno stile di vita sano, il 23% cerca cibi con ingredienti naturali. 
È come se gli italiani avessero diviso l’universo alimentare tra cibi buoni, che aiutano a stare bene e a disintossicarsi, e cattivi.

La carne domina tra “i cattivi”

Tra questi ultimi primeggia la carne (-13% in 6 anni), mentre aumenta la spesa di pesce (+5,2%), frutta (4,3%), frutta secca (+14,8%). Accanto ai “tradizionali” ecco invece il boom dei superfood, spesso alimenti antichi, riscoperti di recenti, a volte provenienti da paesi lontani. Sono ormai di tendenza lo zenzero, la quinoa, la curcuma parole cercate ossessivamente in rete ma anche fonte di un segmento di fatturato in crescita (il giro d’affari dello zenzero anno su anno fa registrare un +141% e la curcuma supera il 93%). E si moltiplicano nei frigo e nelle dispense daikon (+444%) e the verde (+468%). Anche i cibi “senza”, senza lattosio, senza sale, senza glutine, proseguono nella loro inarrestabile crescita (+ 5,7% nel primo semestre 2016), e naturalmente c’è il settore bio, che pure continua a prosperare con aumenti a due cifre (+21% nel primo semestre 216) , e ha assunto ormai le sembianze di un consumo di massa.

… Non si bada più tanto al prezzo

Più che il prodotto a basso prezzo, quando fanno la spesa i consumatori cercano qualità, novità, praticità. Nella dispensa fanno sempre più posto per i cibi etnici (aumentati dell’8% nei primi sei mesi del 2016), piatti pronti (+ 5,9%, le sole zuppe pronte hanno visto un’impennata del 41,9%) e cibi del segmento “luxury”, (+ 4,6%, +19% solo le capsule di caffè espresso). Anche nei prodotti “private label” in vendita presso i grandi distributori, vengono premiate, l’eccellenza, la tipicità, la salubrità. Per citare solo sue dati, a fronte di un crollo dei prodotti primo prezzo (-18,3%), crescono sensibilmente prodotti green (+9%) e fascia Premium (15,2%) .

Le offerte 3×2 attraggono sempre meno

Viene da sé che il supermercato di una volta, quello delle offerte 3X2 e dei prodotti primo prezzo, attrae sempre meno il consumatore moderno. Lo dimostra il fatturato delle grandi insegne, che stenta a ripartire (appena +0,6 % nel primo semestre 2016) che la redditività dei punti vendita specializzati nel largo consumo è 5 volte quella della grande distribuzione tradizionale, che il 6,7% dei negozi ha introdotto elementi innovativi.. “Solo gli specializzati in grado di colpire target individuali di consumatori ottengono soddisfazioni economiche”, si legge nel rapporto Coop.

15 milioni di smartphone venduti in un anno

Se il rapporto degli italiani con i consumi mutato, lo si deve anche all’imposizione delle nuove tecnologie nella vita quotidiana. Sono 15 milioni gli smartphone venduti nell’ultimo anno (+16%), gli italiani sotto i 50 anni lo usano tutti i giorni, il 69% degli utenti lo controlla anche se non riceve notifiche. Il 23%, inoltre, fa pagamenti via smartphone, mentre l’ecommerce, fatto via telefono o pc, costituisce ormai il 3% del commercio al dettaglio.
Anche quelli che hanno da 65 a 74 anni hanno preso dimestichezza con questi mezzi: uno su quattro (il 25,6%), usa i web per mandare email, leggere news e giornali online, avere informazioni prenotare viaggi e fare servizi bancari.

La sharing economy è ormai una realtà quotidiana

La rete e i suoi servizi sono l’autostrada su cui ha viaggiato bel passato recentissimo la sharing economy, che in Italia è ormai una realtà quotidiana (usa le piattaforme il 5% degli italiani, percentuale tra le più alte in Europa). Il web è anche fonte di consumi gratuiti che hanno permesso alle famiglie di risparmiare il 2% della spesa, vale a dire 1.400 euro all’anno per famiglia, per un totale di 20 miliardi di euro. Non è per caso che negli ultimi 3 anni i maggiori quotidiani italiani abbiano perso in media una copia ogni 3, e che le vacanze si facciano per il 37% nelle case vacanze (cercate in rete), e che WhatsApp abbia sostituito gli sms, a danno dei profitti delle compagnie telefoniche.

Le spese per i beni a largo consumo sono ferme

Di conseguenza, alle imprese non resta che adattarsi, e in fretta. “La spesa per i beni di largo consumo resta al palo, le nostre vendite a valore sono stabili, ma la scelta di Coop di investire sulla convenienza ha permesso nel 2015 di aumentare i pezzi venduti”, ha detto Marco Pedroni, presidente di Coop Italia (FOTO sotto).

MARCO-PEDRONI-COOP ITALIA
Marco Pedroni presidente Coop Italia

“La vera sfida però è quella dei nuovi consumatori italiani. I nostri connazionali sono amanti della sperimentazione, cercano nuovi prodotti, amano le novità (più degli europei) – spiega – e noi stiamo innovando sia in termini di prodotto (è in fase di lancio il nuovo Pam, 4.000 referenze interessate e un fatturato di 3 miliardi di euro per un’incidenza pari al 27% a valore e al 33% a quantità), sia come format (dopo aver colto con successo la sfida di Expo, il Supermercato del Futuro diventa realtà a Milano zona Bicocca con un’apertura prevista a fine anno). Intendiamo mantenere la leadership in Italia, confermando l’impegno oneroso nel Sud del nostro Paese e in contesti molto difficili, ma abbiamo mosso i primi passi anche sulle rotte internazionali; oltre 700 prodotti a marchio hanno già raggiunto gli scaffali reali e virtuali del mercato asiatico e degli Emirati Arabi coinvolgendo oltre 200 aziende fornitrici; inoltre una gamma di prodotti Fior Fiore è già reperibile sugli scaffali francesi”.

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