MILANO – La Cina come il Giappone e la Corea del sud. Il paese del tè si sta convertendo al caffè e la portata di questa rivoluzione culturale è ormai visibile, a occhio nudo, anche nelle statistiche. Va premesso che i consumi rimangono bassissimi e che l’infuso di Camellia sinensis rimane, di gran lunga, la bevanda preferita nel paese del dragone.
Ma anche un dato pro capite risibile, in un paese con una popolazione di oltre 1,4 miliardi di abitanti, porta a cifre aggregate di tutto rispetto, ormai significative anche su scala globale.
Una riprova arriva dalle statistiche Cecafé sull’export brasiliano del 2023. Le esportazioni verso la Cina sono passate infatti da poco meno di 400 mila sacchi, nel 2022, a quasi un milione e mezzo nel 2023, con un incremento di oltre il 270%.
E intanto, l’associazione degli esportatori brasiliani ha in progetto importanti collaborazioni con Luckin Coffee, la catena di caffetterie cinese ormai prossima a tagliare il traguardo degli 11 mila locali, di cui oltre 5 mila aperti soltanto l’anno scorso.
Ma quanto caffè bevono i cinesi? Secondo le statistiche Ico, i consumi in Cina sono cresciuti del 15%, nell’annata caffearia 2022/23, superando i 3 milioni di sacchi
Un dato sempre molto basso, se rapportato alla popolazione, ma già sufficiente per trasformare in un mercato significativo, anche in termini di volumi, quello che era, sino a non molti anni fa, un puntino minuscolo sulla carta geografica del caffè.
Anche sul piano produttivo, la Cina è ormai un’origine importante. Nello Yunnan, provincia dalla quale proviene il 95% della produzione cinese, le coltivazioni di caffè raggiungono un totale di 84.600 ettari, per un raccolto che ha superato, l’anno scorso, le 114 mila tonnellate o 1,9 milioni di sacchi.
Ed è un segno dei tempi, rimanendo sempre nello Yunnan, che la città di Pu’er, tradizionalmente famosa per il tè (il suo paesaggio culturale delle antiche foreste di tè è diventato da poco patrimonio dell’Unesco), sia oggi anche la capitale del caffè della Cina.
Tanto da costituire la sede ideale per l’International Coffee Expo, manifestazione vetrina del caffè cinese, la cui più recente edizione ha visto la partecipazione, dal 5 al 7 gennaio, di oltre 200 espositori della filiera, soprattutto locali.
In mostra il meglio della produzione cinese: grandi aziende, ma pure produttori più piccoli, alcuni dei quali tostano in proprio il caffè e propongono anche pacchetti agrituristici, che riscuotono un crescente successo.
Merito delle autorità locali, che hanno lavorato per inserire e integrare la filiera del caffè nell’offerta turistica dello Yunnan, con itinerari a tema, visite in piantagione, corsi sul cupping e sulla preparazione della bevanda.
La fiera ha dediato ampio spazio alla tecnologia e alle applicazioni dell’ormai onnipresente intelligenza artificiale
A cominciare dai robot baristi progettati da China Mobile, che servivano il caffè ai visitatori.
Grazie alle connessioni 5G e all’IoT, questi dispositivi intelligenti sono in grado di valutare autonomamente tutti i parametri della preparazione del caffè, dalla macinatura all’estrazione, alla pulizia della machina sfruttando le competenze acquisite e sviluppate attraverso l’intelligenza artificiale.
Secondo China Mobile, queste macchine sono in grado di servire un caffè che non ha nulla da invidiare a quello preparato dai migliori baristi in carne e ossa. Un’affermazione che ha fatto e farà discutere.
Va detto, comunque, che molte delle nuove tecnologie esposte alla manifestazione stanno recitando un ruolo fondamentale nell’elevare gli standard della filiera caffeicola dello Yunnan.
L’introduzione di macchinari e tecniche all’avanguardia ha razionalizzato, in particolare, la lavorazione post raccolta migliorandone la qualità e la sostenibilità ecologica. E favorendo lo sviluppo di produzioni di alta qualità e specialty, sempre più apprezzate dall’industria.