MILANO – Introdurre la coltura dei robusta in Colombia. L’idea – già avanzata in passato e fieramente osteggiata dai cafeteros – è tornata a fare capolino, la scorsa settimana, durante la 79a edizione del Congresso Nazionale dei produttori di caffè, il tradizionale appuntamento annuale organizzato da Fedecafé.
A suggerirla, l’attuale presidente colombiano Juan Manuel Santos. Uno che di caffè se ne intende avendo iniziato la sua carriera politica come capo della delegazione colombiana all’Ico di Londra.
La proposta?
Coltivare la Coffea Robusta negli altipiani dell’Altillanura Colombiana (cliccare sulla cartina per ingrandire), nella regione dell’Orinoco, nell’estremità orientale del paese, a centinaia di chilometri dall’Eje Cafetero.
Un’area arretrata, tuttora insicura a causa della presenza delle Farc e di altre formazioni paramilitari, ma dal potenziale agricolo notevolissimo.
Un recente report di Usda la definisce “la nuova frontiera agricola della Colombia”.
Circa 4,5 milioni di ettari (secondo Usda) sarebbero sin d’ora utilizzabili a fini agricoli, senza bisogno di deforestazione.
Ma i progetti pubblici e privati sono stati sin qui frustrati, oltre che dai problemi di ordine pubblico, dall’insufficienza delle infrastrutture (a cominciare dalle comunicazioni) e dalla rigidità delle leggi speciali applicate in queste aree, dove persino il trasporto di combustibili e input agricoli è subordinato all’approvazione delle forze armate.
Nel caso specifico del caffè robusta, la morfologia del territorio consentirebbe una razionalizzazione spinta della coltura e la raccolta meccanizzata, con un forte abbattimento dei costi, in particolare di quelli per la manodopera.
Immediata la levata di scudi da parte dei delegati presenti all’assise, che hanno fatto sentire sonoramente il loro dissenso, mentre veniva esposta.
In particolare quando Juan José Echavarría – direttore della Commissione di studio per la competitività della caffeicoltura colombiana – ha difeso l’idea affermando che la coltura dei robusta consentirebbe l’accesso a un nuovo segmento di mercato, creerebbe posti di lavoro e aumenterebbe i flussi di valuta pregiata.
Echavarría ha precisato immediatamente che quella avanzata è una semplice ipotesi, che prenderebbe corpo soltanto qualora i robusta colombiani dimostrassero di avere un mercato all’estero.
“Siamo contro i robusta: richiedono poca manodopera, sono venduti a prezzi bassissimi sui mercati internazionali e non darebbero lustro alla qualità del caffè colombiano” ha dichiarato alla stampa Marcelo Salazar, che rappresenta i produttori della provincia di Caldas.
Un’affermazione che rispecchia le posizioni della stragrande maggioranza dei cafeteros.
A detta dei produttori colombiani, coltivare robusta nell’Altillanura porterebbe forse qualche vantaggio alla popolazione locale, ma rischierebbe di arrecare un grave danno all’immagine dell’etichetta Café de Colombia.
Lo ha ribadito anche il primo vice presidente del Congresso Carlos Llantén, secondo il quale “il modo migliore per migliorare la qualità delle vita della gente è quello di vendere caffè di qualità a un prezzo maggiore e non quello di vendere caffè più scadenti a un prezzo più basso”.
Un assist ai produttori contro il progetto di introdurre i robusta in Orinoquía è giunto dallo stesso direttore esecutivo dell’Ico Robério Oliveira Silva, ospite d’onore del Congresso.
“La Colombia si è costruita nel tempo un’immagine di produttore di arabica di alta qualità – ha dichiarato Silva durante il suo intervento – e personalmente sconsiglierei una mossa simile”.
La difesa della qualità è stata peraltro il mantra del Congresso.
I cafeteros hanno riaffermato la determinazione, anche in tempi di prezzi molto bassi, a mantenere e accrescere gli elevati standard del loro caffè e i differenziali che essi sono in grado di conseguire sui mercati internazionali.
In chiusura dell’evento, il ministro dell’economia Mauricio Cárdenas Santamaría ha confermato anche per il 2014 gli aiuti diretti dello stato ai produttori e ha annunciato un investimento di 2.500 miliardi di pesos (oltre 950 milioni di euro) per il rinnovo e il potenziamento delle reti stradali nelle aree rurali.