MILANO – Il 2022 è iniziato e si è concretizzata la minaccia con cui si era chiuso l’anno precedente: l’aumento dei prezzi. Dal carrello della spesa alle bollette, tutto ha cominciato la sua proiezione verso l’alto, compreso ovviamente il caffè e la colazione al bar. Il rincaro è destinato a restare se non ad aumentare, tenendo d’occhio l’oscillazione della Borsa sulle materie prima come Arabica e Robusta, e le difficoltà – e quindi i costi lievitati – nei trasporti.
Qualcuno addirittura per evitare il problema dei container, è tornato indietro a metodi più tradizionali, seppur difettosi, come Olam, di cui abbiamo parlato qui. Di che numeri si parla all’incirca? Federconsumatori ha stimato una percentuale attorno al 48%, con un passaggio da una media di due ero e quaranta a una di tre euro e quaranta per la colazione al bar. E non è stata l’unica organizzazione che si è esposta con le proprie considerazioni e stime. Cerchiamo di interpretare la situazione dalle varie dichiarazioni e analisi.
Colazione al bar, una spesa che sale
Energia elettrica, gas, prodotti: ogni cosa è interessata dal cambiamento di prezzi e spaventa i consumatori. L’altra faccia della medaglia, che abbiamo descritto su queste pagine attraverso la testimonianza di professionisti del settore (da baristi a trainer, a imprenditori e torrefattori) è che oltre ad un rialzo dei costi si dovrebbe assistere anche ad un innalzamento della qualità di bevande servite e di servizio: qualcosa che da tempo sembrava necessaria per le caffetterie e la ristorazione e che però tardava ad avvenire. Ma potrebbe anche non essere così perché gli aumenti della materia prima e del resto si mangeranno tutti i margini di miglioramento. Vedremo.
Ora che latte, zucchero, cacao e uova sono aumentati del 40% -sempre secondo Federconsumatori– e il caffè nei supermercati ha segnato nel 2021 un +20% e promette di ripetersi per il 2022, questa svolta è obbligatoria.
E se il pane, la pasta, prevedono un rincaro del 38% e il petrolio minaccia di raggiungere 140 dollari per barile, sembra chiaro come la tazzina d’espresso non possa più esser proposta sul menù ad un euro.
Le ragioni adesso sono di fronte a tutti, sebbene esista un ulteriore discorso da fare che riguarda la sostenibilità sociale ed economica della filiera per tutti i suoi attori, proprio a partire dalle condizioni dei coltivatori che certo non sono favorite da un costo così basso dall’altra parte della supply chain. Ma questa è una storia che andrà approfondita con il tempo, attraverso l’azione di diffusione e sensibilizzazione culturale attorno a questa bevanda.
Per il momento, non resta che adeguarsi ad un contesto in trasformazione, per fenomeni visibili a tutti di questi tempi.
Sulla colazione al bar, arrivano i dati anche di altri organi e federazioni
Su ansa.it a confermare i rincari dei prezzi anche l’Istat, che a dicembre ha registrato per il comparto bar un incremento medio dei listini del +2,8%, sia le stesse associazioni di categoria, con la Fipe che ha dichiarato che il 76% dei gestori di bar avrebbe aggiornato i propri listini tra la fine del 2021 e la prima parte del 2022.
Alla base degli aumenti che stanno interessando caffè, cappuccino e cornetti troviamo sia il caro-bollette, con i rincari record di luce e gas scattati lo scorso 1 gennaio, sia il forte rialzo delle materie prime, con le quotazioni del caffè cresciute del +81% nel 2021, quelle del latte del +60%, quelle di zucchero e cacao del +30% – analizza Assoutenti -.
Maggiori costi in capo agli esercenti che, inevitabilmente, vengono scaricati sui consumatori finali, e stanno dando vita al fenomeno del “caro-colazione” in tutta Italia.
“Ogni giorno 5,5 milioni di italiani fanno colazione al bar dislocati sul territorio, un appuntamento irrinunciabile che sia un caffè veloce al banco o una brioche consumata seduti al tavolo – spiega il presidente di Assoutenti Furio Truzzi – Una abitudine che, purtroppo, sta diventando sempre più costosa: il caffè espresso passa in molti bar da 1 euro a 1,10 euro (con un aumento del +10%); il prezzo del cappuccino che nel 2021 era mediamente di circa 1,40 euro, oggi è stato portato in molti esercizi a 1,50 euro (+7,1%). Non si salvano nemmeno i dolci, con cornetti, brioches e lievitati che registrano aumenti del +20%, e prezzi che salgono da 1 euro a 1,20 euro”.
Una testimonianza imprenditoriale
Così come ha affermato in un’intervista Alberto Balocco, presidente dell’omonima industria dolciaria, la catena produttiva sta mutando profondamente: «Noi trasformiamo le cosiddette soft commodity agricole e abbiamo già attraversato dei momenti in cui ci sono state tensioni su fattori di costo a causa di una siccità o di un brutto raccolto. Ma adesso l’impazzimento è generale.
Si parla tanto della pasta, che però è fatta di due soli ingredienti, la semola e l’acqua, noi invece di prodotti ne trasformiamo più di uno: la farina, il latte e tutti i suoi derivati come la panna ed il burro, e poi uova, zucchero e gli olii vegetali».
E ancora: «La farina costa circa il 40% in più dell’anno passato, l’olio vegetale è su del 30%. Il burro a sua volta ha toccato dei livelli pazzeschi, basta guardare le quotazioni dei futures e vedere che cresce del 50%. Il cioccolato, anche a causa del rincaro del burro, è salito del 20%, mentre lo zucchero è quello che in questo momento dà meno fastidio perché cresciuto solo del 10-15%».