Sull’inserto economia de La Repubblica è uscito questo articolo sul Gruppo Cimbali: ve lo proponiamo
di Gloria Riva*
BINASCO (Milano) – Entrando in un bar, la prima cosa che Maurizio Cimbali osserva è la macchina del caffè e se non è una delle sue un po’ si indispettisce. Ha le sue buone ragioni il presidente del gruppo Cimbali perché la sua azienda è la numero uno al mondo.
Niente potrà dissuaderlo dal pensare che il buon caffè è solo quello che esce dalle 43 mila macchine che i suoi 650 dipendenti progettano, producono e vendono ogni anno. Sono come le Ferrari delle macchine per caffè. E il paragone è tutt’altro che casuale, perché le macchine del caffè sono ricche di tecnologia, innovazione e stile, al pari di una supercar.
Cimbali possiede 50 brevetti mondiali, realizzati da un team di 60 ingegneri che, collaborando con il Politecnico di Milano e le Università di Bergamo e Stoccarda, ogni giorno pensano a nuove soluzioni.
Ad esempio, le macchine di ultima generazione possiedono un macina caffè dotato di wireless bluetooth per rendere perfetta la profumata polvere nera, a seconda del grado di umidità, temperatura e pressione.
Grazie alle nuove tecnologie le macchine risparmiano il 20% di energia. Di recente, è stato inventato uno speciale sistema di controllo che impedisce ai metalli pesanti di finire nella tazzina, nel rispetto di una norma che entrerà in vigore nel 2017. L’azienda investe in R&S il 6% del fatturato, che quest’anno sarà di 145 milioni di euro, in crescita del 5% rispetto al 2013.
Una storia sempre in crescita quella del gruppo, diventato più grande anche grazie all’acquisizione dei marchi Faema, Casadio ed Hemerson, comprati attraverso capitale proprio.
Il presidente ricorda un unico momento di criticità: «Risale al 1995, conseguenza dell’acquisizione di Faema, un marchio di eccellenza che abbiamo rilanciato e che adesso sta dando profitto. Era stato rovinato da scelte finanziarie avventate e dalla quotazione in Borsa. Quell’esperienza mi ha fatto capire che è meglio stare alla larga da Piazza Affari».
Questo non significa però che la gestione sia rimasta completamente familiare: «I manager sono tutti esterni alla famiglia e sono eccellenti. Ma io e i miei due figli, Federico e Fabrizia, siamo sempre qui a garantire continuità, armonia e sicurezza a tutti i nostri dipendenti», spiega Maurizio Cimbali.
L’intera produzione viene realizzata in Italia, i pezzi più complessi sono creati negli stabilimenti lombardi mentre il 95% della componentistica proviene da un collaudato gruppo di fornitori lombardi cresciuti attorno all’azienda.
«Non solo ci preoccupiamo di realizzare macchine belle e performanti ma continuiamo a prenderci cura di loro – racconta Cimbali – Infatti il postvendita è il nostro fiore all’occhiello. Abbiamo 700 distributori e filiali in Italia, Gran Bretagna, Germania, Spagna, Portogallo, Stati Uniti e Cina».
In Asia l’azienda è presente da oltre 20 anni con una rete distributiva e una filiale commerciale a Hong Kong. Inoltre due settimane fa la società ha aperto una nuova struttura a Shanghai. Uno show room e un training centre per insegnare ai futuri baristi cinesi l’arte del caffè: «In Oriente l’espresso italiano è uno status symbol. Il mercato cinese vale oggi il 7% del nostro giro d’affari e ci attendiamo volumi in rapida crescita nei prossimi due anni», prevede il presidente. Il 20% della produzione è commercializzato in Italia, che è ancora il primo mercato, il 50% va in Europa, il rimanente 30% nel resto del mondo. Il mercato delle macchine per caffè ha un valore globale di 900 milioni di euro e vi operano 50 produttori.
Cimbali controlla un quarto del mercato mondiale e ha intenzione di crescere ulteriormente: «Già oggi un terzo dei dipendenti lavorano all’estero per promuovere le nostre macchine nel mondo e a breve assumeremo altri 35 giovani laureati in ingegneria e marketing per rendere l’azienda ancora più competitiva », racconta Cimbali.
E nonostante la finanza aziendale sia più che in forma, con un ebitda a 24,8 milioni, il nuovo direttore generale Franco Panno, ha deciso di spingere sul pedale della produttività: «Già oggi il nostro staff collabora con un team di esperti giapponesi, rinomati per essere maniacalmente attenti ai dettagli e all’altissima qualità. E, dalle linee di produzione agli uffici, ci stiamo convertendo al metodo kaizen, quello del miglioramento continuo divenuto famoso perché applicato dalla Toyota», racconta il direttore.
Al fianco della più spinta innovazione, ci sta la passione per la tradizione, confermata dal grande museo MuMac, inaugurato due anni fa per festeggiare i cento anni della società. Si trova a Binasco, accanto alla fabbrica, ed è unico nel suo genere perché contiene una collezione di cento macchine da caffè che hanno fatto la storia della caffetteria italiana.
C’è un pezzo di design premiato col compasso d’oro e realizzato dai designer Achille e Pier Giacomo Castiglioni, reperti storici dei primi del Novecento e del periodo liberty, macchine uniche come quelle del periodo fascista. Maurizio Cimbali visto da Massimo Jatosti Sopra, il MuMac, il museo delle macchine da caffè inaugurato nel 2012