di Franco Zantonelli*
Portarsi il cioccolato all’equatore, senza il timore che si sciolga. È la sfida di Barry Callebaut, il principale fabbricante di uno dei prodotti svizzeri per eccellenza.
Il quale è riuscito a produrre un cioccolato in grado di resistere a temperature fino a 38 gradi, senza liquefarsi.
L’obbiettivo è quello di imporsi sui mercati di paesi particolarmente caldi, in America Latina, Asia, Medio Oriente e Africa. Una sfida che, peraltro, era già stata lanciata in passato, ma senza successo.
A quanto pare si era riusciti a realizzare un cioccolato resistente al calore, ma sacrificandone parte del sapore. L’operazione si era, di conseguenza, risolta in un flop.
Adesso Barry Callebaut assicura che il problema è stato risolto. E, ai produttori svizzeri di cioccolato, si apre un mercato potenzialmente in crescita di addirittura il 50 per cento, entro il 2019, con un fatturato che dovrebbe toccare i 48 miliardi di dollari.
In Europa, per contro, l’aumento delle vendite non supererebbe il 15 per cento, anche se la cifra d’affari è tre volte più importante.
Valeva, insomma, la pena insistere sul cioccolato non fondente, se non in condizioni di grande calura. E, oltretutto, dal gusto in tutto e per tutto simile a quello in vendita nei climi più temperati.
Non per intenderci, “dal sapore di patata bollita”, com’erano le barrette, in dotazione all’esercito americano, impiegato nel Pacifico, durante la Seconda Guerra Mondiale.
Fatto sta che, oltre a Barry Callebaut, si sta cimentando nella produzione di cioccolato per climi caldi anche Nestlé. Il quale si è posto l’obbiettivo di arrivare a 40 gradi senza che il cioccolato si sciolga.