MILANO – Rinnovare fino al 90% degli arbusti entro il 2016 e portare le superfici coltivate a oltre un milione di ettari, con l’ambizione di raggiungere una produzione di 18 milioni di sacchi. È l’obiettivo delineato dal direttore esecutivo della federazione nazionale dei produttori di caffè della Colombia (Fedecafé) Luis Genaro Muñoz Ortega.
Fedecafé puntava a portare la produzione ad almeno 16-17 milioni di sacchi già entro i primi anni di questo decennio
Così prevedeva infatti l’originario piano di rinnovo, messo a punto a metà anni duemila, rivelatosi però insufficiente e inadeguato. Tanto che la federazione si è ritrovata costretta a ridefinire in corsa strategie e obiettivi, dovendo fare i conti oltretutto con le anomalie climatiche e con il proliferare della roya, sempre più aggressiva anche in fasce di altitudine considerate un tempo sicure.
Per quest’anno, Fedecafé spera di riportare la produzione ad almeno 10 milioni di sacchi riducendo il divario rispetto alle medie storiche del decennio trascorso
Ma rimane prudente nelle stime, visto che, negli ultimi anni, le previsioni di inizio stagione sono state puntualmente smentite dalla dura realtà dei dati a consuntivo. A inizio 2012, ad esempio, i produttori colombiani avevano previsto, per l’anno solare, una produzione compresa tra i 9 e i 10 milioni di sacchi. La stima è stata poi rivista per due volte al ribasso nei mesi successivi.
E alla fine il raccolto è stato di soli 7,7 milioni di sacchi
Quindi addirittura inferiore a quello del 2011 (7,8 milioni). Per trovare dati peggiori bisogna risalire nel tempo addirittura alla metà degli anni settanta. E il dato sarebbe stato ancora peggiore se l’anno non fosse terminato su una nota positiva. Con la produzione di dicembre a oltre 900 mila sacchi, in forte ripresa (+23%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
I risultati sono stati negativi anche sul fronte dell’export
Che ha subito un calo sull’anno del 7%, per un totale di appena 7,2 milioni di sacchi. Il punto Nel 2012, la Colombia ha continuato a investire massicciamente nel rinnovo delle piantagioni, con arbusti più produttivi e resistenti alla ruggine del caffè.
Secondo un comunicato diramato ieri dalla federazione, gli interventi hanno interessato l’anno passato 117.236 ettari. Quindi rinnovati per il 94% con cultivar “di ultima generazione”. A prova quindi di Hemileia vastatrix e maggiormente adattabili ai rigori climatici.
La strategia di riconversione adottata da Fedecafé
Ha consentito di ridimensionare fortemente l’impatto della roya, che sta invece proliferando in America centrale. Grazie al rinnovo – si legge ancora nel comunicato – l’incidenza della ruggine del caffè è passata da una media nazionale del 33%, nel novembre 2010. A meno del 5% alla fine dell’anno appena concluso.
Tanto che molti paesi – ha dichiarato Muñoz – nell’affrontare questa malattia crittogamica stanno studiando le strategie di difesa integrata adottate dalla Colombia.
Negli ultimi due anni
L’ettaraggio rinnovato è ammontato a 234 mila ettari. Lo sforzo finanziario compiuto l’anno passato è stato ancora più rilevante. A fronte della caduta dei corsi internazionali del caffè e del calo della produzione. Che hanno ridotto di quasi un terzo il valore del raccolto, passato da 5 miliardi di dollari del 2011 a 3,4 del 2012.
Considerando i costi sostenuti, l’investimento nel rinnovo delle colture sostenuto l’anno passato è stato pari al 23% del valore del raccolto. Contro il 15% di 2 anni fa.
Le superfici coltivate a caffè
Sono pari attualmente a 930 mila ettari, di cui oltre la metà (54%) rinnovati con varietà resistenti alla roya. Contro appena il 30% nel 2008. Nonostante le perduranti difficoltà economiche è in programma per quest’anno il rinnovo di ulteriori 100 mila ettari.
Evitata la tragedia “Se non avessimo rinnovato le colture a questi ritmi avremmo rischiato una tragedia nazionale. – ha dichiarato Muñoz – Circa il 70% delle piantagioni erano vulnerabili agli inverni rigidi e praticamente per 3 anni abbiamo avuto problemi climatici legati al fenomeno della Niña. Oltretutto, l’età media delle piante era diventata elevata”.
“Da questo momento in poi contiamo di crescere in termini di produzione e produttività. Se il mercato ce lo consentirà espanderemo le superfici coltivate a oltre un milione di ettari. In modo da riuscire a produrre sino a 18 milioni di sacchi all’anno”.
Effetto cambio L’effetto della caduta dei prezzi è stato amplificato dalla forte rivalutazione registrata dalla moneta colombiana.
La conseguenza è stata un calo di quasi il 38% del prezzo interno medio pagato ai produttori
Passato da 886.500 a 550.000 pesos (circa 232 euro) per carga (125 kg). La situazione così ha indotto il governo a stanziare, a fine novembre, 44 milioni di dollari. A copertura di un programma di sostegno ai coltivatori, che prevede il pagamento di un sussidio di 60.000 pesos per carga.
Il settore del caffè è stato tra quelli maggiormente penalizzati dalla forza della moneta nazionale; che si è rivalutata di oltre il 9% nel corso del 2012 nonostante gli interventi della banca centrale e del governo.