Il gusto personale all’interno del mercato
di Mauro Cipolla
Il mio intento non è quello di non apprezzare le valutazioni oggettive bensì di riflettere sul gusto personale, e di difendere questa nuova rivoluzione (novità in Italia, ma datata in altri Paesi) dei caffè eccelsi, affinché si riescano a raggiungere più persone possibili e, di conseguenza, espandere il mercato.
Per fare ciò devo mettere in discussione non solo molti standard nei quali da sempre credo, ma anche i parametri delle scienze sensoriali, della ricerca matematica e chimica in merito ai parametri del gusto.
Senza la pretesa di essere rivoluzionario, devo prendere atto di cosa potrebbe essere migliorato nel sistema, senza cadere nella cortigianeria né prendendo posizione per meri interessi.
Da questo presupposto nasce il mio credo, secondo il quale, se il gusto è cosa diversa dal sapore, allora gli standard devono essere flessibili e a misura d’uomo.”
La rivalutazione del gusto personale
“La qualità, oggettivamente intesa come tale seguendo determinate categorie, non ha lo stesso gusto e lo stesso sapore per noi tutti, e non solo per via di variabili legate alle differenze culturali, ma anche per biologia. Nel mondo del caffè, le guide, gli articoli, i giudizi, i testimonial e simili che emettono giudizi preconfezionati e universali per noi tutti, non sono di certo una novità.
Abbiamo visto da sempre queste stesse figure anche nel panorama del vino e della cucina. Si trovano associazioni che tentano di decidere per tutti cosa sono i concetti di qualità, dei sapori, del gusto e dell’esperienza sensoriale nella loro complessa totalità.”
La formazione
“La tendenza di queste associazioni che tendono ad “appiattire tutto e tutti”, come se le persone fossero uguali tra loro, mi ricorda in parte quanto viene fatto dalle grandi industrie con la globalizzazione, nel voler creare un gusto unidimensionale e privo di sfumature.
Fermo restando che le guide e i punteggi sono solo un’opinione limitata e spesso anche limitante, non di rado retribuite o di parte ai fini commerciali, rimangono comunque fondamentali:
1. La formazione dei sensi e del palato
2. La sensibilità all’ascolto a ciò che si percepisce durante e dopo l’assaggio. Oltre alla conoscenza dei moduli, delle ruote del caffè nei grafici con i colori e le descrizioni, della dialettica comunicativa, degli schemi, della consapevolezza studiata, dell’essere analitici, vi è quindi, a mio modesto avviso, il rispetto delle sacrosante differenze umane basate sul gusto personale.
L’impossibilità della conformità, laddove l’oggettivo è plasmato dal culto, sta nel fatto che inizialmente i nostri diversi percettori olfattivi non sono in grado di scomporre le singole molecole degli odori.”
I ricettori olfattivi
“Al contrario da quanto pensato, infatti, in un primo momento i nostri recettori olfattivi creano degli schemi in cui incasellare una serie di odori, i quali costruiscono in genere un modello che nell’insieme è vissuto come diverso e specifico: quindi vi è in noi, ad esempio, una categoria che richiama i profumi del vino o del caffè e così via.
Da questo punto di partenza generico degli odori e sapori così universalmente assorbiti, si può certamente poi lavorare, dialogare, formare, pensare: insomma c’è spazio per andare oltre, e quindi questo è solamente un inizio. Nel tempo si può ripetere più volte, creare maggiore consapevolezza; si può lavorare sulla “ruota del caffè”, ma non si può cambiare il modello biologico delle persone che contribuisce a determinare il gusto personale.
Per non essere frainteso, ribadisco in modo fermo l’importanza della formazione e della ruota del caffè, che personalmente utilizzo sin dal 1995. Certo è che se si fa un patto di fede con una cultura o con un business che si basano sul rendere il consumatore consapevole (guadagnando su formazione, libri, video, guide, ecc.) tentando di fargli percepire in modo oggettivo gli odori, sarebbe un bellissimo esercizio teorico e accademico, a patto che però si limiti solo questo.”
Oggettività intrinseche
“Ma di fatto ciò non accade spesso, anzi, il più delle volte queste iniziative si canalizzano in un progetto marcatamente economico e in null’altro.
Questa operazione economica, atta a registrare un following e a far credere in modo assoluto che quell’odore specifico debba essere percepito in modo molto simile da noi tutti, deve forzatamente far allineare realtà e variabili che per loro stessa natura solitamente esistono diversamente in ognuno di noi.
Credo fermamente che le oggettività intrinseche del caffè siano giustamente percepite diversamente e dunque in modo soggettivo dal nostro cervello e dalle nostre esperienze in quanto singoli. Anche le neuroscienze indicano che la nostra percezione è una versione modificata ad hoc dal nostro cervello della realtà.
Se andiamo oltre ai sapori universalmente riconosciuti (dolce, salato, acido, amaro) troviamo a mio avviso la ragione per la quale la piacevolezza dell’esperienza o il suo contrario, fino al rifiuto, non vive nei sapori ma al contrario nel gusto, il quale è definito anche da ulteriori elementi come gli stimoli culturali, tattili, biochimici, termici e dalle diverse sensazioni olfattive ed esperienze personali.”
Giudici del gusto
“Il gusto è gusto, il piacere è piacere. Si può tentare di rendere più consapevoli le persone ed affinare le sensazioni del singolo individuo avvalendosi anche di un linguaggio comune.
Questo può essere di grande aiuto nell’esercizio per affinare le sensibilità, ma non si può imporre e dunque non ci si può neppure erigere a giudici assoluti del gusto. Affermare per esempio che gli chef e i cuochi e la ristorazione tutta non si intende di caffè, è dire che non si è capito che ognuno di noi è diverso.
Evviva la differenza umana e la libertà dai meccanismi creati dall’uomo, i quali troppo spesso assecondano ben poco le tanto necessarie quanto inevitabili differenze umane. Happy Lifestyle”