MILANO – Sempre magmatico, il mercato delle caffetterie in Cina. E la battaglia si fa sempre più serrata, con gli storici competitor internazionali, a cominciare da Starbucks, incalzati dalla concorrenza nazionale, competitiva sul fronte dei prezzi e attenta a intercettare i gusti mutevoli dei consumatori. C’è posto per tutti, nella nazione più popolosa della terra, visti anche i consumi pro capite tuttora minimali. Ma non per chiunque.
E, soprattutto, non c’è spazio per l’improvvisazione. Quello delle caffetterie è infatti un grosso business, che muove capitali ingenti, entrato da tempo nel mirino dei grandi player finanziari.
Qualche esempio? L’iconica catena canadese Tim Hortons, il cui master franchisee locale è TH International Limited Cina (Tims China), entità coofondata da Tim Hortons Restaurants International e Cartesian Capital, società di private equity quotata al Nasdaq.
Tims China ha aperto il suo primo locale in Cina nel 2019. A inizio 2023, ne contava oltre 600. L’ambizione è di arrivare a 2.750 entro il 2026.
Ma c’è anche Manner Coffee, nata nel 2015 a Shanghai, con il sostegno di Today Capital, uno dei massimi venture capitalist cinesi.
Lavazza ha stretto invece una partnership con Yum China, colosso della ristorazione veloce, con sede a Shanghai, ma quotato al NYSE di New York. Obiettivo: un migliaio di locali operanti entro il 2025.
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