giovedì 19 Dicembre 2024
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Cold brew: lo studio sensoriale che spiega perché risulta più dolce rispetto ad un’estrazione a caldo

La Coffee Science Foundation insieme a SCA, il sostegno di Toddy, LLC e in collaborazione con l'UC Davis Coffee Center, per circa tre anni hanno guidato il team di scienziati che ha studiato tutto ciò che riguarda il cold brew, dal colore alla sensorialità, dalla chimica alle dinamiche di estrazione

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MILANO – Il cold brew, ovvero il caffè estratto a freddo, sta conoscendo una discreta diffusione tra i coffee shop: basta pensare che soltanto negli Stati Uniti, rappresenta circa il 10% di tutte le vendite di caffè. Spesso risulta più dolce o meno acido rispetto alla classica bevanda calda: ma perché? Ed è effettivamente così?

Prima bisogna fare una premessa importante, per cercare di inquadrare meglio la seguente discussione, fornendo la definizione esatta di cold brew

Questo perché spesso, soprattutto in Italia, il caffè freddo può essere confuso con il cold brew. Tuttavia, quando la bevanda viene preparata a caldo rapidamente come accade con l’espresso, e in seguito viene riposta in frigo o viene diluita con il ghiaccio per raffreddarla, non si può parlare di cold brew.

Questo è viceversa un metodo a immersione totale che prevede la macerazione dei fondi di caffè in acqua refrigerata o a temperatura ambiente per un massimo di 24 ore in modo da estrarre a sufficienza i composti solubili nella bevanda.

Il confronto tra queste due tazze spesso si basa sul fatto che le diverse temperature di infusione cambiano necessariamente le dinamiche di estrazione e potenzialmente alterano l’intensità del risultato finale, e allo stesso tempo possono influenzarne la percezione del gusto al palato.

Per cercare di comprendere scientificamente come la temperatura di estrazione influenzi le qualità sensoriali e chimiche del caffè per immersione, riportiamo i risultati di un’indagine pubblicata sul giornale Foods, il cui autore principale è Mackenzie Batali.

La Coffee Science Foundation insieme a SCA, il sostegno di Toddy, LLC e in collaborazione con l’UC Davis Coffee Center, per circa tre anni hanno guidato il team di scienziati che ha studiato tutto ciò che riguarda il cold brew, dal colore alla sensorialità, dalla chimica alle dinamiche di estrazione.

Si tratta di uno dei primi lavori ad accesso libero messo a disposizione nella rete MDPI, dal titolo “Sensory analysis of full immersion coffee: cold brew is more floral, and less bitter, sour, and rubbery than hot brew”, che si è servita dell’analisi sensoriale descrittiva per quantificare sistematicamente le differenze tra il caffè preparato a caldo e a freddo in full immersion.

Si è preso come riferimento un intervallo limitato di temperature, tra 87 e 93 °C.

Un’analisi che rappresenta un po’ la prima pietra in campo scientifico con focus sulle caratteristiche sensoriali del cold brew rispetto al caffè preparato a caldo

La ricerca ha utilizzato un disegno fattoriale 3 × 3 × 3, prendendo come riferimento dei caffè di tre origini diverse – tre campioni di Coffea arabica: El Salvador Cerro Las Ranas Honey varietals Bourbon, Pacamara, Sarchimor, Pacas, Catuai, and Caturra (ELS), un Etiopia Guji Washed organic of indigenous heirloom varietals (ETH), e un Sumatra Fair-Trade Organic Takengon varietals Catimor, Tim Tim, and Abyssinia (SUM) – che corrispondevano ciascuno a differenti metodi di post-raccolta (lavato, honey e decorticato a umido), a tre livelli diversi di tostatura (chiaro, medio e scuro) e infine preparato a tre temperature diverse (4 °C, 22 °C e 92 °C).

Tutti i caffè sono stati infusi in maniera equilibrata (il TDS non aumentava più), poi diluiti al 2% esatto di solidi totali disciolti (TDS) e infine serviti alla stessa temperatura di 4 °C.

Risultati

Per quanto riguarda la temperatura di infusione, lo studio ha stabilito che quattro attributi sensoriali cambiavano significativamente indipendentemente dalla tostatura o dall’origine.

Tre attributi erano più intensi all’aumentare della temperatura di infusione – sapore di gomma, amaro e acido – e quello floreale, aumentava in corrispondenza di una gradazione più bassa.

La ricerca ha dimostrato che, a parità di TDS e di temperatura di consumo, quella di infusione che rientra nel range da fredda a calda ha un impatto significativo sulle proprietà sensoriali del caffè. I risultati presentati confermano la convinzione generale che l’infuso freddo sia meno aspro, ma non necessariamente meno acido, almeno dal punto di vista chimico.

Anche i diversi livelli di tostatura e origini hanno mostrato cambiamenti nelle caratteristiche sensoriali collegati alla temperatura, indicando che, a seconda delle preferenze individuali o dei consumatori, l’infusione a freddo o a caldo potrebbe prestarsi meglio a diversi tipi di caffè.

Infine le differenze tra l’erogazione a temperatura ambiente (22 °C) e quella di frigorifero (4 °C) sono state di gran lunga inferiori rispetto a quelle emerse tra le prime due e l’estrazione a caldo (92 °C).

A questo link, la ricerca completa in inglese.

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