MILANO – Ci attende realmente una crisi del caffè? Mutamento climatico e riduzione delle terre coltivabili potrebbero davvero mettere a rischio, nel giro di pochi decenni, raccolti e biodiversità? A lanciare un nuovo allarme è stato in queste settimane un reportage dell’autorevole sito informativo americano Vox, che descrive difficoltà e problemi con cui devono confrontarsi quotidianamente i coltivatori colombiani.
Ma anche vari report dall’America centrale, nei quali emerge la condizione drammatica dei piccoli produttori, aggravata dalla crisi attuale. Varie fonti hanno ripreso e rilanciato queste notizie – recuperando anche precedenti studi e analisi – e tracciando un quadro preoccupante sulla sostenibilità futura e sulla sopravvivenza stessa della coltura del caffè. In particolare degli arabica.
Allarmi in parte giustificati e concreti, condivisi e denunciati, a giusto titolo, anche dall’industria. I nostri lettori ricorderanno la famosa provocazione proposta due anni fa dal torrefattore finlandese Paulig, con Blend of 2080: il caffè senza caffè, creato da Matt Perger.
L’idea? Immaginare un mondo senza caffè in un futuro lontano, ma non lontanissimo: l’anno 2080 appunto. Come la carne senza carne di Beyond Meat? Decisamente no.
Perché lo scopo era proprio quello opposto: far capire come una miscela di vegetali, succedanea del caffè, sarà sempre e soltanto una scialba imitazione. Un surrogato sbiadito della vera bevanda.
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