NAPOLI – Siete nervosi, stressati dal lavoro o dallo studio, e anche un pò depressi? Non c’è bisogno di ricorrere a farmaci o iniziare sedute dallo psicologo, basta solo introdurre i cibi giusti nella dieta quotidiana. Sono loro il carburante della felicità.
Sì perché una sana e corretta alimentazione non solo aiuta a prevenire le malattie ma è anche in grado di combattere lo stress quotidiano.
Ma quali sono questi cibi giusti?
Di sicuro non sono i cosiddetti “generi di conforto”, come i dolci, gli hamburger o le patatine: spesso, infatti, il senso di colpa per aver ingerito questi alimenti, può superare di gran lunga il piacere di averlo fatto facendoci sentire ancora più stressati.
Nell’elenco non rientrano neanche l’alcool e la caffeina: l’effetto antiansia del primo, infatti, è solo momentaneo; mentre la seconda, se assunta in quantità eccessive, ci rende ancora più irritabili inibendo i livelli di serotonina.
I cibi giusti devono essere ricchi di vitamine del gruppo B, Omega 3, acido folico e triptofano, sostanze nutrienti che aiutano a tenere sotto controllo lo stress e il cattivo umore.
La dott.ssa Giuseppina Bentivoglio, biologa e nutrizionista, ci ha spiegato quanto l’alimentazione possa influire sull’umore e quali sono i cibi “giusti” che aiutano a ridurre lo stress quotidiano.
Lo stress può indebolire l’organismo? In che modo?
“Prima di rispondere a questa domanda aprirei una parentesi per definire il concetto scientifico di stress. Gli studi del fisiologo austriaco Hans Selve, figura cardine dello studio su questo tema, hanno evidenziato che diversi agenti stressanti (stressors) provocano la stessa reazione biologica, “aspecifica e globale”, dell’organismo, definita “Sindrome Generale di Adattamento”; si tratta, dunque, di una reazione adattiva e fisiologica aspecifica a qualunque pressione esercitata sull’organismo da una vasta ed eterogenea gamma di stimoli (attività fisica, esposizione a caldo o freddo, sollecitazioni emotive, disagi psicologici e sociali). Detto questo, sono due i sistemi fisiologici che si attivano per gestire lo stress: l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e il sistema simpatico. Attraverso una complessa rete di interazioni ormonali che coinvolgono principalmente cortisolo, aldosterone, adrenalina e noradrenalina, l’organismo si adatta alla situazione da fronteggiare, inducendo una serie di cambiamenti comportamentali, biochimici e fisiologici: aumenta il battito cardiaco e la frequenza respiratoria per fornire più sangue, ossigeno e nutrienti (glucosio) soprattutto al cervello ed ai muscoli; il fegato produce e immette nel circolo sanguino più glucosio, che rappresenta l’energia pronta da utilizzare per le nostre cellule; a livello vascolare si verifica vasocostrizione ed aumento della pressione arteriosa, nonché una leggera coagulazione del sangue. Di contro, tutti quei sistemi e processi che non sono necessari nell’immediato alla sopravvivenza, come quello digestivo, immunitario e riproduttivo, vengono rallentati. A questo punto è facile intuire che una situazione di stress troppo intensa o prolungata nel tempo impedisce il ripristino dell’equilibrio fisiologico determinando l’esaurimento delle risorse dell’organismo. E’stato infatti scientificamente dimostrato che lo stress cronico, oltre a portare a disturbi psicologici come ansia e depressione, problemi del sonno e dell’appetito, e sensazioni di stanchezza o irritabilità, può indurre anche disturbi fisici come ulcere, ipertensione arteriosa, malattie cardiache e danneggiare il sistema immunitario, diminuendo la capacità dell’ individuo di combattere batteri e virus infettivi”.
È vero che lo stress può fare ingrassare?
“Lo stress determina un peggioramento generale della composizione corporea in quanto gli ormoni coinvolti agiscono riducendo le riserve energetiche dell’organismo, aumentando la ritenzione idrica, catabolizzando la muscolatura scheletrica e determinando squilibri dell’omeostasi glicemica. Alti livelli di cortisolo ed adrenalina determinano una situazione di iperglicemia costante che l’organismo tende a compensare rilasciando elevati livelli di insulina che, a loro volta, tendono ad accumulare il glucosio in eccesso sotto forma di trigliceridi nel tessuto adiposo”.
Ci sono alcuni cibi che sono in grado di proteggerci dagli effetti dello stress quotidiano? Può farci un elenco dei principali. In che modo questi alimenti agiscono sull’organismo? Cosa contengono per combattere lo stress?
“Innanzitutto è buona norma acquisire le corrette abitudini alimentari, che sono sempre più sottovalutate: dalla colazione alla cena, spuntini inclusi, è importante rispettare il più possibile gli orari dei pasti, mangiare piano e seduti, fare bocconi piccoli e masticare bene nonché prestare attenzione ed attribuire il giusto valore a quello che si ingerisce. Seguendo poche e semplici regole quotidiane si avverte già maggior soddisfazione e benessere. Riguardo ai cibi è importante non contribuire a peggiorare il metabolismo glicemico ma cercare di ristabilire e mantenere equilibrati i livelli di glucosio nel sangue; a tal proposito è opportuno fare pasti piccoli più o meno frequenti, evitare prodotti raffinati, dolci e bevande zuccherate, preferendo alimenti a basso indice glicemico come cereali integrali, verdura, ortaggi e frutta ad elevato contenuto di fibra. Voglio specificare che anche digiunare peggiora la situazione perché la conseguente ipoglicemia determina stress e rilascio di cortisolo, quindi accumulo di adipe; questo vale soprattutto quando si salta la colazione del mattino, momento in cui i livelli di cortisolo sono già fisiologicamente alti. Inoltre è importante assumere alimenti ricchi di antiossidanti, vitamine e minerali da frutta e verdura di stagione e acidi grassi insaturi, soprattutto Omega-3, è fondamentale per gestire i processi infiammatori e i radicali liberi che si formano all’interno del nostro organismo e che possono aumentare i livelli degli ormoni dello stress. Infine, bere una quantità adeguata di acqua, in base alle esigenze individuali, equamente distribuita nell’arco dell’intera giornata, contribuisce al corretto svolgimento delle reazioni chimiche nelle cellule, ad eliminare le tossine e ridurre gli accumuli edematosi, a mantenere pressione sanguigna e temperatura corporea equilibrate”.
Il caffè è un cibo ansiogeno?
“Considerato che il caffè, a Napoli più che in ogni altro posto, è un momento di aggregazione e convivialità lo definirei tutt’altro che ansiogeno. La trimetilxantina, che è una molecola che si trova nel caffè e in molti altri alimenti naturali come tè, cacao e guaranà, ha un’azione di stimolazione indiretta del sistema simpatico, quindi aumenta il rilascio di catecolamine e cortisolo. Questo vuol dire che nelle giuste dosi aumenta i livelli di attenzione, la resistenza al sonno e alla fatica; inoltre ha una blanda azione digestiva in quanto stimola la produzione di succhi gastrici (per questo va evitata l’assunzione a stomaco vuoto). Per giusta dose si intende comunemente 2-3 caffè al giorno ma in realtà la concentrazione dipende da molti fattori, come il metodo di preparazione e la qualità della materia prima. Superate le dosi consigliate si può avvertire nervosismo, irritabilità, agitazione, insonnia, mal di testa e palpitazioni cardiache”.
Quali sono gli altri cibi ansiogeni?
“Non esistono cibi ansiogeni; l’ansia è un atteggiamento di incertezza e preoccupazione sulla verificabilità di un evento futuro. Le molecole contenute negli alimenti possono agire con vari meccanismi sui sistemi dell’organismo, alleviando o meno un determinato stato emotivo”.
Le diete dimagranti vissute male posso essere fonte di stress?
“Sì. Io cerco sempre di far capire ai pazienti che il mio ruolo è quello di guidarli nel percorso di educazione alimentare, fornendo di volta in volta le nozioni necessarie a migliorare il loro stato di nutrizione e quindi la loro qualità di vita. Il mio metodo non è basato sul calcolo preciso ed ossessivo delle calorie giornaliere, né impone le quantità di alimenti da consumare; per quanto mi riguarda sono concetti utili in ambito accademico, molto meno nella pratica. Molte diete falliscono perché il paziente è tenuto a rispettare una serie di diktat senza essere protagonista del proprio miglioramento. Attraverso l’attenta scelta qualitativa degli alimenti mi impegno a fornire le molecole necessarie al corretto svolgimento delle reazioni metaboliche di ciascun organismo, cercando di rispettare le esigenze individuali. Quando ricevo i miei pazienti, prima di parlare di numeri, centimetri e percentuali, chiedo delle loro sensazioni fisiche ed emotive, per me indicatori fondamentali di un percorso di successo”.
Perché quando siamo già di morale mangiamo dolci? I dolci fanno bene al morale o ci danno solo apparentemente quella sensazione di stare meglio?
“Gli zuccheri agiscono attivando i meccanismi cerebrali della “ricompensa” e causando la produzione di ormoni associati a sensazioni di benessere, come la dopamina e la serotonina; quando, però, questi meccanismi vengono stimolati spesso e per tempi lunghi si crea una situazione di dipendenza con incremento di tolleranza degli zuccheri stessi. Elevati livelli di glucosio nel sangue stimolano il rilascio di grandi quantità di insulina che può determinare un crollo glicemico che, a sua volta si traduce in desiderio di assumere zuccheri; questa altalena glicemica può interferire col funzionamento dei neurotrasmettitori che ci aiutano a stabilizzare il nostro umore, determinando sintomi come irritabilità , repentini cambi d’umore, cervello annebbiato, spossatezza e depressione”.
La cioccolata è un antidepressivo?
“C’è cioccolato e cioccolato. Consumare frequentemente cioccolato ad elevato contenuto zuccherino, porta alle conseguenze che ho spiegato prima, quindi tutt’altro che antidepressivo. Il cioccolato extra fondente, quindi con elevato contenuto di cacao amaro (almeno il 70%), ha, invece, numerose proprietà benefiche, tra le quali un’azione antidepressiva dovuta al contenuto in triptofano che è un amminoacido precursore della sintesi di serotonina, il cosiddetto “ormone del buon umore”. Inoltre la percentuale di zucchero che si assume insieme al cacao, stimola il rilascio di insulina che favorisce il passaggi degli amminoacidi nei muscoli tranne che del triptofano, determinandone una concentrazione ematica elevata che attraversa la barriera ematoencefalica e, passando nel cervello contribuisce alla sintesi di serotonina. Il cacao, inoltre, è una buona fonte di magnesio, un minerale importante nella trasmissione neuromuscolare dell’afflusso nervoso; alcuni studi hanno evidenziato che un deficit di magnesio comporta un calo della dopamina, neurotrasmettitore coinvolto nel meccanismo del piacere. Infine, il cacao contiene sostanze come la tiramina e la feniletilamina (simili alle anfetamine) che, a livello sinaptico, possono aumentare gli effetti di altri neurotrasmettitori come la dopamina”.
L’alcol, invece, è un ansiolitico o un antidepressivo? In che modo incide sull’umore?
“Gli effetti dell’alcol sul cervello sono variabili e determinati da molti fattori: quantità e modalità di assunzione, età, sesso, assetto genetico, condizione di salute generale. Gli effetti maggiormente documentati dalla letteratura riguardano difficoltà motorie, di eloquio, tempi di reazione rallentati e compromissione della memoria per la degenerazione di un’area del cervello chiamata ippocampo”.
Può farci un esempio di piatto antidepressivo?
“Consiglierei di iniziare bene la giornata con un’ottima colazione preparando un pancake con solo 3 ingredienti: un uovo (l’uovo è tra i pochi alimenti a contenere quantità apprezzabili di vitamina D e B6, coadiuvanti della conversione di triptofano in serotonina), una banana (la banana è ricca di dopamina, triptofano e serotonina, a seconda del grado di maturazione, e magnesio, importante nei processi di connessione tra le cellule cerebrali), e una spolverata di cacao amaro”
Barbara Fiorillo