ROMA – La questione del green pass obbligatorio anche per i lavoratori nei pubblici esercizi è un’altra criticità servita sul piatto degli esercenti, già messi a dura prova in questi due ultimi anni pandemici. C’è chi si rifiuta ancora di vaccinarsi, c’è chi solleva questioni di rispetto della privacy: insomma, il quadro della situazione attuale non è semplice. Claudio Pica, presidente Fiepet Confesercenti, ha provato a commentare e analizzare il contesto in cui stanno lavorando gli imprenditori di Roma. Leggiamo l’articolo di Lilli Garrone su roma.corriere.it.
Pica sulla diffusione del green pass nell’horeca
«Abbiamo ancora un 12% del personale che non ha il green pass. Qualche problema esiste»: così Claudio Pica, il presidente della Fiepet Confesercenti Roma di fronte all’obbligo per cuochi, baristi e camerieri di essere da domani al lavoro muniti del certificato verde. «Diciamo che è una percentuale fra il 3 ed il 4% – aggiunge – e se qualcuno si presenta non in regola lo sospenderemo e prenderemo un sostituto, augurandoci che i nostri dipendenti poi si facciano tutti, se possono, il vaccino oppure il tampone».
«Faremo sicuramente i controlli all’ingresso come prevede la legge – ribadisce il presidente della Fipe Confcommercio, Sergio Paolantoni – ma per lo più tutti i nostri dipendenti sono favorevoli e questa regola, che nei bar e nei ristoranti è già stata in qualche modo assorbita con il fatto che i clienti all’interno devono essere in regola. Esamineremo ogni giorno il 20% dei dipendenti, e continueremo a farlo visto che per la privacy non possiamo conservare la scadenza del green pass».
Ed è proprio questo aspetto della privacy che non va giù a molti titolari di bar e ristoranti:
«Dei nostri dipendenti sappiamo tutto e conserviamo anche i certificati medici», racconta Claudio Pica, «quindi ho già i loro dati sensibili. Non capisco quindi la privacy sul “green pass”: se noi possiamo conservare la sua scadenza non aggraviamo ulteriormente le incombenze delle nostre aziende».
Sulla sua stessa linea è anche il presidente della Confartigianato, Andrea Rotondo: «Non potendo conoscere la validità del documento, il datore di lavoro deve procedere ad un controllo giornaliero con un conseguente aumento dei costi. E non si è pensato alla specificità di alcuni settori come le imprese edili: spesso i dipendenti lavorano in cantieri lontani dalla sede dell’azienda».
Per il segretario della Cna, Stefano Di Niola, «c’è qualche resistenza, ma le sostituzioni dovrebbero poter andare a regime». Ma imprenditori e titolari di bar e ristoranti sono assolutamente d’accordo sul lasciapassare: «In questo momento va bene – dice Sergio Paolantoni -. Speriamo di recuperare il 30-40% di incassi che è la parte che mancava». E Claudio Pica azzarda: «Speriamo di tornare agli introiti del 2019: con il ritorno degli impiegati in presenza, calcoliamo circa 35 milioni in più di incassi».