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Ma il nuovo Ceo di Starbucks dovrà lavorare tanto: non va tutto bene

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MILANO – Il sangue nuovo è una cosa buona, giusto? Ebbene, non esattamente. Il titolo di Starbucks Corp. è sceso fino al 10% nel dopo-mercato di scambio giovedì alla notizia che Howard Schultz stesse rinunciando al suo ruolo di CEO della catena di caffè che ha comprato nel 1987 e l’ha trasformata in una società da 86 miliardi di dollari di capitalizzazione.

Questa reazione non è insolita: l’ultima volta che Schultz si è allontanato dalla società, negli anni 2000-2008, le vendite di Starbucks hanno dato la loro peggiore performance da quando l’azienda è diventata pubblica.

Durante questo periodo, la società ha registrato cinque anni consecutivi di calo delle vendite dirette nei negozi.

Il suo titolo è sceso del 50% dal suo picco più alto del 2006. Quando Schultz è tornato, ha dato quell’impulso di energia tanto necessario a Starbucks.

Ha rallentato le aperture di negozi negli Stati Uniti per ristabilire la catena come un marchio premium, ha accelerato l’espansione internazionale, e ha snellito la burocrazia.

La società si è rianimata dopo tanto tempo, con le sue quote che si sono risollevate di quasi il 1200% da allora. Schultz ha portato progressi anche nel settore della tecnologia, inaugurando un sistema di pagamento mobile e di ordinazione digitale di successo che ha accelerato gli ordini e generato fedeltà tra i clienti.

Il che ci porta a chiederci perchè Schultz abbia scelto di farsi da parte: in una chiamata con gli analisti di Wall Street giovedì, Schultz ha detto che il suo successore, l’ex dirigente di Microsoft Kevin Johnson (a sinistra nella FOTO sopra con Howard Schulz), era molto meglio equipaggiato di lui per far continuare incursione di Starbucks nel mondo digitale.

(Anche se Schultz ha sottolineato che sarebbe rimasto come presidente del consiglio e si sarebbe concentrato per far crescere Starbucks nella fascia più alta, ovvero la linea premium di negozi.)

E’ probabile che otterremo più notizie sui nuovi piani strategici della società nella sua riunione annuale degli investitori alla fine del mese, ma nel frattempo ecco un breve elenco delle questioni che Johnson deve affrontare fin da subito:

Il cibo: la battaglia di Starbucks per il cibo va avanti ormai da decenni. L’azienda è formidabile nelle vendite di caffè, ma nelle vendite di prodotti alimentari non molto. E questo accade nonostante una varietà di offerte che la società ha fatto nel corso degli anni per cercare di convincere la gente a comprare più cibo presso nei propri negozi. La catena di caffè ha recentemente acquistato una partecipazione in Princi, una panetteria di lusso e pizzeria italiana. Ma gli investitori e i clienti hanno bisogno di vedere prove più convincenti che dimostrino che Starbucks abbia trovato un modo per risolvere il suo enigma sul cibo.

Programma fedeltà: Le recenti modifiche al programma fedeltà di Starbucks sembrano dare buoni risultati, in teoria. La società dovrebbe essere in grado di registrare più vendite incoraggiando i clienti a spendere di più. Ma la reazione iniziale non è stata cosí grande. C’è ancora molto lavoro da fare qui per assicurarsi che i clienti fedeli non si stufino del nuovo sistema e abbandonino Starbucks per i suoi concorrenti.

La recessione dei ristoranti: Da un punto di vista più ampio, Starbucks sta lottando anche contro alcuni problemi reali nei settori della vendita al dettaglio e della ristorazione.

La vendita al dettaglio e il traffico commerciale sono in un declino secolare. E le persone stanno spendendo meno nei ristoranti, dal momento che possono trovare più conveniente acquistare i prodotti al supermercato.

Starbucks dovrebbe tornare al suo programma del 2008 e capire come offrire prodotti di alta qualità che i suoi concorrenti non hanno, al fine di mantenere la fedeltà dei clienti e convincerli a pagare prezzi sempre più elevati.

Quando giovedì gli è stato chiesto perché la storia non si sarebbe ripetuta una seconda volta, Schultz ha detto che aveva più fiducia nel team di gestione attuale questa volta.

Personalmente, ha detto che adesso era più disposto a dimettersi rispetto a quando ha preso tale decisione la prima volta anni fa.

Il momento è delicato

Forse è così, ma Schultz ancora una volta sta lasciando l’azienda in un momento delicato, e non è ancora chiaro se Kevin Johnson sia davvero pronto a prenderne le redini.

 

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