ROMA – La panoramica di Fipe sul domani. Luciano Sbraga, Centro Studi Fipe rifletta su cosa sia necessario per la ristorazione tradizionale per rispondere alle difficoltà nella riapertura. Bisogna anche pensare a come le cose oggi stiano già mutando. I bar saranno quelli più in difficoltà. Dei luoghi legati a un modello di consumo in piedi, al banco. E’ essenziale dunque saper gestire il distanziamento interpersonale, anche se sarà sicuramente una cosa non facile.
Centro Studi Fipe: la risposta al virus
Il presidente di Fipe Bari-Bat lancia il grido d’allarme «1 ristorante su 5 chiuderà» e Luciano Sbraga, direttore del Centro Studi della Federazione chiarisce: «Bisognerà adattarsi. La consegna a domicilio nata con le pizzerie ora si va aprendo anche alla cucina italiana. Le persone oggi stanno ordinando quei piatti che prima non ordinavano. Questa tendenza si protrarrà anche a domani, quando le persone non andranno al ristorante con la stessa facilità di ieri, quindi il delivery potrà avere uno spazio in più».
Una panoramica sui bar
Sbraga infine pensa ai bar: «Saranno quelli più in difficoltà». Sotto un certo punto di vista, spiega, il bar troverà la sua crisi nella gestione degli spazi e nelle modalità di consumo: «Il bar è legato a un modello di consumo in piedi, al banco… Gestire il distanziamento interpersonale sarà sicuramente una cosa non facile».
D’altra parte «il bar ha anche il vantaggio di essere legato alla funzionalità. Penso al pranzo di mezzogiorno, al caffè al volo. Davanti a un consumo del genere, più funzionale, il cliente potrebbe adattarsi a situazioni non entusiasmanti dal punto di vista del comfort».
Dal direttore del Centro Studi Fipe, un po’ di dati su chi non riaprirà
Sbagra: «Previsioni è difficile farne. Bisogna basarsi per ora sui dati che abbiamo. Se noi riapriremo, come si sente dire, per la fine di maggio, significa che da qui a fine anno saranno persi almeno 28-29 miliardi di euro, una cifra devastante. Stiamo parlando di una caduta del volume di attività nell’ordine del 30% e più». Con questa prospettiva, le imprese a rischio secondo Sbraga sono circa 50mila. «Ora, non è detto che chiuderanno, sono a rischio però».
L’intervista completa su Italia a Tavola.