domenica 19 Gennaio 2025

Schultz, si butta in politica: sarà lui l’anti Trump nelle elezioni USA del 2020

Il fondatore di Starbucks, di origine ebraiche, è uno dei più amati d'America, perché ha dato a tutti un posto caldo dove andare a prendere un caffè e connettersi al web. La sua è una storia di successo: l'emblema del "self made man". E la passione per il caffè è scoccata all'Università quando lavorava nei bar per mantenersi agli studi

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MILANO – Come avete letto Howard Schultz (FOTO sopra, Starbucks è già sullo sfondo), che sta alle caffetterie come Steve Jobs sta ai computer e si appresta a lasciare la guida di Starbucks, quella che lui stesso ha reso la più grande catena di caffetterie al mondo con 25.000 negozi in 75 nazioni e 85 miliardi di capitalizzazione di mercato.

Dal 3 aprile 2017 Schultz ha annunciato di volersi ritagliare un ruolo come presidente esecutivo dell’azienda che ha fondato, cedendo il suo incarico di amministratore delegato a Kevin Johnson, dal marzo 2015 presidente e direttore operativo del gruppo nonché membro del consiglio di amministrazione dell’azienda. Quest’ultimo ha un passato in Microsoft e Juniper Network, e ha assisisto sia l’amministrazione di George W. Bush che quella di Barack Obama, come membro della National Security Telecommunication Advisory Committee (commissione per la sicurezza nazionale delle telecomunicazione).

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La riorganizzazione del vertice aziendale ha una doppia valenza: politica e tecnologica. Formalmente Schultz si concentrerà sullo sviluppo di negozi di alta gamma a marchio Starbucks reserve, il nome della linea di caffe premium. Come spiegato da lui stesso l’intento è “aprire almeno 20 roasteries nel mondo, sei soltanto entro la fine del 2019.

Allo stesso tempo si stanno creando le basi dei mille e più negozi Starbucks reserve che apriranno nel mondo negli anni a venire”.

C’è però chi insinua che il top manager stia accarezzando l’idea di scendere in campo in politica, per prepararsi nel 2020 a correre per la presidenza. E Shultz, più di Micheal Bloomberg, gode di un largo consenso popolare perché le sue caffetterie sono note a tutti gli americani, più del terminale finanziario.

Peraltro Shultz, che come altri prima di lui è di origine ebraica, simaptizza per il partito Democratico, e forse proprio la vittoria di Donald Trump – imprenditore prestato al partito Repubblicano – è stata l’ultima molla che l’ha convinto a scendere in campo.

Classe 1953 Schultz ha vissuto un’infanzia povera: nato nelle case popolari di Brooklyn deve cavarsela da solo perché il padre, autista di camion senza assicurazione sanitaria, rimane infortunato e non può provvedere alla famiglia.

Schultz ha fatto diversi lavori tra i quali anche il barista

L’imprenditore entrato alla Northern Michigan University grazie a una borsa di studio conquistata per meriti sportivi, decide in un secondo momento di non giocare a football per mantenersi all’università, ma di sottoscrivere un prestito d’onore e, per vivere, fa diversi lavori fra cui quello di barista.

Di lì la passione per le caffetterie: ne fonda una di ispirazione itliana chiamata “il Giornale”, che poi nel 1987 rileva Starbucks, la stessa insegna che nel 2017 sbarcherà in Italia a Milano, per la prima volta nella sua storia.

Sara Bennewitz

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