MILANO – Un altro appuntamento per la rubrica dedicata alle donne del caffè: questa volta la parola va a Chiara Panichi che, insieme a sua sorella Francesca, rappresentano l’ultima generazione dell’azienda Sister’ Coffee. Una realtà già comparsa su queste pagine, presentata dal padre Stefano Panichi.
Chiara Panichi: che cos’è per lei il caffè?
“Il caffè, in un modo o nell’altro, ha sempre fatto parte della mia vita. Perciò sarei tentata di descriverlo prima di tutto come un ricordo. Spesso però tendiamo ad associare i ricordi ad immagini malinconiche: esperienze e sensazioni che abbiamo vissuto o provato, ma che hanno ormai poco a che fare con il nostro presente.
Descrivere il caffè semplicemente come un ricordo sarebbe quindi quantomeno riduttivo. In realtà il caffè fa parte della mia quotidianità sin da bambina. E si manifesta in tanti piccoli riti, più o meno privati, ai quali sono profondamente legata.
Il caffè inoltre rappresenta il comune denominatore che unisce le persone a me più care. Essendo la nostra un’attività che, di generazione in generazione, portiamo avanti con passione sin dai primi del 900. Quindi, se dovessi riassumere in poche battute cosa sia per me il caffè, direi che questo rappresenta il passato della mia famiglia, il mio presente e senza ombra di dubbio il mio futuro.”
Potrebbe descrivere il suo mestiere?
Continua Chiara Panichi: “Inizialmente ho fatto la gavetta e con po’ di esperienza acquisita negli anni, ho imparato ad acquistare e rivendere il caffè verde. Contemporaneamente ho anche imparato ad intrattenere rapporti con venditori e produttori nei vari paesi d’origine cosa che è diventata il mio ruolo principale nell’ azienda.
Insieme a mia sorella Francesca, ci occupiamo del commerciale seguendo con attenzione tutti i nostri clienti. E, con l’apertura recente del nostro laboratorio/sala corsi, ci dedichiamo alla selezione qualitativa delle partite di caffè che acquistiamo. Essendo comunque la nostra un’azienda a carattere familiare, uno dei principi in cui crediamo è che, per quanto possibile, “tutti debbano saper fare tutto”.”
Quando ha deciso che il caffè, la cultura del caffè avrebbe potuto essere la sua strada professionale
“In fondo credo di aver sempre saputo che il mio futuro, in qualche modo, avrebbe avuto a che fare con il caffè. La mia entrata in azienda è coincisa con un momento molto difficile
per la salute di mio padre. In quel momento conclusi gli studi universitari, ho deciso di rimboccarmi le maniche e mettermi in gioco.
Inizialmente, ammetto che è stato più per senso del dovere. Poi però ho iniziato a scoprire questo magnifico mondo e tutto quello che c’è dietro a quel chicco di caffè. Ho cominciato a viaggiare nei paesi d’origine, a studiare e a formarmi per accrescere le mie conoscenze.”
E’ stata solo una scelta lavorativa oppure di vita?
“Nel mio caso le due scelte sono strettamente connesse!”
C’è stato un episodio particolare in cui ha pensato di non farcela e perché?
“Più che un episodio direi un periodo, la Sister’ Coffee è una realtà nuova. Composta esclusivamente dalla mia famiglia. Ci siamo messi in gioco 4 anni fa contando esclusivamente sulle nostre forze; quindi i momenti più “difficili” sono stati sicuramente i primi mesi della Sister, per fortuna abbiamo potuto contare sull’amicizia e quindi sulla preferenza dei nostri fornitori e dei nostri clienti.”
Che cosa direbbe a quella se stessa del passato, in difficoltà?
“Che non c’è scoglio insuperabile se c’è passione e dedizione in quel che si fa.”
E invece, alle giovani donne che vogliono essere protagoniste nel settore del caffè?
“A tutte le giovani donne dico questo: non ci sono limiti insuperabili. Informiamoci, ascoltiamo, impariamo ed approfondiamo ciò che ci interessa. Questa è la chiave, noi
donne siamo forti, se c’è determinazione possiamo raggiungere qualsiasi obiettivo.”
Descriverebbe la sua giornata tipo?
“Gestire un’azienda a 360 gradi implica grande flessibilità e capacità di adattamento alle situazione che ogni giorno si presentano, non esiste una giornata uguale all’altra.”
Pensa che, all’interno del suo ambito professionale, sia stato più difficile come donna, affermarsi?
“Mi viene in mente un aneddoto che mio padre racconta spesso: “C’era un cliente che non appena entravo nella torrefazione, da dietro il bancone, urlava: “Non mi serve niente Panichi”. Ecco a me non è mai successo. L’esser donna ha portato questo importante vantaggio nel mio lavoro, si è più disponibili e ben disposti verso di noi.
D’ altro canto, mi rendo conto che il nostro mondo è rappresentato prettamente da uomini. Basti pensare alla nostra clientela o ai nostri collaboratori/fornitori. I tempi però stanno cambiando e le differenze di genere si stanno attenuando.”
Come ha visto evolversi il settore del caffè nel suo ambito specifico professionale?
“Dalla mia esperienza noto che oggi è cresciuto moltissimo il concetto di formazione/informazione. Il mondo del caffè è in continua evoluzione e cambiamento e trovo necessario stare al passo con i tempi. Rispetto a qualche anno fa, i concetti di caffè specialty, di metodi brewing o di corsi di formazione ad esempio, non esistevano.
Molti aspetti della filiera non si conoscevano, oggi la comunicazione ci aiuta a non rimanere indietro”.
Come intende la giornata internazionale del caffè?
“Mi sono svegliata e ho preparato in filtro il mio caffè di piantagione preferito, così è iniziata al meglio questa giornata.”
Qual è il tocco femminile che aggiunge qualcosa in più al suo lavoro?
Conclude Chiara Panichi: “Parte del mio lavoro prevede costante contatto con fornitori e clienti. Sotto questo profilo immagino che il modo in cui decido di approcciarmi ad essi dipenda da diversi fattori; carattere in primis. Ma di sicuro l’esser donna fa sì che gestisca queste relazioni con particolare disinvoltura, sensibilità e attenzione. Insomma è risaputo, la nostra intelligenza emotiva è decisamente più sviluppata rispetto a quella dei nostri colleghi maschi.”