TRIESTE – A giugno 2017 il quotidiano di Trieste Il Piccolo è andato alla scoperta dei segreti dello scalo portuale di Trieste. Un viaggio a puntate, a cura del giornalista Giovanni Tomasin , per raccontare storie, numeri, aneddoti e personaggi del terminale giuliano.
Al Molo V e Molo VI, per esempio, si lavora senza sosta nel settore Ro-Ro (quello dei traghetti), tra camion targati Turchia e pause per il Ramadan.
I facchini del caffè nel regno della Pacorini Silocaf
C’è poi il terminal del caffè del porto di Trieste, regno della Pacorini Silocaf. Una corazzata mondiale per la logistica e la lavorazione del prodotto, che approda al Golfo in un flusso continuo di navi provenienti da tutta la fascia del mondo compresa tra i Tropici.
Negli anni ’70 e ’80 il mondo del caffè era un bacino per centinaia di lavoratori, molti di loro esterni alla gloriosa compagnia portuale.
I facchini erano tanti
Operavano in una situazione sindacale complicata. Spesso di contrasto tra le aziende e la compagnia. Anche perché questa parte del terminal segue le proprie regole sul lavoro. Queste figure stanno scomparendo. Ma ancora oggi la Pacorini si avvale del lavoro di tre cooperative
La vita tra i moli e i magazzini non è facile. Questa la testimonianza di uno di loro, Sergio Vatta, che ha appena compiuto 59 anni – 35 dei quali spesi in porto.
Seguendo la carriera di Vatta si osservano un po’ tutte le fasi della lavorazione al terminal. Facchino, magazziniere, capo magazziniere, campionatore, laboratorio per il controllo qualità.