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domenica 08 Settembre 2024
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Ecco come cambia il mercato delle materie prime: tendenze nel settore del caffè

Il produttore più pesantemente penalizzato negli ultimi anni dall’andamento climatico è certamente la Colombia. Nel 2008/09 ha subito un calo di raccolto del 30% causato dall’eccesso di precipitazioni. Nel 2009/10 è subentrato un periodo di siccità che ha inibito la ripresa produttiva

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MILANO – I drastici rialzi dei prezzi del caffè intervenuti a partire dalla scorsa primavera sono stati al centro di una riunione a invito svoltasi a fine gennaio all’Hotel Westin Palace di Milano, organizzata dalla sede italiana della Olam, con Corrado Russomando, specialista mondiale della catena di approvvigionamento del caffè.

Torniamo su questo incontro, di cui abbiamo riferito nei numeri del mese scorso, con una sintesi delle considerazioni più significative da esso emerse, sulla base di un report riepilogativo che Olam ci ha fornito in esclusiva.

Dopo alcune considerazioni introduttive relative all’andamento generale delle materie prime, le disamine degli specialisti sono passate a focalizzare l’argomento caffè.

I prezzi del caffè: numeri alla mano

Prima considerazione emersa dalle analisi: il livello bassissimo delle scorte, ai minimi storici quelle dei paesi produttori (vedi anche le dichiarazioni del direttore esecutivo Ico José Sette riportate nel numero di ieri, ndr.), anche per il forte incremento dei consumi interni, specie del Brasile, che si avvia a diventare anche il primo paese consumatore mondiale.

I mercati tradizionali presentano una sostanziale maturità cui fa riscontro la vivacità dei nuovi mercati. Anche gli stock dei paesi importatori si stanno assottigliando complicando ulteriormente l’equazione dell’approvvigionamento globale.

In un simile contesto, il mercato diventa particolarmente vulnerabile ai rischi climatici, in particolare quelli riconducibili all’attuale fenomeno La Niña, che non dovrebbe esaurirsi prima di giugno. La fase negativa dell’Enso (El Niño/La Niña-Southern Oscillation) potrebbe produrre ancora instabilità climatica in Brasile (anomalie nella distribuzione delle precipitazioni) e incidere sulla stagione degli uragani tropicali nei Caraibi e America centrale, regione chiave per quanto riguarda la produzione di arabica di alta qualità.

Il produttore più pesantemente penalizzato negli ultimi anni dall’andamento climatico è certamente la Colombia. Nel 2008/09 ha subito un calo di raccolto del 30% causato dall’eccesso di precipitazioni. Nel 2009/10 è subentrato un periodo di siccità che ha inibito la ripresa produttiva.

Nell’ultima parte del 2010, La Niña ha portato piogge diluviali senza precedenti nella storia recente del paese, che hanno provocato inondazioni, smottamenti e interruzioni delle comunicazioni.

Il raccolto principale

La situazione appare migliorata nelle ultime settimane e la federazione nazionale dei produttori di caffè si è dichiarata un po’ più ottimista per quanto riguarda il possibili esito del raccolto principale. Rimane comunque un forte scetticismo quanto alla possibilità che la Colombia possa tornare in tempi brevi a una produzione media attorno agli 11-12 milioni di sacchi.

In realtà, i forti cali produttivi degli ultimi anni non sono imputabili soltanto al clima, ma anche ai problemi finanziari e strutturali del comparto (minori contributi pubblici, costi in crescita, invecchiamento della popolazione agricola), nonché alla mancanza di misure efficaci di controllo e prevenzione delle avversità (in particolare della ruggine del caffè).

Domanda e offerta

La produzione mondiale di caffè ha registrato un trend di crescita negli ultimi 15 anni, ma in modo non uniforme sul piano geografico. Gli incrementi più sensibili si sono avuti, a partire dagli anni duemila, in Brasile, dove si sono registrati massimi storici sia nelle fasi positive che in quelle negative del ciclo biennale.

Quali i fattori hanno che contribuito maggiormente a una simile ascesa? Innanzitutto la morfologia relativamente pianeggiante delle regioni di produzione, che ha favorito una crescente meccanizzazione, unita all’applicazione intensiva di fertilizzanti e altri prodotti agro-chimici.

Tale evoluzione ha ridotto l’impatto della maggiore onerosità della manodopera consentendo al comparto brasiliano di mantenere una struttura di costo più competitiva rispetto a molti altri paesi produttori.

Il fattore climatico

Nel corso degli anni, il clima è stato perlopiù favorevole: praticamente assente il rischio gelate (anche perché le zone maggiormente esposte sono state da tempo abbandonate, ndr.), mentre il regime delle precipitazioni, anche quando è stato sfavorevole (ritardato inizio della stagione delle piogge, precipitazioni durante il periodo di raccolta, ecc.), non ha avuto un impatto significativo sulle rese.

Grazie a una produzione abbondante a prezzi competitivi, il Brasile ha consolidato la propria leadership diventando determinante per gli equilibri del mercato globale, soprattutto per gli arabica. È andata di pari passa la forte crescita dei consumi interni, che secondo l’Abic potrebbero superare i 20 milioni di sacchi nel 2010, favorita dal miglioramento del tenore di vita.

L’industria brasiliana assorbe volumi sempre maggiori di materia prima e rosicchia all’export quote crescenti anche delle produzioni di migliore qualità. Allo stesso modo in cui il mercato degli arabica è diventato sempre più dipendente dal Brasile, quello dei robusta ha accresciuto la sua dipendenza nei confronti del Vietnam.

Il paese indocinese è emerso dalla metà degli anni novanta assumendo un ruolo dominante a partire dalla prima metà degli anni zero. Come il Brasile, anche il Vietnam ha potuto contare nell’arco di questo periodo su condizioni ambientali favorevoli e su una struttura dei costi particolarmente competitiva.

Fatta eccezione per il 2002/03, anch’esso non ha risentito di andamenti climatici negativi. A differenza del Brasile, però, ha registrato negli ultimi anni una sostanziale stagnazione dei livelli produttivi (ancorché su livelli elevati) e gli investimenti attuali sono rivolti più all’elevamento della qualità o (dove le condizioni pedoclimatiche lo consentono) allo sviluppo degli arabica.

Il mercato del caffè

L’industria vietnamita del caffè si è professionalizzato e poggia oggi su basi solide, che dovrebbero consentirle anche in futuro di continuare a rifornire con regolarità e costanza il mercato mondiale.

Gli altri produttori asiatici di robusta hanno beneficiato inizialmente del traino del Vietnam, ma a partire dal 2001/02 è subentrato un declino che ha caratterizzato quasi tutto il decennio, invertitosi parzialmente soltanto negli ultimi anni (complice la già citata stagnazione produttiva del Vietnam).

La concorrenza del Vietnam si è fatta sentire ancora di più in Africa, dove la produzione di robusta è scesa drasticamente a causa dei disordini in Costa d’Avorio, ma anche dei problemi strutturali e dell’instabilità politica che hanno interessato molti altri paesi mettendo in dubbio la possibilità di una reale ripresa produttiva.

Sostenibilità

I problemi di sostenibilità sono ancora maggiori nei paesi produttori di arabica lavati. I vantaggi competitivi dal Brasile negli arabica e la crescente accettazione dei caffè brasiliani nei paesi consumatori hanno portato a una forte flessione nella produzione di caffè lavati.

Le difficoltà strutturali descritte per quanto riguarda la Colombia sono simili, per molti versi, a quelle già attraversate dagli altri produttori latinoamericani di caffè lavati, in complessivo declino dopo aver raggiunto il loro massimo potenziale produttivo nei tardi anni novanta.

Messico e America centrale, in particolare, hanno risentito del maggior costo del lavoro, della minore disponibilità di manodopera e dell’invecchiamento della popolazione nelle campagne, causato dall’esodo rurale, mentre l’espansione urbana e la pressione antropica hanno ridotto l’estensione delle aree coltivabili.

Le difficoltà di mercato unite, ancora una volta, all’instabilità politica hanno indotto una flessione anche tra i produttori di arabica lavati dell’Africa, la cui produzione è comunque prevista in ripresa quest’anno, principalmente per merito dell’Etiopia.

L’unica area in decisa controtendenza è quella asiatica, dove l’interesse per i caffè arabica si è tradotto in un forte incremento della produzione, principalmente in Indonesia e Vietnam. In conclusione A fronte di una domanda mondiale in crescita e di una produzione stagnante o in declino in molti paesi, il Brasile si è accollato quote crescenti del mercato globale, specie in tempi recenti.

Ciò ha portato a un progressivo assottigliarsi delle scorte dei paesi produttori, ampiamente sotto i livelli di guardia.

Le stime dei consumi interni

Le stime (non sempre agevoli e per forza di cose approssimate) dei consumi interni nei paesi produttori attestano una crescita complessiva nell’ordine dei 10 milioni di sacchi nell’arco del decennio appena trascorso, da poco meno di 25 milioni nel 1999/00 a un po’ più di 35 milioni di sacchi nel 2009/10, pari a una crescita annua del 3-4%.

Il trend potrebbe subire quest’anno un parziale indebolimento per effetto degli aumenti di prezzo. Le stime sui consumi apparenti nei paesi importatori rivelano come trend di fondo una forte crescita della share degli arabica naturali a scapito dei caffè lavati.

È interessante osservare come la quota dei Robusta sia rimasta relativamente costante a fronte della variabilità dei prezzi degli Arabica rispetto a quelli dei Robusta. Clmbn Mild Other Mild Total Mild Natural Arabica Robusta 1999/00 13.0% 30.0% 42.9% 21.2% 35.8% 2000/01 12.7% 27.5% 40.2% 22.3% 37.5% 2001/02 13.4% 25.9% 39.4% 25.3% 35.3% 2002/03 13.4% 22.9% 36.3% 28.1% 35.6% 2003/04 13.1% 24.4% 37.5% 27.7% 34.8% 2004/05 13.3% 23.2% 36.5% 28.9% 34.5% 2005/06 13.5% 25.4% 38.9% 26.7% 34.4% 2006/07 12.8% 22.7% 35.6% 27.2% 37.2% 2007/08 14.3% 24.9% 39.2% 27.2% 33.6% 2008/09 11.8% 25.4% 37.2% 30.4% 32.4% 2009/10 8.6% 25.6% 34.1% 29.8% 36.1% 2010/11 9.5% 24.5% 34.0% 31.8% 34.2%

Affinando le statistiche sui consumi apparenti è possibile giungere alla stima sui consumi effettivi dei paesi consumatori sotto rappresentata. I consumi effettivi sarebbero cresciuti da poco meno di 82 milioni di sacchi nel 1999/00 a poco più di 97 milioni nel 2009/10, pari a un tasso medio di incremento annuo dell’1,75%.

Incentivi e crescita della domanda

Rimane da vedere se tale trend risentirà o meno delle attuali condizioni di mercato. La storia insegna comunque che il caffè è un prodotto a domanda sostanzialmente anelastica, per cui il ritmo di crescita non dovrebbe subire rallentamenti significativi.

In conclusione dipendere esclusivamente dal Brasile per far fronte alla crescita della domanda sarà più difficile (e rischioso) e il mercato dovrà continuare a fornire incentivi agli altri paesi esportatori, affinché intensifichino gli investimenti nella produzione di caffè. A breve, con il Brasile in anno negativo, le scorte rimarranno probabilmente vicine ai minimi storici e appare dunque improbabile che i prezzi possano registrare cali prolungati.

Nel comparto delle comparto delle commodity si riversa un flusso di denaro sempre più consistente: dai 90 miliardi di dollari del 2002, a 230 miliardi nel 2007 sino ai 340 del 2010 (di cui oltre 200 in index fund). Quanto viene investito nel caffè? Il Commitment of Traders report dell’Ice Future US del 4 gennaio 2011 dava i non-commercial long di 34.954 e gli Index traders di 55.023, per un totale di 89.977 lotti da 37.500 libbre, pari a oltre 25 milioni e mezzo di sacchi. Più difficili i calcoli a Londra mancando uno strumento come il Cot.

È stimabile una posizione massima di 70.000 lotti, pari a 700.000 tonnellate. Tra gli indici delle commodity, il S&P Gsci ha guadagnato il 13,5% nel 2009 e perso il 2,6% circa nel 2010.

Il Dow Jones-Ubs Commodity Index è salito del 18,9% nel 2009 e del 4,9% nel 2010. Il Reuters/Jefferies del 23,6% nel 2009 e del 6% nel 2010. Quali le prospettive per il prossimo futuro? Decisamente costruttive.

I temi di investimento

Tra i temi di investimento proposti: la diversificazione dei portafogli tradizionali, l’industrializzazione rampante dei Bric (Brasile, Russia, India, Cina), la ripresa economica globale, la crescita della popolazione, l’urbanizzazione e la crescita del ceto medio, la carenza di terre agricole, i timori inflazionistici e la svalutazione delle valute in termini reali legata alle misure di agevolazione quantitativa. Tutti fattori che inducono a scommettere un andamento bullish per l’assieme delle materie prime.

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