MILANO – Ancora una volta il caffè è inserito all’interno di una ricerca scientifica che ha comprovato il suo effetto positivo e preventivo per una patologia grave come il tumore alla prostata. Bene: per limitare il rischio di sviluppare questa malattia, la tazzina gioca un ruolo benefico. Leggiamo come agisce dal sito nutrition-foundation.it.
Prostata sana e salva grazie al caffè
Sono numerosi gli studi che hanno evidenziato l’associazione tra consumo di caffè e riduzione del rischio di tumori al fegato, all’intestino e al seno. Poco conclusivi, invece, sono i dati relativi al rischio di tumore della prostata, che è tra i più frequentemente diagnosticati negli uomini.
Secondo i risultati di questa revisione sistematica con metanalisi dei dati raccolti in 16 studi, per un totale di oltre 1 milione di uomini di nazionalità diversa (americana, europea e giapponese), il rischio di sviluppare questa specifica neoplasia sarebbe minore per gli uomini che consumano regolarmente 2 o più tazze di caffè al giorno, rispetto a coloro che ne assumono meno di 2.
In particolare, nella categoria di assunzione più alta il rischio di sviluppare questo tipo di tumore è risultato inferiore del 9% circa rispetto alla categoria con livelli di consumo più bassi, con una riduzione, nello specifico, del 7% per i tumori localizzati e del 12 e del 16%, rispettivamente, per i tumori avanzati e per quelli fatali. Dall’analisi della relazione dose-risposta è emerso che il rischio di tumore prostatico si riduceva dell’1% per ogni tazza di caffè in più al giorno.
Queste osservazioni possono essere in larga parte spiegate dalle proprietà antinfiammatorie e antiossidanti del caffè
E dagli effetti sul metabolismo glicemico e insulinemico, oltre che sui livelli degli ormoni sessuali: tutti fattori che possono svolgere un ruolo nell’insorgenza, nello sviluppo e nella progressione della neoplasia prostatica. Sebbene le grandi dimensioni del campione garantiscano un’adeguata potenza statistica, è comunque doveroso ricordare che si tratta di un’analisi di studi osservazionali, che per la loro struttura non permettono di trarre conclusioni definitive relativamente alla causalità dell’associazione riscontrata.