MILANO — Da un’indagine di PriceWaterhouseCoopers del 2016, che ha coinvolto quasi 90.000 Millennial, emerge che l’81% dei nati tra il 1980 e il 2000 è disposto a pagare di più per un abito di un’azienda attenta al tema della sostenibilità.
Inoltre, ben il 50% degli intervistati ha dichiarato di non comprare prodotti di aziende insensibili alle problematiche sociali e ambientali.
Un ragionamento che in questo caso è stato fatto per il settore della moda, ma che diventa estendibile a ogni comparto produttivo. Compreso, naturalmente, quello del caffè, che è stato tra i primi in assoluto a recepire le problematiche del consumo responsabile ed equosolidale.
In una parola: i giovani premiano chi fa della sostenibilità un proprio obiettivo
Non solo: gli acquisti di prodotti di brand sostenibili sono il doppio tra i Millennial. E la probabilità che essi lavorino o cerchino lavoro in un’impresa anche in base a considerazioni legate all’impatto sociale o ambientale, è tre volte più alta.
Dati confermati anche dall’indagine della Nielsen “Nielsen global survey of corporate social responsibility and sustainability”. Secondo l’indagine, le fasce d’età maggiormente propense a pagare di più per la sostenibilità sono i Millennial (21-34 anni), con una percentuale del 73%. Segue, a brevissima distanza, la generazione Z (15-20 anni), con il 72%. Buone notizie per il futuro, dunque: per accontentare i consumatori più giovani, in cerca di basso impatto ambientale, informati e attivi in rete, il mercato produttivo degli anni a venire è chiamato a essere sempre più verde.
La sostenibilità attira i più giovani non solo dal punto di vista della spesa, ma anche dell’investimento. Secondo i risultati della ricerca di Morgan Stanley, basata su un campione di 1000 investitori individuali attivi, il 75% si definisce interessato all’investimento sostenibile. La percentuale cresce all’86% per i Millennial.
Guido Ruffinatto