MILANO – La Rivista on line del Consiglio nazionale delle ricerche, riporta una importante notizia per il settore caffè. Si tratta di una invenzione che può essere di interesse per gli importatori di caffè ma anche per baristi e consumatori. Ecco che cosa scrive il sito del Consiglio nazionale delle ricerche: “Il caffè è un piacere, se la miscela è quella giusta. Per verificare se i profumati chicchi appartengono a qualità pregiate, come quella arabica, la sezione di Milano dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Ibba) del Cnr, ha messo a punto un test rapido ed efficace che svela ‘l’ identità del prodotto e aiuta a combattere contraffazioni e frodi. Il kit diagnostico realizzato dagli esperti indaga sul Dna del caffè. “Si prende un chicco e lo si macina”, spiega Diego Breviario del Cnr. “La polvere poi viene immersa per mezz’ ora in una soluzione preparata che estrae e isola il Dna.
Consiglio nazionale delle ricerche: continua la nota
Successivamente si introducono alcuni reagenti e, attraverso una semplice e breve reazione enzimatica, si ottiene l’ amplificazione di poche e specifiche sequenze di Dna che, nella forma di frammenti debitamente separati su di una lastrina gelificata, si rivelano per colorazione. Uno o più di questi frammenti distinguono la varietà, in questo caso l’ arabica. Il risultato è sostanzialmente equivalente a un codice a barre, dove le barre rappresentano specifici frammenti di Dna”.
La risposta del test è leggibile da chiunque, anche dal profano, assicura Breviario. Presentato a un convegno internazionale, questo kit, che avrebbe un bassissimo costo di produzione, è destinato a riscuotere successo soprattutto presso gli agricoltori e le industrie del settore agro alimentare che si confrontano con i mercato globale sempre più a rischio di frodi”.
Un dettaglio fondamentale il testo del Consiglio nazionale delle ricerche non spiega
Il test si basa sulla differenza fondamentale tra Arabica e Robusta: il primo ha 44 cromosomi il secondo 22. E il codice a barre di cui si parla sopra è la rappresentazione dei cromosomi che risulta in un normale test sul dna. Chissà perché i pur geniali inventori del Cnr hanno tenuto per se questo dettaglio fondamentale.
Così adesso, anche quando è in polvere, il caffè non sarà più un mistero per nessuno. Con la prova messa a punto dal Consiglio nazionale delle ricerche non sarà più così. A confermare con rigore scientifico se la miscela è quella per la quale si è pagata magari un prezzo elevato c’è un kit pronto a dire la tutta la verità sugli aromi sprigionati dalla tazzina.
Per verificare se i chicchi appartengono a qualità pregiate, ancora una volta viene tirato in ballo il dna, efficientissimo alleato adottato ormai in larga scala per combattere contraffazioni e frodi nel mondo dell’agroalimentare. L’impresa è sorprendentemente riuscita in Italia e ancora più a sorpresa in un centro di ricerca pubblico che ha realizzato una bella trappola per gli imbroglioni che non mancano mai per difendere gli utilizzatori finali, quindi i baristi e i consumatori.
Il successo di questo metodo sarà formidabile
Basti pensare che ogni giorno in Italia, patria del rito-caffè, vengono fatti 30 milioni di espressi, compresi quelli per i cappuccini per un consumo di oltre 192 tonnellate di prodotto e una spesa sempre al consumo di 21 milioni di euro. Per non parlare poi dei caffè domestici, quelli fatti in casa con moka, napoletane e macchine elettriche le più diverse, il cui volume degli acquisti nel 2004, secondo l’Ismea, ha registrato un aumento del 5,4%.