Il marchio Coca-Cola e la sua famosa bevanda compiono centotrent’anni. Ben oltre un secolo di vita, nel quale l’oggetto e il suo significato hanno influenzato ogni angolo di terra,dettando mode e meccanismi capitalistici destinati a cambiare per sempre le economie e la comunicazione massificata.
La bevanda, ideata l’8 Maggio del 1886 dal farmacista statunitense John Stith Pemberton, nasceva per commercializzare un prodotto che miscelava noci di cola e foglie di coca, rendendola protagonista di un prodigioso passaggio attraverso una società in continuo mutamento, in un secolo che ha prodotto più di quanto abbia consumato, in termini artistici e sociali.
Il simulacro del 900, che ha abbattuto il muro delle differenze di classe ispirando movimenti culturali ed artistici, è diventato il simbolo della comune, in simbiosi con movimenti post moderni e neo dada, di una società dove è l’oggetto ad ispirare l’arte e non viceversa; in questo contesto storico, la Pop Art ne recepisce a pieno l’aspetto comunicativo, seriale e propagandistico, rendendo arte una produzione concettuale, vicina al capitalismo post industriale.
Non a caso i più importanti esponenti dell’arte popolare, Andy Warhol su tutti, l’hanno assurta ad iconica immagine delle loro opere principali e rappresentative; la serialità di Warhol, concetto di democrazia sociale applicata all’arte, trovava nell’involucro della Coca Cola il più espressivo momento di propaganda comunicativa in rappresentanza delle esigenze visive e commerciali del nuovo movimento culturale (FOTO).
La produzione in successione, rimarcava un concetto di appartenenza, in virtù del quale, l’operaio e il capitalista, il personaggio famoso e l’uomo comune potessero avere facile approccio allo stesso prodotto, unico ed accessibile a tutti.
Non solo Warhol, ma in tempi non sospetti anche Norman Rockewell, uno tra i più importanti illustratori americani,aveva intuito le grandi potenzialità artistiche del marchio Coca Cola, nelle sue opere di rappresentazione della vita quotidiana e dei bisogni ormai primi della società moderna, espressione di un boom economico figlio della nuova rinascita.
Anche il cinema, così come la pittura, ha individuato un momento di forte impatto narrativo attraverso il marchio Coca Cola, immortalandolo in scene topiche e simboliche, più impressionanti del tecnicismo di un movimento di macchina o di un montaggio alternato.
Nel capolavoro fantascientifico “Blade Runner”, il regista britannico Ridley Scott inquadra un cartellone enorme con il marchio rosso ben visibile che vive,fonde e si confonde con uno scenario futuro e fantasioso; una società possibile, nella quale la comunicazione e il marchio “Coca Cola” trovano visibilità eterna, a celebrare un momento di continuità spazio temporale credibile e convincente.
Ancora un legame forte e simbolico del connubio Coca Cola-Arte cinematografica, è presente in uno dei momenti espressivi tra i più suggestivi del film indipendente tedesco “Good bye Lenin!”, opera fantasiosa sulla caduta del muro di Berlino e la successiva nascita della Germania unita attraverso la mescolanza dell’est comunista con l’ovest capitalista.
“Coca Cola”Il protagonista dell’opera, Alex, cerca di nascondere alla mamma Christiane, una comunista ortodossa entrata in coma a poche settimane dalla caduta del muro, l’ingresso della cultura occidentale nell’est del paese. Una delle scene simbolo incalza quando Christiane osserva dall’ospedale un grattacielo dove cala un enorme cartello pubblicitario della Coca Cola; il simbolo del consumismo, del libero commercio senza frontiere è tutto in quel logo dal colore rosso acceso, che ha insieme i connotati della social democrazia e del più sfrenato capitalismo.
Un ennesimo rimando artistico alla pittura lo si trova nell’opera “Poetry of America” (1943) del pittore spagnolo Salvador Dalì; il seme della Pop Art, prima di Richard Hamilton e Robert Rauschenberg, è tutto in quest’opera di trasfigurazione del reale attraverso il surrealismo socio-economico; su un impianto pittorico ibrido, tra visioni ispaniche e nozioni californiane figlie dell’esilio americano dell’artista, una bottiglia di Coca Cola va lentamente e prepotentemente liquefacendosi.
Un ultimo riferimento, nostrano e musicale, possiamo attribuirlo al cantautore emiliano Vasco Rossi, icona della modernità comunicativa e musicale; il suo brano “Bollicine”, oltre ad un celato ed inevitabile rimando all’assunzione di droghe, celebra la bevanda regina del nostro tempo tra metafore, pubblicitari passaggi radiofonici e pillole di vita quotidiana: “…Coca Cola, per l’uomo che non deve chiedere mai!…”.
Raffeale Patti