MILANO – Uno dei problemi che incontrano spesso i neo titolari quando aprono il proprio locale è quello di strutturare un business plan efficace, con tutte le voci di costi calcolate per poter ricavare dei buoni margini. Tra gli elementi da mettere appunto c’è di sicuro il listino e il prezzo adeguato per ciascuna voce che lo compone.
Una vera e propria sfida – lo sappiamo bene in Italia, dove l’euro dell’espresso è praticamente uno sparti acque per molti consumatori e gestori – che però va affrontata nel migliore dei modi. La buona notizia è che basta pianificare tenendo conto di alcuni fattori.
Si può fare insomma. Senza spaventare i clienti – e magari esser persino multati come abbiamo letto non troppo tempo fa qui -.
Listino e prezzo: come orientarsi tra le cifre
Sicuramente bisogna iniziare a fare una stima realistica di tutte le spese correlate alla gestione dell’attività. Parliamo di voci come il costo del cibo, la manodopera, i concorrenti, i profitti e le spese generali.
E allora come fanno i bar di successo a stabilire il loro listino?
Primo step: trovare il margine di profitto
Per studiare un listino equilibrato tra qualità, offerta e prezzi, innanzizutto si deve partire calcolando un margine di profitto minimo per ciò che si vende.
Così ha raccontato Roark Basham del Cafe Moka, una caffetteria con sede a Charlotte, N.C., e Virginia Beach, Va. su Freshcup.com: “Il margine è ciò che serve a pagare tutto ciò che va oltre il costo della merce, compresi l’affitto, la manodopera, l’assicurazione, il marketing e le utenze. Quindi ogni voce del vostro menu deve raggiungere quella soglia o essere superiore”.
Un errore comune di chi si affaccia a questo settore è proprio quello di considerare soltanto le entrate complessive senza però includere i profitti: eppure non sono la stessa cosa.
Ricavi o profitti? Facciamo chiarezza
I ricavi rappresentano le entrate totali di un’azienda registrate attraverso le vendite, mentre i profitti sono ciò che resta dopo aver coperto le spese.
Da qui si deduce che la redditività può determinare il successo di un’azienda o la fa fallire, perché un bar può ottenere ricavi e operare comunque in perdita.
Il margine di profitto è una percentuale che riflette le entrate totali meno i costi operativi dell’attività.
Per calcolare questo valore, si sottraggono le spese dirette dalle entrate nette. Poi si divide il numero ottenuto per le entrate nette e infine si moltiplica per il 100% per calcolare il rapporto che rappresenta la percentuale.
Passiamo alla pratica
Ad esempio, supponiamo che le vendite mensili ammontino a 19.520 euro. Se le spese ammontano a 5.270 euro e il costo del venduto a 5856 euro, il profitto netto è di 8,390 euro. Dividendo la differenza per le vendite (8,390 euro / 19.520 euro = 0,42) e moltiplicandola per 100, si ottiene il 42%. Questo è il vostro margine di profitto.
In parole povere, il margine di profitto consiste nella differenza tra il reddito ottenuto da un prodotto e le spese necessarie per realizzarlo. Registrare margini di profitto positivi è essenziale per la crescita del proprio bar.
E’ consigliabile stabilendo il prezzo di ogni ingrediente delle consumazioni, tenendo conto ache dei costi derivati dalla spedizione e dalla manodopera. In questo modo si può proseguire con la creazione di una formula che possa esser applicata a ogni voce sul listino. Se un caffè con il latte nel bicchiere di vetro costa 1 euro e 95 centesimi, e il margine di profitto è del 42%, il prezzo sarà di 4,54 euro.
Un’altra testimonianza raccolta da freshcup.com è quella di Danny Tippit, co-proprietario del Dry Bones Mud House di Indianapolis. Attraverso la sua esperienza si comprende come il calcolo dei margini di guadagno sia un gioco di equilibri tra le diverse voci di cibo o bevande.
Il gestore ha spiegato che i margini di profitto sono molto più alti per prodotti come una tazza di caffè rispetto a quelli ricavati da un panino per la colazione.
Tippit ha aggiunto anche che: “Tuttavia il caffè è anche una voce di menu piuttosto economica, quindi i locali non possono vivere solo di questo: dobbiamo vendere anche articoli dal prezzo più alto”.
Quando aggiornare i prezzi dei listino?
Non esiste una sola e buona risposta alla domanda: la frequenza con cui il listino di un bar dovrebbe essere modificato oscilla a seconda di vari parametri, ma senza dubbio è un’operazione che va ripetuta periodicamente, per lo meno abbastanza spesso da rimanere competitivi e redditizi.
Ad esempio, rispetto al contesto attuale che globalmente stiamo vivendo, per molte caffetterie, i prezzi dei menù sono dovuti aumentare. A nessuno piace alzare i prezzi, ma si tratta di una decisione inevitabile per compensare il rincaro diffuso su qualsiasi cosa, dalle materie prime alle utenze e i trasporti.
A questo proposito è importante anche controllare lo stato aggiornato delle scorte presenti nel locale, perché può oscillare anche questo a seconda della stagione e dalla posizione del bar stesso. La domanda varia e questo determina anche la rimanenza di prodotti che poi vanno sprecati.
Cosa fare in questi casi? Per valorizzare anche le vecchie scorte, i proprietari potrebbero adottare la formula di un pacchetto che offre diversi articoli messi insieme per incrementare le vendite. Ad esempio, si potrebbe realizzare uno speciale cofanetto che unisca i prodotti meno venduti con altri più popolari a un prezzo unico.
La comunicazione è tutto
Per far capire meglio la logica dietro le cifre che compaiono sul menù al consumatore, il dialogo resta la chiave. Se il mercato obbliga a ritoccare verso l’alto i prezzi, l’importante è saperlo spiegare con trasparenza alla propria clientela, senza così shoccarli con cambi bruschi e apparentemente ingiustificati.
Possiamo quindi concludere con il dire che ci sono due modi per aumentare il margine di profitto: tagliando le spese o aumentando le entrate.
Piuttosto che determinare i prezzi dei listino procedendo al buio, sarà sufficiente capire quanto spendere per il cibo e quanto invece si deve guadagnare per coprire i costi aziendali e generare un profitto.
Alla fine è facile, no?